da Rassegna sindacale Vorrei stringermi forte a voi. Perché per me la Cgil cè stata sempre, anche quando intorno a me erano rimasti in pochi. Paolo Borrometi è stato invitato dal sindacato a presentare il suo libro Un morto ogni tanto a Bari, sul palco del Congresso nazionale del sindacato di Corso dItalia. A Borrometti, giornalista siciliano da anni nel mirino della mafia per le sue inchieste contro la criminalità organizzata, proprio ieri è arrivata lultima minaccia di morte. Sul palco, insieme a lui, la segretaria generale uscente della Cgil Susanna Camusso e lex presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi. Due donne ha detto Borrometi - che per me hanno rappresentato molto. Hanno rappresentato la vicinanza dello Stato, in un momento in cui lo Stato era un po assente. E proprio le donne sono alcune delle protagoniste di questo suo ultimo libro: Le donne straniere, invisibili, vittime della schiavitù della mafia. Le ho incontrate e ho parlato con loro. Perché non può passare lidea che se non sei italiano, bianco e cattolico, sei diverso e ti si può fare qualsiasi cosa. E una vergogna ha continuato è inaccettabile. E voglio dirlo con forza da qui, da questo congresso, perché la Cgil è uno dei presidi democratici di questo Paese. Mentre invece la politica spesso si dimentica delle mafie e le tratta come una emergenza da affrontare ogni tanto. Borrometi ha poi concluso: Per combattere la criminalità organizzata, invece, bisogna partire dal lavoro. Perché non cè tema più cruciale del lavoro. Perché il lavoro delle mafie non è libero, è schiavitù. Con il lavoro libero e dignitoso, invece, la mafia si può sconfiggere.