Green pass anche nei luoghi di lavoro, lo chiede Confindustria. Risponde Maurizio Landini intervistato da La Stampa “Speriamo sia stato un colpo di caldo non tocca a loro decidere chi lavora”. Mentre la variante Delta avanza, avanza anche la mobilitazione dei lavoratori contro i licenziamenti. La campagna vaccinale deve velocizzare per garantire ripresa e riapertura delle scuole. E poi la giustizia e Dl Zan che scuotono la politica.

 

20 anni fa a Genova il movimento stroncato dalla repressione e dalla violenza, pose all’attenzione di chi seppe ascoltare i temi che oggi sono all’ardine del giorno: riduzione delle diseguaglianze, giustizia sociale e ambientale, transizione ecologica per un mondo sostenibile. Lo speciale di Collettiva.it è dedicato all’anniversario di quel G8 pensando all’oggi e al futuro.

Ti racconto il mio G8 di Ivana Marrone

L’occhio indiscreto delle mille videocamere di Marco Bertozzi

Genova 2001, una lezione ancora attuale è il commento di Maurizio Landini, segretario generale della Cgil

Vent’anni in tre giorni è il titolo del longform curato da Carlo Ruggero

 

Prime pagine

Quasi tuti i quotidiani in edicola dedicano la titolazione di prima pagina al green pass, fuori dal coro quella del Il Sole 24 Ore: “Dl semplificazioni, tutte le novità per superbonus, grandi opere e Pnrr”.
Il Corriere della Sera è netto: “Green pass, scatta l’obbligo” e nel sommario: “Sì delle Regioni. Spinta di Confindustria per introdurlo nei luoghi di lavoro”.
Anche per La Repubblica la scelta è chiara: “Green Pass per lavorare”, e arriva la sintesi di quanto è accaduto nella giornata di ieri con il sommario: “Confindustria pronta a chiedere il possesso del certificato di immunità per accedere a uffici e fabbriche. Per chi non vuole ottenerlo, cambio di mansioni o sospensione dello stipendio. La Fim no a colpi di imperio”.
Stessa scelta per La Stampa: “Confindustria-Cgil, scontro sul green pass” e poi: “La proposta, niente stipendio senza certificato verde. Parla Landini: Hanno preso una botta di caldo”.
Ancora la giustizia per l’apertura de Il Fatto Quotidiano: “Salvaladri: Cartabia sbugiardata da tutti”.
Il Manifesto sceglie il Dl Zan per l’apertura: “La guerra degli emendamenti”, mentre in contro apertura la scelta cade sul lavoro: “Licenziamenti, lo sciopero va avanti”.

Le interviste

Speriamo sia stato un colpo di caldo non tocca a loro decidere chi lavora”, lo afferma Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, intervistato da Paolo Griseri a pag.3 de La Stampa. Dice i leader di Corso di Italia: “In questo anno di pandemia i lavoratori sono andati sempre in fabbrica in sicurezza. Rispettando i protocolli e le norme di distanziamento. Non sono le aziende che devono stabilire chi entra e chi esce”. Rispondendo, poi a una domanda sull’accordo contro i licenziamenti, Landini afferma: “Premettiamo che l’accordo è stato realizzato dopo che i partiti della maggioranza di governo, tutti i partiti della maggioranza, avevo detto sì allo sblocco lasciando solo qualche eccezione di settore. Siamo riusciti ad impegnare governo e associazioni imprenditoriali a ricorrere prima agli ammortizzatori sociali”. Perché non ha funzionato, chiede Griseri, e il segretario della Cgil afferma: “Ora stiamo chiedendo di far applicare quell’accordo ad alcune multinazionali che ragionano con una logica da Far West. Sono in corso scioperi e mobilitazioni territoriali. Molte altre imprese lo stanno applicando….Serve una politica industriale che promuova investimenti in Italia e faccia tornare qui il lavoro precedentemente delocalizzato”.
Griseri chiede a Landini quali le proposte per mettere al centro il lavoro, il segretario risponde: “Il primo passaggio va compiuto subito, prima della fine di luglio,. Il Governo ci convochi presto al tavolo con le imprese per far applicare l’accordo contro i licenziamenti. Ma questo deve essere solo il primo passo. Il vero punto è come governare la riconversione produttiva che cambierà il Paese nei prossimi 5-10 anni. Ci sarà una riconversione in senso ambientale. Sarà profonda e avrà bisogno di un confronto preventivo tra aziende e sindacati sulle strategie in un quadro di nuove politiche industriali pubbliche”. Cogestione, domanda il giornalista: “Preferisco chiamarla codeterminazione. Aziende e sindacati si impegnano a consultarsi prima sulle scelte strategiche e a difendere insieme il lavoro e l’occupazione. Una scelta di riconoscimento reciproca. Questo potrebbe aiutare a prevenirlo (il conflitto n.d.r.). in un momento tanto delicato per il Paese che esce da un periodo difficile, con una fase di ristrutturazione complessa davanti a noi, la codeterminazione potrebbe essere una strada utile. Un modo per investire sulla partecipazione e sul lavoro di qualità”.

Molte le conversazioni sul tema del Green pass. Il Corriere della Sera ospita il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonacini che afferma: “A limitare la libertà è il virus non il vaccino. Col lasciapassare saremo più liberi”. Sempre il quotidiano milanese intervista la commissaria Ue alla Salute Stella Kyriakides che constatando il balzo in avanti dei contagi a causa della variante Delta che sarà dominante ad agosto afferma: “Il certificato Covid europeo è uno strumento importante che assicura ai cittadini di riprendere il libero movimento in sicurezza nella Ue”.
Su Avvenire parla il commissario Figliulo che afferma: “L’antidoto più efficace contro le varianti resta il vaccino completo. Il piano si è dimostrato valido per la sua flessibilità. I ritardi? La fascia 50-59 è già coperta al 74% almeno con una dose, dato molto buono. Ora bisogna continuare per intercettare ancora di più i non vaccinati. Completare il ciclo per tutti rende sicuramente più gestibili le mutazioni. Nel personale scolastico ancora troppe disomogeneità. Ho chiesto alle regioni di attivarsi per corsie preferenziali”.

E poi la giustizia. A Pag. 3 di Domani parla Nicola Gratteri che afferma: “Questa riforma è un favore alle mafie”. Mentre la capo gruppo del Pd alla Camera Debora Serracchiani propone, su La Repubblica: “Tre anni per l’appello almeno fino al 2024. Il rischio che i processi finiscano al macero esiste. Perciò serve gradualità, ma sono certa che il Governo non si arroccherà”.

Editoriali e commenti

Scrive Francesco Manacorda a pag. 25 de La Repubblica: “Nell'estate delle polemiche sfinenti sulla necessità di un Green Pass per entrare al ristorante o scatenarsi in discoteca, piomba un richiamo alla realtà che suona come una sveglia per molti. Una lettera del direttore generale di Confindustria Francesca Mariotti ai suoi referenti nelle sedi locali dell'associazione traccia la posizione degli industriali e le richieste che questi intendono fare al governo.
In sintesi si chiede la possibilità di adibire i lavoratori che non possano dimostrare di essere vaccinati attraverso l'esibizione del Green Pass, a mansioni diverse da quelle che gli sono solitamente assegnate se in questo modo si evitano contatti pericolosi con i loro colleghi; in alternativa si arriva a ipotizzare che il lavoratore non vaccinato per il quale non ci sia un'occupazione "sicura" in azienda o a casa possa essere sospeso e contemporaneamente venga sospesa anche la sua retribuzione.
La lettera, che era un documento interno agli organi di Confindustria e che è stata rivelata dal quotidiano Il Tempo, rischia di detonare in modo preoccupante in un momento in cui - dopo lo stop al blocco dei licenziamenti - ogni giorno porta l'annuncio di una nuova chiusura di uno stabilimento, la riforma degli ammortizzatori sociali ancora non si vede e la paura per la diffusione della variante Delta fa sentire il suo peso sulle prospettive dell'economia globale, che oggi rischiano di apparire già un po' meno rosee di qualche settimana fa.
Ma sarebbe sbagliato limitarsi a vedere la richiesta degli industriali in questa prospettiva limitata. Chi ha dovuto fare i conti con il virus e quei lavori che non si possono certo fare da casa, chi ha aperto le sue fabbriche per farle diventare centri vaccinali, chi si è preoccupato di immunizzare i propri dipendenti e in alcuni casi anche i loro familiari, adesso vede sfuggire il traguardo che pensava a portata di mano a causa delle scelte di alcuni e dell'impossibilità di chiarire chi ha fatto quelle scelte. Di fronte a un diritto alla privacy sanitaria, finora intoccabile, si contrappone in questo momento una sorta di "diritto alla ripresa" invocato dalle aziende.
Non è il primo contrasto di questo genere che avviene nell'epoca del Covid e non sarà di sicuro l'ultimo. Alcune libertà fondamentali, prima fra tutte quella di movimento, sono già state abbondantemente compresse nella fase di maggior diffusione della pandemia e continuano anche oggi a subire delle limitazioni, seppure più lievi. Il territorio in cui diritti in apparenza inconciliabili dovranno convivere si allarga e affianca ai classici diritti individuali - per l'appunto la privacy - diritti collettivi come quello alla salute pubblica e anche alla ripresa dell'economia sui quali lo Stato dovrà decidere. ….Certo è che di fronte alle polemiche di questi giorni sulla libertà di andare in discoteca o al ristorante - attività per i fruitori non esattamente essenziali, anche se essenziali sono i settori economici della ristorazione e del tempo libero - la lettera "fuggita" di Confindustria ci riporta al centro della questione senza troppi fronzoli: se si mette a rischio la riapertura delle fabbriche e la ripartenza economica del Paese quali diritti si potranno opporre alla richiesta che i lavoratori dimostrino di essere in regola con le vaccinazioni?
L'uscita involontaria degli industriali fa chiarezza anche in politica. Chi si lamenta delle costrizioni del Green Pass, chi sbuffa contro uno Stato che inseguirebbe i giovani per costringerli alla vaccinazione, chi tra la Lega di Matteo Salvini e i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni gioca il gioco facile del perseguitato perché "non conforme" alla maggioranza, ha adesso un alibi in meno. Gli sarà più difficile presentarsi come difensore degli interessi del Paese e di una parte della sua classe produttiva, sarà più naturale confinarlo nel recinto dei populisti in cerca di consensi a qualsiasi prezzo.

E poi c’è la scuola, a scriverne è Gianna Fragonara a pag. 3 del Corriere della Sera: “La soluzione, se si troverà, sarà nei dettagli. Perché un conto è essere tutti d’accordo sulla necessità di accelerare e favorire la vaccinazione degli insegnati, del personale scolastico e degli adolescenti…. Altro però è individuare la via per imporre a tutti quell’atto di responsabilità collettiva per il rientro in presenza di cui parla il ministro Bianchi……..La sensazione è che il dibattito di questi giorni invece di semplificare il percorso e le regole per tornare in classe rischi di alzare troppo l’asticella delle misure di sicurezza: non solo si richiede che tutti gli adulti siano immunizzati, ma già si discute di estendere il green pass anche agli studenti sopra i 12 anni. Così la strada per riaprire le scuole è di nuovo in salita. Ma questa volta non si può mancare il traguardo”.

Da leggere un lungo scritto pubblicato a pag. 3 di Avvenire, lo firma l’arcivescovo di Napoli Mimmo Battaglia: “Il Sud, la povertà, le persone. La politica non rinunci ai sogni”.

Economia, lavoro e sindacato

L’analisi del Pnrr torna questa mattina su Collettiva.it con una intervista a Giuseppe Massafra, segretario nazionale della Cgil. Giovani e Sud, dalle parole ai fatti

Ieri è proseguita la mobilitazione dei metalmeccanici con lo sciopero a Acciaieria Italia. Da Taranto a Genova, sciopero e manifestazioni è il racconto di Collettiva.it della giornata di braccia incrociate alla ex Ilva. La cronaca della anche sui quotidiani meridionali.

Molte sono le vertenze che trovano posto nelle pagine dei quotidiani, dalla Whirpool a Stellantis, per arrivare ad Alitalia. Un tratto comune: a pagare il costo della crisi continuano ad essere i lavoratori. Nella sordità delle multinazionali e non solo.

Sulla Mobilitazione degli operai della multinazionale del bianco scrive Mario Pierro  a pag. 4 de Il Manifesto: “Dopo centinaia di licenziamenti voluti dalle multinazionali Gkn (Campi Bisenzio, Firenze), Whirlpool (Napoli), Timken (Villa Carcina, Brescia), Gianetti Ruote (Ceriano Laghetto, Monza), Rotork Gears (Cusago, Milano) nelle prime tre settimane di luglio Cgil, Cisl e Uil si sono resi conto che l’avviso comune per bloccare i licenziamenti e l’uso degli ammortizzatori sociale sottoscritto con il governo e i sindacati è stato disatteso e hanno promosso un’ondata di scioperi di due ore al giorno nelle fabbriche che durerà fino a fine mese.
Le rappresentanze  sindacali unitarie (Rsu) li stanno organizzando da lunedì 19 luglio e ieri si sono visti i primi effetti già in Lombardia, a cominciare da Ceriano Laghetto in Brianza dove c’è stata un’alta adesione allo sciopero e alla manifestazione indetta per difendere i 152 operai licenziati dalla Gianetti Ruote il 5 luglio scorso. Per questa vertenza il 22 luglio è stato convocato un tavolo tecnico a Roma presso il Ministero dello Sviluppo. «Deve individuare urgentemente una soluzione industriale per la ripresa delle attività e il ritorno al lavoro di tutte le lavoratrici e i lavoratori» hanno sostenuto Simone Marinelli (coordinatore nazionale automotive Fiom Cgil) e Pietro Occhiuto (segretario generale Fiom Cgil Monza e Brianza). All’orizzonte sarebbe spuntato un compratore. Secondo i sindacati l’interesse di questa azienda, sembra padovana che lavorerebbe in un settore affine a quello della Gianetti Ruote, sarebbe concreto. Al ministro dello sviluppo economico, il leghista Giancarlo Giorgetti, spetta ora sondare le reali intenzioni e arrivare a una mediazione. Per Fim, Fiom e Uilm, «occorre mobilitarsi e chiedere al governo di intervenire presso la Confindustria per bloccare i licenziamenti, rispettare l’avviso comune sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali». Molto criticata dai sindacati è anche la scelta del governo di non presentare e adottare di conseguenza la riforma degli ammortizzatori sociali più volte annunciata dal ministro del lavoro Andrea Orlando che, forse, «arriverà entro l’estate». Dunque, in un periodo non determinabile tra oggi e il 21 settembre. In più i sindacati chiedono che gli investimenti del Piano di ripresa e «resilienza» siano vincolati «a una occupazione stabile e a un lavoro in salute e sicurezza». Bisogna «impedire alle multinazionali e ai fondi di investimento di speculare e distruggere l’industria e il lavoro»”.

Scrive Marco Patucchi su La Repubblica: “La bandiera bianca è stata sventolata giusto un anno fa. Oggi il governo prefigura provvedimenti contro le multinazionali che abbandonano l’Italia licenziando centinaia di lavoratori, dalla Whirlpool alla Gkn, dalla Gianetti alla Timken, ma agli atti per ora c’è solo la sconfitta dello Stato in una “guerra” , dichiarata nel 2015 e poi rilanciata in pompa magna nel 2018, persa senza sparare nemmeno un colpo. Il bollettino della disfatta è nel resoconto stenografico dell’intervento parlamentare, eravamo appunto a fine giugno 2020, dell’allora ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli. «La risposta è zero», diceva candidamente Patuanelli a chi chiedeva quali fossero i risultati della norma introdotta dalla Legge di Stabilità 2014 (e dalla relativa direttiva d’attuazione del 2015) per frenare le delocalizzazioni delle multinazionali. Provvedimento rafforzato nel 2018 dal Decreto Dignità ideato dal predecessore di Patuanelli, Luigi Di Maio, per rassicurare i lavoratori della Bekaert di Figline Valdarno, appena abbandonati dalla multinazionale belga dei fili di ferro. Peccato che quel provvedimento non essendo retroattivo poteva ben poco, anzi nulla, nei confronti della Bekaert che la fabbrica l’aveva già chiusa.  «Il motivo - diceva un anno fa Patuanelli, ma è come se il governo parlasse oggi - per il quale non si riesce ad attuare un dispositivo sacrosanto come quello di recuperare i fondi pubblici eventualmente dati per le produzioni in Italia che vengano delocalizzate (le sanzioni previste sia dalla Legge di Stabilità 2014 che dal Decreto Dignità, ndr), è che qualsiasi dispositivo normativo deve restare all’interno dei limiti posti dall’articolo 41 della Costituzione, che garantisce la libertà di impresa, e deve restare anche all’interno delle norme previste per il mercato europeo, quindi tali dispositivi devono riferirsi alle delocalizzazioni extra Ue». Costituzione e Europa come alibi. Ma non solo: «Ovviamente, fissati alcuni paletti entro i quali possiamo muoverci, come si muove il legislatore così si muovono le imprese, andando a fare quelle opere di delocalizzazione reale e materiale che in realtà rispettano i paletti oltre i quali non si può recuperare il beneficio erogato». Insomma, qualcosa che somiglia all’infinito inseguimento dell’antidopig al doping. Patuanelli in quell’occasione spiegò l’opportunità, più che di punire chi delocalizza, di premiare chi riporta le attività produttive in Italia. Insomma la filosofia del back reshoring tante volte evocata in Italia, da vari governi, ma mai attuata concretamente: individuare le ragioni del dumping (da quello fiscale a quello salariale) che determinano le multinazionali a non produrre nel nostro Paese. E riportarle qui. Vedremo, intanto in tanti Paesi europei le aziende che chiudono le fabbriche sono obbligate dalle leggi a presentare piani sociali e di reindustrializzazione per il “dopo”, mentre il presidente francese Macron ha stanziato 20 miliardi di incentivi fiscali per far tornare le imprese che hanno delocalizzato.

Ancora la strage sul lavoro. È successo ieri nel centro storico di Napoli, un lavoratore edile è precipitato nel vuoto nell’androne di un palazzo in ristrutturazione. Ne danno conto solo le cronache locali e Collettiva.it Napoli, muore operaio per una caduta dall’alto

E poi la pandemia, con l’aumento di contagi, l diffusione della variante Delta e la polemica sul green pass. Scrive Rosaria Amato su La Repubblica: “Confindustria rilancia: Al lavoro col certificato, chi non ce l’ha sarà sospeso”. Mentre Fiorenza Sarzanini e Monica Guerzoni annunciano sul Corriere della Sera: “Da lunedì obbligo di green pass, Confindustria: anche al lavoro”.

Da segnalare un articolo di Luca Cifoni pubblicato da Il Messaggero sugli arretrati dell’Inps nell’esaminare le richieste di invalidità civile: “Invalidità, domande boom, piano dell’Inps per l’emergenza. Al via un hub centralizzato nella capitale: ora accertamenti rapidi solo documentali, obiettivo azzerare le pendenze entro l’anno”.

La riforma fiscale, dovrebbe esser licenziata dal governo entro fine mese, trova spazio solo su Il Sole 24 Ore. Ne scrivono Giovanni Parente e Gianni Trovati: “Disponibilità a discutere nel merito tutte le proposte arrivate dal Parlamento, ma nell’ambito della compatibilità finanziarie che non lasciano troppo spazio alle illusioni. È questa la sintesi della posizione del Governo sulla riforma fiscale, illustrata ieri ai sottosegretari dal ministro dell’Economia Daniele Franco alla vigilia dell’audizione parlamentare in calendario domani alle commissioni Finanze. I tecnici di via XX settembre stanno lavorando al testo della delega, atteso la prossima settimana in Consiglio dei Ministri. Un testo che sarà inevitabilmente incentrato su principi generali, ma che punterà più sulla semplificazione dell’ordinamento che sulla riduzione secca della pressione fiscale”.

L’Agenda degli appuntamenti

Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’Agenda di Collettiva.