La notizia della condanna della condanna dei vertici dell'ex Ilva si prende quasi tutte le prime pagine dei quotidiani di oggi. Il Corriere della sera apre con “Ex Ilva, la maxi condanna”; la Repubblica sceglie: “Ilva, disastro ambientale”; Il Fatto quotidiano opta per: “Ilva, stangati i Riva e 4 governi complici; il Manifesto: “Tamburi d'aria”. Il Sole24Ore apre invece con le parole del governatore della Banca d'Italia:”Visco: Crescita del Pil oltre il 4%, Pnrr sfida formidabile per l'Italia”, così come il Messaggero: “Debito comune per la ripresa”. La Stampa riporta infine in prima pagina un'intervista al segretario generale della Cgil: “Landini avverte Draghi: 'Ascolti o è rottura sociale'.”

Interviste
Sulla Stampa, a pagina 4, Niccolò Carratelli raccoglie le opinioni di Maurizio Landini, che dice: “C'è un principio importante che è stato affermato in questo anno di pandemia: un'azienda che non è in grado di garantire le condizioni di sicurezza non deve lavorare, si deve fermare. Noi, unici in Europa, abbiamo firmato un protocollo anti-Covid nei luoghi di lavoro, che poi è stato recepito dal governo ed è diventato legge. Ma continuano a esserci troppi morti sul lavoro, oggi (ieri, ndr) altri due... Non è accettabile. A maggior ragione che ora ci sono meno ore di lavoro e più lavoro a distanza, eppure si continua a morire come avveniva 20 o 30 anni fa. Da che dipende? Si spende meno per la sicurezza? Penso sia un problema anche culturale, bisogna ristabilire la centralità della sicurezza. Il tema fondamentale è la prevenzione, con una formazione per i lavoratori e per gli imprenditori. Poi servono nuove assunzioni all'Ispettorato del lavoro: su 4 milioni di imprese ne vengono controllate 15-20mila all'anno. Poi, come ti ritiro la patente se non rispetti le regole e fai cose che non vanno, stessa cosa va fatta con gli appalti. Il governatore di Bankitalia Visco ha elogiato i governi che hanno sostenuto imprese, lavoratori e famiglie, ma ha spiegato che non si può continuare con un'economia assistita. Condivide? Nessuno pensa di restare a regime con un'economia assistita, ma non possiamo tornare semplicemente a come stavamo prima della pandemia. Bisogna usare i quasi 300 miliardi che arriveranno per produrre cambiamenti, fare le riforme, ma anche scelte di politica industriale. Visco si è posto il problema del ruolo dello Stato: io penso che in questa fase il mercato da solo non sia in grado di affrontare i problemi e creare lavoro”.

A pagina 35 della Repubblica appare poi un'intervista a Joseph Stiglitz di Eugenio Occorsio. “L'America ha riscoperto l'intervento pubblico anche dal punto di vista dei sussidi d'emergenza. È stato risolutivo per la ripresa economica? - si legge - Sicuramente. Altrimenti non ci saremmo rialzati da una crisi così profonda e repentina. Non era mai successo nella storia che la produzione industriale perdesse il 13 per cento in un solo mese, come è accaduto nell'aprile 2020. Ma non era neanche mai successo che il governo federale iniettasse tanta liquidità per sussidi e contributi alla rinascita. Ma è vero che tanta gente rifiuta un lavoro perché guadagna di più con i sussidi? Un lavoro è sempre un lavoro, i sussidi non dureranno a lungo. La Federal Reserve dice che il tasso di risparmio degli americani non è mai stato cosi alto. Certo, ma è dovuto a una serie di fattori, non solo ai presunti aumenti di reddito. Veniamo da molti mesi in cui non si è andati al ristorante, al cinema, allo stadio. Tutti soldi risparmiati. Una famiglia che aveva messo da parte i fondi per un viaggio non ha potuto spenderli e sono rimasti in banca. Attenzione: tutto ciò lascia ben sperare perla ripresa perché questi soldi saranno riversati in consumi, la componente più importante dell'economia. Non a raso, i centri studi prevedono una crescita fra il 6 e l'8 per cento nel 2020. È un vero rilancio: evitiamo che vada a beneficio di pochi”.

A pagina 18 del Corriere della Sera Marta Serafini intervista infine Marise Zaki, la sorella di Patrick Zaki: “Patrick soffre di ansia e depressione, a seconda della situazione. E sempre stato una persona molto energica e attiva. Non è abituato a stare seduto senza fare nulla per giorni – si legge -. Si è rammaricato spesso dl aver dovuto interrompere gli studi di genere e di letteratura del Master Gemma dell'Università di Bologna. Riuscite a fargli arrivare qualche libro? Sì, gli manca tantissimo Bologna, incontrare i suoi amici e stare con noi, la sua famiglia, senza restrizioni. Gli mandiamo tanti libri, ultimamente gliene ho fatti avere anche in italiano in modo che non dimentichi la vostra lingua, quella in cui ha studiato e in cui spera di tornare presto ad esercitarsi dal vivo. Come sta vostro padre, va meglio dopo la visita a Patrick di fine aprile? Mio padre è stato in ospedale il mese scorso. E molto angosciato per Patrick e questo ovviamente aggrava le sue condizioni di salute. Come famiglia abbiamo alti e bassi ovviamente. Siamo delusi e scoraggiati perché Patrick sta affrontando questa prigionia così lunga senza alcun motivo. I compagni e i docenti dell'Università di Bologna sostengono molto Patrick. Inoltre, parte della società civile e delle istituzioni italiane si sono mobilitate per fargli riconoscere la cittadinanza italiana, tra loro anche la senatrice Liliana Segre. Pensate sia sufficiente? Voglio solo ringraziare queste persone per tutto quello che hanno fatto e che stanno ancora facendo per noi, apprezzo molto il loro aiuto e quello di chiunque in questo momento riesca a stare vicino a mio fratello. E fondamentale per lui non sentirsi abbandonato”.

Editoriali e commenti
Il fondo del Sole 24 Ore è sul Recovery ed è affidato al direttore Fabio Tamburini: “La posta in gioco è troppo alta per lasciare lavori in corso e opere incompiute – si legge -. Spendere bene i fondi che possono davvero cambiare la faccia del Paese, farlo rapidamente, assicurare la governance che permetta di rendicontare adeguatamente in Europa lo stato di avanzamento lavori per ottenere gli altri finanziamenti messi a disposizione. Per questo è indispensabile archiviare poteri di veto, consociativismi, burocrazie a livello centrale e locale. Il terreno è ricco d'insidie. In particolare perché il governo attuale è una sorta di miracolo e si regge su uno schieramento ampio di forze politiche che hanno ispirazioni opposte, dalla Lega di Matteo Salvini al Pd di Enrico Letta. È inevitabile che ognuno senta la necessità di rimarcare la propria identità. Salvini deve contrastare l'ascesa nei sondaggi di Fratelli d'Italia, che gioca la facile partita della opposizione. Letta deve difendersi dall'accusa di abbandonare le battaglie, anche ideali, del centro sinistra. Per Draghi, e direi per l'Italia, l'occasione per mantenere saldo il timone delle riforme e della concretezza è unica perché i partiti di entrambi gli schieramenti sanno bene che il debito pubblico italiano, aggravato dalla pandemia, ha raggiunto livelli insostenibili”.

Sullo stesso tema il fondo del Corriere della sera di Daniele Manca: “Oggi Maurizio Landini, leader della Cgil, ascolta attento – si legge -. Medita le parole che lo porteranno a dire: anche Visco è dalla nostra parte. Certo non su tutto. Ma è qui il portato di una tragedia che ci eravamo illusi di aver superato a maggio dello scorso anno in quelle stesse sale. Questa crisi ci ha sbattuto in faccia la necessità di trovare oggi soluzioni, ciò che unisce invece di ciò che ci divide. Ci ha convinti che la mediazione tra posizioni non è un compromesso o, con quell'altra orrida parola, un «inciucio», ma appunto una mediazione per trovare vie d'uscita abbandonando il continuo crogiolarsi nei problemi, in una continua ricerca di alibi per non agire. Non sappiamo se si tratti di una convinzione duratura. O se torneremo a preferire di dividerci aggirando, con la scusa di avere ricette troppo diverse, la necessità di affrontare i tanti gap accumulati dal Paese. Il governatore della Banca d'Italia, ne ripete alcuni, come il divario territoriale, quello dei pochi giovani e donne nel mondo del lavoro, le carenze di formazione”.

Dalle parole di Visco parte anche l'editoriale di Domani, a firma di Giorgio Meletti: “ Ebbene – si legge - c'è un lume che nessuno ha spento solo perché nessuno lo ha mai acceso. Ed è quello che ci impedisce di vedere un problema drammatico della crisi economica, quello dei cosiddetti 'dediti deteriorati'. Se molte aziende non pagano le rate del finanziamento alle banche, queste soffrono e perdono la capacità di sostenere le imprese. Alla fine del 2015 i crediti deteriorati in pancia alle banche (accumulati negli anni della grande crisi iniziata ne! 2008) avevano raggiunto i 350 miliardi circa Da allora ne sono stati ceduti 190 miliardi ma tutti si aspettano che le difficoltà legate al covid generino quest'anno 40 miliardi di nuovi crediti difficili la moratoria sui rimborsi alle banche, decisa dal governo Conte e prorogata dal governo Draghi fino al 31 dicembre, dà respiro alle imprese ma, nota il governatore, consente di non vedere quanti di quei crediti sospesi sono già potenziali buchi nei conti delle banche. Visco dice che deve contemperare 'd'esigenza di assicurare che le banche continuino a fornire il necessario sostegno all'economia con quella di presidiare adeguatamente i rischi'. Dove nessuno ha mai acceso la luce è sul mondo dei crediti deteriorati usciti dai bilanci degli istituti di credito”.

Sulla Repubblica, a pagina 33 scrive infine Tito Boeri: “La pandemia è stata come una guerra e non solo per la conta dei morti. Il fatto è che la mortalità da Covid e la crisi si sono accanite sui ceti meno abbienti, mentre i bassi tassi di interesse e l'aumento del valore delle azioni hanno fatto aumentare molti patrimoni di persone già ai gradini più alti della distribuzione del reddito. Durante le guerre erano soprattutto i poveri ad andare al fronte e a perdere la vita, mentre nell'industria bellica c'era chi si arricchiva enormemente. Per questo, accanto alla leva obbligatoria, molti Paesi introdussero un prelievo sulle grande ricchezze e sui profitti di guerra. Dobbiamo pensare a qualcosa di simile ora?”

Lavoro, welfare, sindacato
Sempre su Repubblica a pagina 4 si torna a parlare di Ilva con Marco Patucchi: “Può sembrare paradossale sottolinearlo nel giorno della sentenza epocale sull'llva - si legge -, e del sacrosanto riconoscimento del diritto di un'intera comunità alla salute prima che al lavoro, ma il futuro dell'impianto siderurgico più grande d'Europa (cuore d'acciaio dell'intero Paese), resta appeso ad un altro passaggio giudiziario. Perché nel giro di qualche giorno il Consiglio di Stato deciderà se confermare o meno l'istanza del sindaco di Taranto che ha chiesto (e ottenuto) dal Tar lo spegnimento degli altiforni delle Acciaierie d'Italia (la ex Ilva ora si chiama così, dopo l'ingresso dello Stato al fianco di ArcelorMittal)”.

Il Fatto a pagina 13 torna a occuparsi di incidenti sul lavoro con Andrea Giambartolomei: “Due operai morti in appena 24 ore a Brescia e Torino Altri due infortuni mortali sul lavoro ieri. A Caluso (Torino), ha perso la vita Fiorenzo Canonico, nato nel 1951, operaio della Margaritelli Ferroviaria, ditta di Caluso (Torino) che produce traversine per le ferrovie. Alla fonderia di Torbole Casaglia, a Brescia, intorno alle 13.30 di ieri, è deceduto un altro operaio, il 55enne Vasile Necoara, caduto all'interno di una botola profonda quasi dieci metri. Fino avenerdì le denunce all'Inail per infortuni mortali tra gennaio e aprile erano state 306, 26 in più rispetto alle 280 registrate nei primi quattro mesi del 2020, ma in linea col 2019, quando però le attività erano a pieno regime”.

Sul Manifesto, a pagina 4, Adriana Pollice scrive invece di Stellantis; “Sono circa 200 i dipendenti con ridotte capacità lavorative nello stabilimento Stellantis Giambattista Vico di Pomigliano d'Arco. Da marzo lavorano meno del 50% delle giornate previste in un mese: 'Significa - raccontano - che ogni mese perdiamo una quota di tredicesima, lo stesso per il Tfr. Non maturiamo ferie e permessi retribuiti. Poi c'è il taglio in busta paga. Alcuni hanno fatto solo tra le 4 e le 8 giornate di lavoro al mese di mattina, così lo stipendio subisce un ulteriore calo di oltre 100 euro dovuto al fatto di non andare in turno di pomeriggio. La cosa che più ci fa male è che l'azienda utilizza la cassa integrazione per Covid, dovrebbe essere uno strumento di solidarietà ma viene impiegato per fare discriminazione nonostante le leggi tutelino gli Rcl'. È cominciato a marzo, quando la fabbrica ha subito lo stop produttivo di 12 giorni: in parte per adeguare le linee alla prossima produzione dell'Alfa Romeo Tonale (slittata a giugno del prossimo anno), in parte per la mancanza di componenti dall'estero. I turni però non sono cambiati ad aprile, le tute blu della Cgil hanno chiesto all'azienda di cambiare posizione, senza esito”.

Sul Sole24Ore a pagina Claudio Tucci si occupa infine di giovani non occupati né formati: “I dati del ritardo italiano sono not:i in Italia circa 13 milioni di adulti possiede un livello di istruzione basso (equivalente alla terza media); e più di un adulto su due (la stima oscilla tra il 53-59% dei 25-64enni) è 'potenzialmente bisognoso di riqualificazione' per via di competenze 'obsolete', o che a breve lo diventeranno, a causa dell'innovazione e del cambiamento tecnologico in atto nel mondo del lavoro. Eppure, la quota di adulti che partecipa ad attività di istruzione e di formazione è tra le più basse a livello internazionale: ci si attesta a un modestissimo 24% contro i1 52% della media Ocse (indagini Piaac). A questo quadro, il governatore Visco, aggiunge un altro tassello, anch'esso tutt'altro che lusinghiero: abbiamo oltre 3 milioni di giovani tra1 15 e 34 anni che non sono occupati, né impegnati nel percorso di istruzione o in attività formative; si tratta di quasi un quarto del totale, la quota più elevata tra i paesi dell'Unione europea. E non bisogna sottovalutare gli effetti della troppa Dad sugli studenti: da stime recenti sulle scuole superiori, sono i genitori più istruiti (rispetto agli altri) ad aver aumentato il supporto fornito ai figli”.

Collettiva oggi apre con un report dell'Osservatorio Futura sul ruolo degli anziani nella società e sulle pensioni del futuro. I giovani temono per i loro assegni troppo bassi, mentre i più maturi sollecitano il varo di una legge nazionale sulla non autosufficienza.

Il calendario delle iniziative
Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’agenda di Collettiva.