“La Toscana è sicuramente tra le regioni dove la salute dei cittadini è maggiormente curata”. Questa l’affermazione di Paola Galgani, segretaria regionale della Cgil che ci introduce nel viaggio nella sanità di questo territorio. Certo, maggiormente curata che altrove non significa affatto che tutto vada bene. Tant’è vero che proprio in queste ore sono state consegnate al presidente della Regione ben 60.000 firme “per migliorare e salvare il sistema sanitario nazionale”. A consegnare la missiva, il segretario generale dello Spi Cgil e il segretario generale della Cgil regionale Alessio Gramolati e Rossano Rossi. La richiesta è precisa: servono almeno 4 miliardi l’anno in più per il Fondo sanitario nazionale, solo così si evita il declino della sanità pubblica.

Cgil Firenze, Galgani nuova segretaria generale ()

Cosa dicono i dati

Tutti gli indici (aspettativa di vita, stato di salute della popolazione, capacità di risposta ai bisogni di salute, efficacia, efficienza e appropriatezza dell’offerta sanitaria) pongono la Toscana nei primissimi posti tra le regioni italiane. Ma, come è ovvio, il problema che il definanziamento del Fondo sanitario nazionale produce effetti più dirompenti proprio qui, come nelle altre regioni, dove la sanità è ancora largamente e prevalentemente garantita dal pubblico (solo per fare un esempio solo il 14,7% dei posti letto è in convenzione mentre la media nazionale è al 20%). Così come il tetto alla spesa per il personale (- 1,4 sul 2004) penalizza appunto le regioni con più pubblico.

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Quanto e come si spende

La cifra è appena superiore alla media italiana: per ogni cittadino e cittadina toscano la spesa annua pro capite è di 2.281. Lo attesta la Corte dei Conti nel Rapporto relativo alla spesa sanitaria nel 2022: 40 euro in più rispetto alla media italiana che va dai 2.836 della provincia di Bolzano ai 2.041 della Calabria. E qui arriva la prima nota dolente, o il primo dei tre problemi principali della sanità toscana secondo la segretaria Galgani. Pochi, troppo pochi i posti letti ospedalieri. Secondo i dati forniti dal ministero della Salute e rielaborati dall’Area Stato sociale e diritti della Cgil Nazionale nel 2021 si contavano in regione 3,4 posti letto ogni 1000 contro i 4 della media nazionale. Ricorda Galgani che questi numeri sono il risultato di una scelta compiuta alcuni anni fa: “Ridurre i posti letto ospedalieri più di quanto prevedesse la legge nazionale (cosiddetta legge Balduzzi) che prevedeva 3,7 posti letto ogni mille abitanti”.

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La sanità territoriale insufficiente

È vero che qui, come in Emilia Romagna, esiste una tradizione di case della salute che anticipa le case di comunità previste dal Pnrr. Ma sottolinea la dirigente sindacale: “Alla riduzione di posti letto non si è realizzato l’obiettivo l’investimento su strutture territoriali, di prossimità, che permettessero una presa in carico del cittadino, dalle cure intermedie alla riabilitazione post chirurgica. Il risultato è una pressione, anche inappropriata, sui pronto soccorso”. È tanto vero questo che la regione è al terzo posto per accesso ai pronto soccorso, nel 2021 sono stati 303 ogni mille abitanti contro i 246 della media nazionale. Bene, invece, per quanto riguarda i consultori. La Toscana è una delle poche regioni che rispetta quanto previsto dalla legge: 1 consultorio ogni 20.000 abitanti.

Liste di attesa

Questo è il secondo problema evidenziato da Paola Galgani che infatti nota: “Esistono differenze tra le diverse Asl del territorio sia sugli indici di cattura che sulle prestazioni erogate. Nel 2022 – dice la segretaria della Cgil - il tasso di cattura, cioè quante prestazioni realmente erogate rispetto a quelle prescritte, è del 63% sulle visite specialistiche e scende al 60 sulla diagnostica”. Per fortuna, nei primi sei mesi del 2023 il dato è in leggero miglioramento, aumentando di circa il 14% le prestazioni sulla diagnostica a fronte di un aumento delle prescrizioni dell’11% e il 16% sulle visite specialistiche son +14% di prescrizioni. Mentre siamo tornati ai livelli pre-pandemia rispetto agli interventi chirurgici sia in termini di quantità che di tempi di attesa, con alcune sofferenze su alcune tipologie di interventi. E questa è certamente una buona notizia.

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Casa primo luogo di cura

In Toscana è abbastanza vero. Questa regione infatti è al secondo posto (il primo lo occupa il Molise) per l’assistenza domiciliare Adi. Secondo i dati del ,inistero della Salute nel 2021 sono stati tratti 5.230 pazienti ogni 100.000 abitanti, ben al di sopra della media italiana che si attesta a 1982. Non solo: se si osservano le persone over 65 anni, anche in questo caso il numero di quelli presi in carico e seguiti a domicilio è più che doppio rispetto alla media nazionale: 121,4 anziani ogni mille rispetto ai 62,4 della media italiana.

Non tutto e non dappertutto

Uno dei problemi principali è proprio che non in tutto il territorio regionale le cose funzionano in egual misura. Sottolinea Galgani: “Il terzo problema riguarda l’omogeneità su tutto il territorio regionale dei servizi per i cittadini. Cioè la possibilità per il cittadino residente in un piccolo comune o del capoluogo di avere la stessa possibilità di servizi e qualità, in particolar modo quelli di prossimità (medicina generale, assistenza infermieristica, assistenza sociale, ospedali di comunità, residenze, centri diurni, cure intermedie). Su questo il programma di interventi previsti dalla Regione, anche con il Pnrr, dovrebbe vedere una risposta terminati gli interventi di carattere strutturale”.

Il personale

Proprio per rendere omogeneo il servizio, per abbattere le liste di attesa, per garantire il diritto alla salute a tutte e tutti servono medici infermieri, tecnici e amministrativi. Qualcosa si è fatto, dal 2020 sono stati assunti 4.000 operatori di sanità pubblica ma “non sono sufficienti” ne a garantire il turn-over, figuriamoci l’aumento di servizi per cittadine e cittadine. La conclusione di Galgani è, al contempo, amara e preoccupata: “Rischiamo che questa scelta venga vanificata e quindi, anche in Toscana, ci si rivolga sempre di più al privato (convenzionato e non) se non si modificano le norme nazionali e se non si finanzia con adeguate risorse la sanità”.

Le firme raccolte

Tante, davvero tante quelle raccolte e si può continuare a firmare fino a metà dicembre sarà possibile per tutti firmare anche online. Mentre sui canali social dei sindacati parte la campagna di comunicazione 'Impazienti'. L'obiettivo è di arrivare in totale a quota 100.000 firme, che saranno consegnate al Consiglio regionale in appoggio al progetto di legge, approvato dalla Giunta regionale, che chiede un incremento del Fondo sanitario nazionale di circa 4 miliardi l'anno, portando al 7,5% del Pil il finanziamento annuale. "Ai cittadini e alle cittadine vanno garantite cure - affermano Rossi e Gramolati - e per farlo le Regioni devono poter assumere personale, superando i vincoli di spesa. Già ora la sanità pubblica soffre e va rafforzata, non vogliamo che in futuro la sanità sia solo un lusso da ricchi. Considerati l'aumento dei costi energetici e l'inflazione, i fondi del governo alla sanità decrementano. A farne le spese sono soprattutto Regioni come la Toscana a sistema fortemente pubblico".