"Abbiamo appreso dalla stampa le dichiarazioni dell’assessore al Wefare di Bologna Luca Rizzo Nervo, rispetto alla critica situazione in cui versano le strutture per anziani, e alla possibilità di utilizzare le risorse del Fondo della non Autosufficienza per coprire l’aumento dei costi dei gestori pubblici, privati e accreditati. Vogliamo ricordare a tutti che le norme, regionali e nazionali, prevedono che le risorse del Fondo sulla non autosufficienza siano destinate esclusivamente ai servizi da erogare alle persone malate e alle loro famiglie, risorse che peraltro sappiamo tutti che non sono sufficienti a garantire risposte adeguate ai bisogni dei cittadini. Vogliamo sperare, quindi, che l'assessore abbia voluto fare una provocazione rivolta in particolare alla necessità di aprire con la massima urgenza un confronto in Regione Emilia-Romagna per affrontare la situazione molto grave delle strutture residenziali che nessuno vuole negare". Così in una nota Giulia Santoro (Cgil Bologna), Marco Pasquini e Simone Raffaelli ( (Fp Cgil Bologna), Antonella Raspadori (Spi Cgil Bologna).

"Siamo consapevoli delle enormi difficoltà dovute anche ai rincari dei costi energetici, che da tempo denunciamo, e occorre che i soggetti preposti trovino risorse aggiuntive per scongiurare che questi aumenti ricadano sul taglio dei servizi essenziali o su rincari tariffari. Il tema dell’aumento delle tariffe sollevato dall’assessore è una questione, per quanto ci riguarda, urgente, perché graverebbe ulteriormente sulle famiglie dei più fragili, che già hanno subito la riduzione dei servizi anche a causa della pandemia. Lo stress-test della crisi pandemica ha fatto emergere come ci sia la necessità di ripensare, invece, il sistema del welfare pubblico, pensando all’aumento dei bisogni sociali, ai bisogni assistenziali e ai bisogni sanitari".

"Siamo di fronte a un progressivo invecchiamento della popolazione, e a un vistoso cambiamento degli stili di vita. Ne consegue che c’è bisogno di maggior sostegno e assistenza sia per gli anziani, che per i fragili e per i lavoratori impegnati nel settore delle cure. Elementi che, per quanto ci riguarda, devono andare di pari passo. La questione della carenza del personale dei profili sanitari e socio sanitari, ormai consolidato, richiede interventi di programmazione per formare personale adeguato, anche numericamente, necessario per garantire i servizi. In questo senso occorrono interventi coordinati con l’università e con tutti gli enti che si occupano di formazione di queste professionalità".

"Per coprire le ferie – concludono – abbiamo avuto operatori che hanno fatto regolarmente doppi turni: non possiamo pensare che questa sia una prospettiva accettabile per le lavoratrici e i lavoratori. Bisogna ripensare queste professioni e renderle più 'appetibili' sotto il profilo della carriera e della retribuzione. Se questo non viene affrontato in tempi rapidi, continueremo ad assistere a personale, soprattutto socio assistenziale, che sceglie di uscire dal circuito di lavori estremamente stressanti e totalizzanti. La qualità del servizio la si garantisce con la qualità del lavoro e con risorse adeguate a tutela di tutti cittadini".