Se ne parla sempre a bassa voce. C’è un pudore di fondo nel discutere di un problema che attraversa la società, ma che finora non ha avuto una risposta politica nazionale. In Italia le persone non autosufficienti sono circa 3 milioni, di cui 2 milioni e mezzo anziani affetti da patologie croniche. Tra questi la maggioranza è composta di donne, che spesso devono affrontare da sole gli effetti di malattie degenerative. Ma nel nostro Paese, a differenza di tanti altri, non esiste ancora una legge nazionale a favore delle persone non più autosufficienti e delle loro famiglie. Ed è una richiesta che i sindacati confederali e quelli dei pensionati rilanciano da anni. Forse è arrivato il momento di stringere. E i primi segnali dal governo sono positivi. Infatti il ministro della Salute, Roberto Speranza, insieme al dicastero delle Politiche sociali guidato da Nunzia Catalfo, ha convocato i sindacati dei pensionati per avviare il confronto sulle proposte di legge sulla non autosufficienza.

"Registriamo positivamente la disponibilità espressa dai Ministri del Lavoro Nunzia Catalfo e della Salute Roberto Speranza per la definizione di una legge quadro nazionale sulla non autosufficienza. Si tratta di una legge di civiltà che aspettiamo da molto tempo, resa ancora più urgente dall’impatto che la pandemia di Covid-19 sta avendo in particolare sulla popolazione anziana più fragile ed esposta”. Lo hanno scritto in un comunicato congiunto i segretari generali di Spi Cgil, Fnp Cisl, UilpUil,  Ivan Pedretti, Piero Ragazzini e Carmelo Barbagallo al termine della prima riunione del tavolo sulla non autosufficienza che si è tenuta questo pomeriggio in videoconferenza in previsione della prossima manovra di bilancio. “Aspettiamo a breve – continuano i Segretari – un calendario serrato di incontri tecnici per sviluppare un testo condiviso.
Da verificare ancora le coperture economiche necessarie a sostenere la legge, sulle quali abbiamo comunque registrato un impegno da parte dei due Ministri”.

Nel frattempo il ministro ha avviato i lavori per la costituzione di una Commissione di esperti che dovranno discutere dei termini generali di una riforma del sistema sociosanitario. Nelle prime anticipazioni la Commissione ha creato polemiche per la scelta di mettere a capo della nuova istituzione un uomo di religione e non un laico, ovvero monsignor Vincenzo Paglia. Ma anche di questo si dovrà parlare con i sindacati.

In ogni caso, il punto vero, “la grande occasione” come la definisce il segretario generale dello Spi Cgil, Ivan Pedretti, è però l’avvio di un confronto concreto sulla legge in un momento favorevole viste anche le risorse messe a disposizione dall’Europa (per lo Spi è fondamentale usare anche i soldi del Mes) e per un clima di maggiore attenzione verso i problemi della sanità e delle persone più deboli dopo la tragica esperienza del Covid e delle “strage di anziani” nelle Rsa, le Residenza sanitarie assistite.

“E’ importante mettere a frutto questa grande occasione di confronto per arrivare finalmente ad una legge nazionale che chiediamo da anni – spiega Pedretti – dobbiamo discutere con il governo dei livelli essenziali delle prestazioni socio assistenziali, delle Rsa, della domiciliarità, degli assegni di accompagnamento. Con il Covid abbiamo avuto la conferma della necessità di ricostruire tutto il sistema della medicina di prossimità perché l’obiettivo principale è permettere alle persone non autosufficienti di continuare a vivere nelle proprie case. Nello stesso tempo dobbiamo avviare una discussione sulla riforma delle Rsa che hanno dimostrato di non funzionare. Sono infatti concepite come strutture di assistenza sociale, ma le persone anziane che vengono ospitate hanno bisogno di interventi medici”.

I punti principali del confronto sono sintetizzati dal segretario generale Pedretti in una intervista che potete ascoltare qui in podcast.

 


L’importanza del confronto tra sindacati dei pensionati e governo sulla non autosufficienza viene sottolineato anche dalla segretaria nazionale dello Spi con delega alle politiche sociosanitarie, Antonella Pezzullo. “Il problema riguarda direttamente 3 milioni di persone non autosufficienti, ma è un numero riduttivo. La non autosufficienza coinvolge infatti i malati, ma anche le loro famiglie che devono farsi carico di un’assistenza continua. Io penso che si tratta di una questione che coinvolge almeno 4 milioni di persone. Ma è anche evidente che non si può continuare a scaricare tutto il peso dell’assistenza sulle famiglie. E c’è anche da tenere presente un dato molto importante: la maggior parte degli anziani affetti da demenza o da altri problemi di salute che portano alla non autosufficienza è costituito da donne.

E spesso sono donne che rimangono sole e che non sempre hanno qualche parente che le possa aiutare. Per questo è necessaria una legge nazionale che assicuri l’uguaglianza di trattamento in tutto il Paese. Un tema quello delle divisione del Paese sulle questioni dell’assistenza agli anziani che si è reso evidente anche nel dramma delle Rsa. “C’è molta differenza tra il Nord e il Sud dell’Italia dove le Rsa sono poco presenti – spiega Pezzullo – e ci sono molte differenze nell’accesso all’ospitalità visteii costi delle rette che spesso sono fuori dalla portata delle famiglie modeste o più povere. E inoltre c’è da rivedere tutto un modello “reclusivo”. Ci vuole una nuova risposta integrata sociale e sanitaria.