Il primo giro d'interventi della manifestazione “Il lavoro interroga”, condotto dalla giornalista Lucia Annunziata, è stato aperto da Maurizio Landini che ha introdotto il tema della rappresentanza. “C'è una rottura tra mondo del lavoro e politica perché oggi le persone non si sentono più rappresentate, la gente non va più a votare, e a non votare sono proprio quelli che stanno peggio”, ha detto il leader sindacale, individuando il rischio di “una tenuta della democrazia”. Landini ha aggiunto che il sindacato vuole “un rapporto alla pari con i partiti, perché rappresentiamo gli interessi di tutti coloro che lavorano. Noi oggi siamo poco ascoltati, anche dal governo. Non ci accontentiamo di essere il sindacato che interviene dopo che sono prese le decisioni, noi vogliamo portare i lavoratori a esserci nel momento in cui le decisioni si prendono”.

“La gente pensa che andare a votare sia inutile, perché tanto ci sono fenomeni che arrivano sopra le nostre teste, fenomeni che non controlliamo”, ha detto il segretario Pd Enrico Letta: “La crisi di rappresentanza delle istituzioni è un problema occidentale, non solo italiano, ma un primo intervento potrebbe essere sulla legge elettorale, ridando agli elettori il potere di scegliere i parlamentari, mentre invece ora sono scelti dai partiti”. Letta ritiene che il prossimo “autunno sarà il più faticoso e complicato degli ultimi anni. Andiamo incontro al rischio recessione, all'aumento del conflitto sociale e delle disuguaglianze”. Per questo, conclude, il Pd chiede al governo e al resto della maggioranza “di fare nei prossimi mesi una riflessione straordinaria per una straordinaria svolta sociale, per una 'agenda sociale’, altrimenti avremo conseguenze che non riusciremo a gestire”.

“Il tasso di democraticità del nostro sistema sta scendendo sempre più in basso. I cittadini non partecipano perché ritengono di non poter incidere nelle scelte”, illustra il presidente del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, affermando che “la legge proporzionale potrebbe essere una possibile soluzione, anche in prospettiva della riduzione del numero dei parlamentari”. Riguardo il mondo del lavoro, Conte ha ricordato che “abbiamo problemi grossi di sistema. Il precariato è aumentato, un terzo dei contratti non supera i 30 giorni”. Dunque occorre “intervenire sui lavoratori poveri, sui giovani” e occorre fissare “una soglia di salario minimo, intorno ai 9-10 euro. Anche perché la nostra proposta è calibrata proprio sui contratti collettivi nazionali firmati dai sindacati”.

“Negli ultimi anni il lavoro si è frammentato e impoverito: vanno bene libertà e partecipazione, ma devo essere messo in condizione di partecipare”. Così la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna Elly Schlein: “Se ho un lavoro precario, se ho un salario da fame, se fatico ad arrivare alla fine della settimana, non avrò voglia né tempo di partecipare alla cosa pubblica”. Per Schlein “la politica deve governare in senso redistributivo i processi che sono in atto". E avverte la necessità di “scrivere un nuovo statuto delle lavoratrici e dei lavoratori, ridisegnando tutte le tutele di un lavoro che cambia. Possiamo invertire la rotta, prendiamo esempio dalla Spagna dove hanno scelto di limitare i contratti a termine".

“I recenti dati sul precariato interrogano le nostre coscienze. Ma occorre dire che, oltre alla precarietà del lavoro, c’è anche una precarietà delle aziende: con i costi dell'energia così alti, non è che gli imprenditori siano sereni”, ha argomentato il coordinatore di Italia Viva Ettore Rosato, osservando che la politica “deve tenere conto della complessità”. Riguardo il tema della rappresentanza, Rosato ha rimarcato che “l’elettore si aspetta che, a fronte di un voto, ci sia un cambiamento, una risposta all’impegno assunto in campagna elettorale. Questo non succede, e non realizzare mai i propri impegni demotiva l’elettorato”.

“Gli ultimi trent’anni di antipolitica ci hanno lasciato macerie: la qualità del sistema politico italiano è imbarazzante, La parola ‘partito’ è diventata una parolaccia”, ha affermato il leader di Articolo Uno, Roberto Speranza: “Ma la questione del rapporto con gli italiani non si risolve con la sola legge elettorale. La questione democratica c'è, e si risolve solo se affrontiamo con coraggio la questione sociale”. Per Speranza, l’iniziativa odierna “indica una traccia a una possibile risposta alla crisi della rappresentanza. Ci sono due rischi: da un lato il rischio di un sindacato che si chiude in una semplice rappresentanza, dall'altro una politica che pensi che le parti sociali non servano più”. E così conclude: “Se non mettiamo al centro la questione sociale, non riusciremo a ricostruire la rappresentanza”.

“La destra investe sulla passivizzazione e sulla crisi della rappresentanza, del resto in una società passiva l’impresa ‘della paura’ funziona meglio”, dice Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, sottolineando che “a non votare sono quelli che non ce la fanno a campare, i poveracci, le persone che stanno nelle periferie”. Secondo Fratoianni, la “nostra malattia più grave è la disuguaglianza: l’uno per cento degli italiani possiede il 25 per cento della ricchezza del Paese. Serve una vera politica salariale, ma le risorse non devono arrivare dal deficit, altrimenti ricadono sempre sulle stesse spalle. La politica può essere credibile solo se assume un punto di vista sul mondo, e non tutti gli interessi sono uguali”.

“L'elemento che sta distruggendo la democrazia è l'ignoranza, la mancanza di cultura”, spiega il presidente di Azione Carlo Calenda: “Oggi il 40 per cento dei ragazzi è impreparato quando esce dalle scuole, il 50% dei giovani non legge un libro in un anno. Se il livello d'istruzione non segue la complessità del mondo, le democrazie cadono”. Per Calenda, la politica “enumera problemi, ma non sceglie mai, non c’è mai il ‘come’ fare le cose”. E conclude portando ad esempio la transizione ecologica: “Andiamo avanti di slogan in slogan, di data in data, senza alcuna programmazione. Prendiamo impegni senza spiegare mai come arrivarci, è tutto frutto di posizionamento di marketing”.

“In Italia è stata condotta una guerra contro le lavoratrici e i lavoratori, cui ha partecipato anche il centrosinistra”, ha spiegato il segretario del Partito della rifondazione comunista, Maurizio Acerbo: “Se i salari sono diminuiti è perché i diritti dei lavoratori sono stati abbattuti, perché ci sono state leggi votate dal Parlamento e patti sciagurati”. Acerbo ha anche evidenziato che in Italia “abbiamo perso la scala mobile, abbiamo perso l’articolo 18. Adesso bisognerebbe invertire la tendenza, ma ogni volta che il sindacato si è opposto è stato messo all’angolo”. Ha concluso ricordando “lo squadrismo mediatico sullo sciopero proclamato da Cgil e Uil: sembrava che scioperare contro il governo Draghi fosse diventato un reato”.