È stato recuperato questa mattina intorno alle 7 il corpo della quarta vittima del crollo al cantiere di Firenze. E i morti ufficialmente diventano così 4. Anche se sono praticamente nulle le speranze che l’unico disperso sia ancora in vita. I Vigili del Fuoco, una squadra di 50 uomini, lavorano senza sosta da ieri, poco dopo il boato che alle 8:52 ha accompagnato il cedimento del pilastro e la caduta dei solai sotto le cui macerie è rimasta sepolta la squadra di 8 operai. Quattro morti, tre feriti, un disperso che ha un nome: Bouzekri Rachimi, 56 anni, originario del Marocco.

I morti

Oltre a Luigi Coclite, 60 anni, le altre vittime sono un cittadino tunisino, Mohamed Toukabri, 54 anni, e due marocchini, Mohamed El Farhane, 24 anni, e Taoufik Haidar, 43 anni, residente a Bergamo.

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Forse senza permesso di soggiorno due vittime

Dai primi accertamenti sembra che due dei tre cittadini nordafricani deceduti fossero irregolari in Italia e senza permesso di soggiorno. Si allarga così il perimetro dell’impatto di questa vicenda. Si è già scritto in precedenza delle 33 ditte in subappalto che lavoravano all’interno del cantiere. E anche della possibilità che ci fossero degli operai contrattualizzati come metalmeccanici, nonostante si trattasse di un cantiere e di un lavoro edile, al solo fine, da parte dei datori, di risparmiare sul costo del lavoro.

Adesso l’ultima notizia scioccante, la possibilità che due delle vittime fossero irregolarmente presenti nel nostro Paese e quindi evidentemente assunte in modo irregolare. Questa Spoon River spalanca una porta su interrogativi che da troppo tempo restano inascoltati nonostante le battaglie della parte sana del Paese, Cgil in testa.

La normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro resta spesso lettera morta se pensiamo che statisticamente i controlli degli ispettori nei cantieri avvengono una volta ogni 14 anni. La politica continua da un lato a non investire un euro su questo tema – basta farsi una chiacchierata con i lavoratori dell’ispettorato del lavoro che hanno raccontato spesso, anche a Collettiva, di girare per i cantieri con la propria macchina, facendo il pieno di tasca propria, imbandendo con il proprio senso di responsabilità e la propria volontà personale un tavolo spoglio di risorse e attenzione da parte della politica.

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Adesso, se fosse confermata la notizia dei due irregolari, ci sarebbe da chiederne conto ai Salvini di turno e alla loro politica dei porti chiusi, dei cpr, veri e propri lager a cielo aperto, che altro effetto non ha avuto se non quello di creare un esercito di irregolari che diventa carne da macello per ogni imprenditore che voglia risparmiare sul costo del lavoro e avere alle proprie dipendenze lavoratori senza voce e senza pretese.

Il sistema Italia

È il sistema Italia fin troppo diffuso e troppo spesso finito nelle cronache dei giornali che raccontano le morti sul lavoro. Un sistema che inizia con la frammentazione dei processi produttivi grazie a quella giungla legalizzata di appalti e subappalti che ieri, per molte ore, ha reso persino difficile capire quale fosse il numero esatto degli operai coinvolti e quanti fossero i dispersi. C’era un grande cantiere aperto da tempo per costruire un supermercato di un marchio famoso della nostra grande distribuzione organizzata, Esselunga, ma di fronte a una strage del genere è stato subito chiaro che sarebbe stata un’impresa capire quante persone nel turno di quel venerdì mattina 16 febbraio 2024 erano effettivamente presenti e al lavoro.

E via via che il rosario dei 33 subappalti si sgrana verso le pietre più piccole è sempre più complicato capire che tipo di contratti regolassero i rapporti con il singolo lavoratore e chi fosse il singolo lavoratore. Fino alle rivelazioni – per carità, tutte da confermare – che forse c’erano lavoratori contrattualizzati come metalmeccanici e forse c’erano due lavoratori che non avevano neanche il permesso di soggiorno. 

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È il sistema Italia, una modalità opaca, tutta concentrata nello sforzo di aumentare il profitto del singolo, l’imprenditore, il padroncino, via via che la lista di appalti e subappalti si allunga, scaricandone i costi sulla collettività dei lavoratori. È un sistema comunque complice, al di là delle cause che hanno portato materialmente al cedimento del pilastro, tutte da verificare, e sulle quali incombe, inquietante, l’ombra della fretta di chiudere il cantiere e consegnare la struttura finita, di cui si parla in queste ore.

Ci vorrà molto tempo per ricostruire le responsabilità oggettive e dare un nome ai colpevoli. Resta enorme la responsabilità morale della politica. Per quello che ha fatto sulle leggi che regolano il lavoro, per quello che ha fatto sulle leggi che hanno permesso questo sistema di appalti. E per quello che non fa mai nel campo degli investimenti in sicurezza, lì dove invece la legge funzionerebbe. E per quello che non fa in materia di immigrazione. Alla politica sarà sempre concessa una seconda e poi una terza e poi una millesima occasione di cambiare le cose. 

Luigi, Mohamed, Mohamed e Taoufik invece si fermano qui. Per quelli come loro il treno passa una volta sola. E sempre più spesso gli passa sopra.

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