Novembre 2023 è stato un mese da record per il lavoro. Ha registrato 30 mila occupati in più rispetto a ottobre, con un aumento annuo di 520 mila unità rispetto allo stesso mese del 2022, per un totale di 23 milioni 743 mila. Il tasso di occupazione è rimasto invariato al 61,8 per cento e quello di disoccupazione è sceso dal 7,7 di ottobre al 7,5 di novembre.

I dati sono snocciolati dall’Istat, rimbalzati con titoli trionfalistici sui media e sbandierati dalla ministra del Lavoro Marina Calderone come “un chiaro successo per le politiche del governo che hanno puntato sulla formazione, per rendere le persone più occupabili e velocizzare l'incrocio fra domanda e offerta”.

Un dato positivo

Ma è davvero così? “Il dato positivo c’è, ma attenzione ai titoloni sui record, a questa corsa sensazionalistica a battere il primato mese dopo mese – afferma Rossella Marinucci, della Cgil nazionale -. Dietro ai numeri ci sono fattori diversi e diverse spiegazioni. Il mercato del lavoro è una struttura mobile, e quando si analizzano le cifre si deve tenere presente che derivano da una serie di elementi: nuove assunzioni e cessazioni, entrate e uscite, e anche permanenza più o meno lunga, che varia a seconda delle leggi sulla previdenza. Non sempre l’aumento degli occupati corrisponde a un aumento dei posti”.

In pensione più tardi

È questo il caso: la crescita sbandierata non è da attribuire a nuovi ingressi ma alla mancata uscita dal mercato del lavoro o da uscite ritardate, frutto delle riforme pensionistiche approvate che stanno facendo sentire adesso i loro effetti. La legge Fornero trattiene di più le persone al lavoro, allungandone la vita professionale e facendone slittare l’uscita. Quindi non si tratta di nuove assunzioni.

Fattore demografico

A questo si intreccia un altro fattore, il fenomeno demografico, cioè il “degiovanimento” della popolazione attiva. Dei 520 mila occupati in più registrati da novembre 2022 a novembre 2023, ben 477 mila sono nella fascia degli over 50: in pratica il 92 per cento. Mentre c’è stato un calo di 47 mila unità tra i 35-49enni. Aumentano di poco i lavoratori nella fascia 25-34 anni (più 71 mila) e i 15-24enni (più 19 mila).

Ultimi 16 anni

L’andamento dell’occupazione degli ultimi 16 anni conferma questa tendenza. La percentuale degli occupati tra i 50-64enni è salita dal 46,2 per cento di novembre 2007 al 64,1 per cento del 2023. Quella dei lavoratori tra 25-34 anni è calata dal 70,7 per cento del 2007 al 68,4 per cento del 2023, con alterne vicissitudini, quindi 2,3 punti sotto. Risultato: l’occupazione cresce, è vero, ma non per effetto di politiche di sviluppo e del lavoro bensì per la riforma pensionistica che sta estendendo la componente anziana e non apre nuove opportunità ai giovani.

Il nodo inattivi

I dati Istat segnano altre due novità. Tornano a crescere gli inattivi, dopo mesi di discesa, cioè coloro che non cercano lavoro: più 48 mila a novembre 2023 rispetto al mese precedente, per un totale di 12 milioni 273 mila persone: il 33,1 per cento della popolazione tra i 15 e i 64 anni. E c’è anche un lieve incremento degli occupati a termine, più 15 mila rispetto a ottobre.

“Entrambi sono in controtendenza rispetto a quanto abbiamo osservato nei mesi precedenti - riprende Marinucci - e vogliono dire che c’è un ritorno a forme precarie di lavoro e alla non ricerca di occupazione. In pratica, chi non è disposto ad accettare determinate offerte si sposta negli inattivi. Questi dati comunque ci parlano della quantità ma non della qualità del lavoro, che resta bassa come i salari, e che pare non interessare a nessuno. Se c’è un aumento dei contratti part time, c’è un aumento del lavoro ma è povero, a bassa intensità”.

RICERCA DI LAVORO SULLE INSERZIONI DI UN GIORNALE FOTO DI © DANILO BALDUCCI/AG.SINTESI
RICERCA DI LAVORO SULLE INSERZIONI DI UN GIORNALE FOTO DI © DANILO BALDUCCI/AG.SINTESI
RICERCA DI LAVORO SULLE INSERZIONI DI UN GIORNALE FOTO DI © DANILO BALDUCCI/AG.SINTESI

Formazione dove sei?

Un altro mito da sfatare sono le decisioni del governo sulle politiche attive, che secondo la ministra Calderone starebbero già producendo effetti positivi sull’occupazione. “Si tratta del supporto formazione lavoro, a cui possono accedere coloro che percepivano il reddito di cittadinanza considerati occupabili, che dovrebbero entrare in percorsi di inserimento veloci – conclude Rossella Marinucci,  dipartimento mercato del lavoro della Cgil -. Peccato che la macchina stia partendo davvero a rilento: sulla piattaforma non ci sono molte offerte formative, che dovrebbero adeguare le competenze, perché si fa fatica a completare le classi, mentre le offerte sul sito sono poche. Quindi, da quanto risulta a noi e alle nostre strutture sui territori, per ora non è uno strumento che sta portando alla creazione di nuova occupazione”.