Lo stress correlato al lavoro non solo aumenta il rischio di un infortunio professionale, ma anche quello di un infortunio nel tempo libero. Alcuni studi rivelano che le persone che sul lavoro devono mantenere spesso un livello di concentrazione molto alto subiscono un infortunio con una frequenza 1,5 volte più elevata nel tempo libero.
Su questo si è concentrato negli ultimi 8 anni il percorso di prevenzione di Inail Umbria e Inca Cgil, rispetto al quale ieri, lunedì 6 maggio 2024, è stato tracciato un bilancio nel corso del convegno “Lavoro e benessere” organizzato dall’istituto e dal patronato della Cgil. Un pomeriggio di lavoro e approfondimento che ha visto confrontarsi Roberto Panico, coordinatore regionale Inca Cgil Umbria, Valentina Nardi, Consulente del Lavoro e Psicologa, Alessandra Ligi, direttrice regionale di Inail Umbria, Silvio Ranieri, segretario regionale di Anci Umbria, Mirella Cleri, docente a contratto di Psicologia del Lavoro e delle organizzazioni presso la facoltà di Medicina dell’Università degli studi di Perugia e Matteo Ronchetti, ricercatore del laboratorio rischi psicosociali e tutela dei lavoratori vulnerabili Inail. Le conclusioni sono state affidate a Sara Palazzoli, dell’ufficio di presidenza dell’Inca Nazionale, settore Danno da lavoro.

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Sono stati circa 2000 le lavoratrici e i lavoratori coinvolti nei workshop di prevenzione, 10.000 quelli raggiunti dalla campagna di comunicazione.
“La cruda realtà dei numeri in termini di infortuni, anche mortali, e delle malattie professionali ci fa capire che qualcosa non funziona – ha detto Roberto Panico, coordinatore Inca Cgil Umbria –. E questo ci rende responsabili di agire concretamente per attuare una reale prevenzione, ma soprattutto un cambiamento culturale nell'approccio al mondo del lavoro da parte di tutti noi”.

“In ogni progetto abbiamo sviluppato un punto di vista diverso della cultura organizzativa e l’abbiamo sviluppato – ha aggiunto Valentina Nardi, psicologa e responsabile dei progetti per Inca Cgil –. Abbiamo somministrato centinaia di questionari di gradimento, in tutti era presenta la domanda: ritiene questo argomento saliente nella sua vita lavorativa quotidiana? Il 99% dei partecipanti ha risposto di sì”.

Le testimonianze dei lavoratori

“Ho imparato a non tenermi dentro il disagio – ha raccontato uno dei lavoratori coinvolti nel progetto –, ma ad affrontarlo e viverci in modo da tirar fuori tutto il malessere, per arrivare a una soluzione che mi aiuti a continuare il percorso senza tante costrizioni e sofferenze. Vorrei davvero che chi nel lavoro prova un disagio, una difficoltà, venga aiutato a risolverli”.

“Ho appreso l'importanza delle relazioni con i colleghi di lavoro e quanto risulti vitale e prioritario sviluppare la capacità di instaurare scambi positivi e costruttivi – ha detto un altro partecipante al progetto –. Nei rapporti di lavoro possono esserci delle difficoltà e delle incomprensioni, ma è possibile trasformare tutto questo in circostanze produttive e in occasioni di apprendimento. Il conflitto positivo è un momento per conoscere gli altri e soprattutto per conoscere se stessi”.

Sara Palazzoli, Inca: “Il diritto alla salute non può essere in contrapposizione con il diritto al lavoro”

“Conoscere i rischi del proprio lavoro e agire per raggiungere quel benessere organizzativo necessario a garantire un lavoro dignitoso e mettere in campo la corretta tutela nei confronti di chi si ammala di lavoro, questo deve essere l’obiettivo comune – ha concluso Sara Palazzoli, dell’Inca Cgil nazionale –. Oggi troppo spesso la precarietà e la forte frammentazione del lavoro rappresentano una minaccia al diritto di ognuno di lavorare in ambienti salubri. Ma il diritto alla salute non può essere in contrapposizione con il diritto al lavoro, perché sono entrambi cardini della nostra Costituzione”.