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È davvero una brutta storia, una di quelle che ci illudevamo di non dover più raccontare perché ormai archeologia, appartenente a un’epoca in cui sfruttamento e angherie erano “normali” nelle relazioni tra padrone e dipendente. E invece scopriamo che relazioni di questo tipo sono “normali” anche nell’Italia del 2025.
La storia
Una catena di supermercati dal marchio famoso, Pam Panorama, da qualche mese attua una strategia precisa per “liberarsi” di lavoratori e lavoratrici onerosi perché con contratto di lavoro a tempo indeterminato e una considerevole anzianità di servizio, ma ritenuti poco produttivi perché titolari di permessi 104 per assistere un familiare portatore di disabilità. Questo in estrema sintesi, quanto avviene. E a sentire i racconti dei dipendenti c’è di che rimanere sorpresi. Tanto più quando si scopre che le relazioni tra azienda e sindacati di categoria non solo sono aspre ma si svolgono alla presenza di “un addetto alla sicurezza” e di “personale della Questura”: chissà quali rischi si corrano a parlarsi.
Una strategia che arriva da lontano
Anna De Marco è la sindacalista che segue i lavoratori e le lavoratrici Pam per la Filcams di Roma e del Lazio. Spiega: “Tutto è cominciato più di un anno fa quando l’azienda ci ha comunicato di voler avviare una procedura di mobilità, ma scegliendo lei chi mandare via. Gli abbiamo spiegato che non si procede così e la situazione allora è precipitata”. De Marco racconta una vicenda che rasenta il mobbing aziendale. Un anno fa l’azienda ha modificato in modo unilaterale il Documento valutazione dei rischi inserendo le casse come luogo in cui i lavoratori e le lavoratrici con ridotte capacità non avrebbero più potuto lavorare. Successivamente ha sospeso 30 addetti lasciandoli a casa senza retribuzione “Ovviamente abbiamo fatto ricorso e alla fine lo abbiamo vinto, Pam ha dovuto reintegrati pagandogli pure gli arretrati”, ci dice la sindacalista.
Comincia il mobbing
Allora la strategia è cambiata: sono cominciati i trasferimenti coatti, guarda caso quasi esclusivamente di titolari di 104 o di che si occupa di persone anziane, i richiami per anche per soli 2 minuti di ritardo, le modifiche degli orari assegnando turni spezzati con pause incompatibili con il rientro a casa.
Massimo Cometti a marzo 2026 avrebbe compiuto 30 anni di anzianità alla Pam, era un addetto al banco del pesce. Da un paio di anni era titolare dei permessi 104 per la mamma che purtroppo è venuta a mancare, lavorava nel supermercato di Tiburtina ma di punto in bianco (in realtà quando ha cominciato ad occuparsi della mamma) lo hanno spostato a Valle Aurelia. Impiegava più di un ora e mezzo ad andare e altrettanto a tornare, e per di più i turni erano sempre quelli centrali, così da non avere mai una mezza giornata libera.
“Ho fatto presente che avendo la 104 non potevano farlo ma non mi hanno ascoltato. Sono stato costretto a rivolgermi al tribunale e a qual punto hanno dovuto trovare un accordo e mandarmi a Lunghezza”, racconta.
E poi il licenziamento
Cometti pensava che la storia fosse finita, ma si sbagliava. Poco tempo dopo il nuovo trasferimento, lo scorso 28 ottobre arriva la lettera di licenziamento. La motivazione? Un cliente si sarebbe lamentato di non esser stato salutato. “Ma dopo trent’anni di servizio il saluto esce spontaneo. Mi vogliono far passare per una persona che assolutamente non sono”. È davvero una storia che rasenta l’incredibile “ma invece è vera”, sottolinea De Marco.
Dal pesce alla carne
Michele De Maso è un Rsa e un Rls della Filcams Cgil, è –meglio dire era – un addetto al banco della carne, ha quasi 20 anni di anzianità e 60 di età, da circa 2 anni ha la 104 per assistere il padre. Nelle ultime settimane prima del licenziamento ha redatto cinque verbali per segnalare delle inosservanze sulla prevenzione dei rischi. “Mi hanno contestato due volte di non aver indossato il guanto antitaglio di acciaio mentre servivo al banco un cliente e poi mi hanno licenziato. Ma l’utilizzo del guanto è previsto quando si fanno lavorazioni particolari – come il disossamento - non quando si serve al banco. E d’altra parte in tanti anni di lavoro è la prima volta che arriva una contestazione per questo”.
Pretesti e strategia
De Maso ora è in Naspi e con l’avvocato della Filcams ha impugnato il licenziamento, ma, come dice De Marco, sono pretesti per “liberarsi di personale anziano e ritenuto poco produttivo. Nell’incontro nazionale della scorsa settimana la loro responsabile ha fatto un autogol dichiarando: ‘in tutta Italia c'è un bel turnover, solo dalla Toscana in giù il turnover non c'è’. E infatti – aggiunge la sindacalista - i licenziamenti sono dalla Toscana in giù".
Proprio in Toscana sono stati denunciati i tre casi di licenziamento a causa del test del carrello, ispettori travestiti da clienti hanno nascosto piccoli oggetti in confezioni di prodotti più grandi, denunciando l’inadempienza degli addetti alla cassa che non avrebbero controllato bene e non sventato il furto.
Impossibilità di comunicazione
Come si diceva l’incontro nazionale tra azienda e sindacati non ha avuto un esito positivo. “A nulla sono valsi i tentativi delle organizzazioni sindacali di trovare una soluzione che non impatti in modo così devastante sulle lavoratrici e sui lavoratori, che dopo decenni di servizio si ritrovano messi alla porta senza alcuna prospettiva occupazionale, in un momento storico già estremamente difficile”. È quanto si legge in una nota di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs. “È ormai evidente la volontà dell’azienda di colpire una specifica fascia di dipendenti: lavoratrici e lavoratori con anzianità significativa, età anagrafica elevata, titolari di legge 104 o con limitazioni su salute e sicurezza. In breve, chi non risponde ai livelli di produttività auspicati dall’azienda”, si legge ancora nella nota.
La mobilitazione
“È questo il clima – si domandano i sindacati - in cui dovrebbe svolgersi un confronto tra parti contrapposte che dovrebbero comunque cercare un punto di mediazione? O si tratta dell’ennesimo segnale dell’impostazione inaccettabile di questa azienda associata a Federdistribuzione? Qual è la posizione dell’associazione datoriale? È questo il modello della cosiddetta distribuzione moderna e organizzata? Di moderno, qui, si vede ben poco: sembra piuttosto un ritorno a un modello ottocentesco, dove o ci si piega alle esigenze del padrone o si è fuori”.
Cosa fare è ovvio: “Per tutte queste ragioni, le strutture nazionali e territoriali di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs proseguiranno nelle azioni di denuncia di quanto sta accadendo all’interno di Pam Panorama, tutelando le lavoratrici e i lavoratori in tutte le sedi opportune e definendo nelle prossime ore ulteriori iniziative sindacali”.























