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A raccontarla si fa fatica: è una storia che sembra uscita da un romanzo di fine Ottocento. Ispettori aziendali (ma non è chiaro se dipendenti della catena di supermercati o di un’agenzia esterna) travestiti da clienti, hanno inscenato furti di prodotti esposti negli scaffali e non scoperti dai cassieri. Hanno poi licenziato i malcapitati. Peccato che i dipendenti pensavano di dover far pagare i prodotti nel carrello, non perquisire le borse della spesa dei clienti.
La storia la racconta Stefano Nicoli, segretario generale Filcams Cgil Toscana che definisce “grave e allarmante” quanto successo. Riavvolgiamo il nastro e scopriamo che nel giro di pochi giorni i licenziamenti in Toscana sono tre: uno in provincia di Siena e due in provincia di Livorno, la modalità sempre la stessa. Un ispettore travestito da cliente ha nascosto in una cassa di birra piccoli oggetti di profumeria, al momento di pagare ha dichiarato solo la birra. Conseguenza: il cassiere è stato licenziato in tronco per omissione di controllo.
“In realtà – ci illustra il segretario – i cassieri non possono perquisire il contenuto del carrello né tantomeno i clienti. Non spetta loro la funzione di controllo, per questo ci sono agenzie di vigilanza che forniscono personale specializzato”. La vicenda è molto preoccupante per diverse ragioni: “Innanzitutto – aggiunge - c'è da un lato c'è un'attività di controllo sui dipendenti, illecita, non si può fare. Dall'altro c'è la pretesa che i cassieri esercitino un controllo sui clienti e anche questo non si può fare, non è previsto in nessuna parte del contratto”.
Peraltro, chi frequenta i supermercati Pam lo sa, nei punti vendita c’è pochissimo personale – assai meno che in altre catene della grande distribuzione - ed è inimmaginabile che dovendo far scorrere rapidamente la coda alla cassa, l’addetto si metta anche a “perquisire” i carrelli, ad aprire le confezioni.
Ma perché questa sorta di accanimento? La risposta arriva da Nicoli: “Quelli licenziati sono dipendenti a tempo indeterminato e con una lunga anzianità di servizio, oltre che di età, il lavoratore licenziato a Siena ha compiuto 62 anni. I loro sono contratti onerosi, molto più di quelli di giovani appena assunti magari a tempo determinato o in somministrazione”. Non sarà questa la vera ragione dei licenziamenti? Non trovando altro modo per disfarsi contratti “costosi” la Pam si è inventata il trucco del test del carrello per avere una pseudo-motivazione per licenziare. Ed ecco allora un’ulteriore ragione di preoccupazione: e se quella sperimentata in Toscana divenisse una pratica utilizzata da Pam in tutta Italia?
Ovviamente i sindacati non solo non possono accettare queste procedure, soprattutto i licenziamenti, che arrivano non a seguito di comportamenti sbagliati e reiterati e dopo diversi richiami da parte dell’azienda, ma in tronco dopo il finto ispettore in cassa. Per di più sono comportamenti che esulano da qualsiasi relazione sindacale corretta: “Per Cgil, Cisl e Uil non è così che funziona, servono più richiami che portano a un giustificato motivo, altrimenti si intacca il sistema sul quale si basa il lavoro in Italia e si perde il senso della contrattazione”.
Giovedì 20 novembre a Roma è previsto un incontro nazionale tra azienda e organizzazioni sindacali che si spera abbia esito positivo. “Nel frattempo – aggiunge Nicoli - stiamo organizzando un'assemblea di tutti i lavoratori e le lavoratrici toscane per decidere quale iniziativa di mobilitazione e protesta mettere in campo. Speriamo però che l'azienda giovedì prossimo dia risposte positive e ritiri i licenziamenti, altrimenti la mobilitazione sarà inevitabile”.























