Il “made in Vigevano” non ci sarà più. Lunedì 19 febbraio l’azienda calzaturiera Moreschi (di proprietà dal gennaio 2022 di Luca Scalfi, titolare del fondo di investimento svizzero Hurley Sa) ha annunciato la chiusura del reparto produzione dello storico stabilimento pavese (fu fondato nel 1946) con il contestuale licenziamento di 59 addetti, su complessivi 80. Lunedì 26 i lavoratori si riuniranno in assemblea sindacale per decidere la mobilitazione.

La motivazione? Gli impianti sono inadeguati alle nuove esigenze della società. “La Moreschi – è scritto in un comunicato stampa – in un'ottica di ottimizzazione e differenziazione della produzione verso una svolta green, ha deciso di avviare una partnership con una selezione di laboratori italiani altamente specializzati e caratterizzati da una forte impronta ‘verde’, legati al brand da contratti di collaborazione in esclusiva”.

Questi laboratori, dunque, dovrebbero prendere il posto dei lavoratori licenziati. “All'interno dello stabilimento, che per la produzione ordinaria non è adeguato ai livelli richiesti — si legge ancora – vengono mantenuti i dipartimenti gestionali, amministrativi, l’ufficio stile e prodotto, la modelleria, la logistica e lo spaccio aziendale. Inoltre resterà la progettazione dei modelli per le collezioni esclusive, oltre al controllo qualità”.

La posizione della Cgil

“Una decisione inaccettabile”, commenta la segretaria generale Filctem Cgil Pavia Giovanna Currò: “Parliamo di uno stabilimento che conta ormai solo 80 persone. E vorrei ricordare che, nel concludere la vecchia procedura di licenziamento collettivo, quella iniziata a maggio 2023, l'azionista di maggioranza Luca Scalfi aveva detto che si sarebbe impegnato per rilanciare la produzione e lo stabilimento. Ecco i risultati”.

Il 18 luglio 2023, infatti, sindacati, azienda e Regione Lombardia avevano siglato un’intesa sulla chiusura dei reparti di orlatura e pelletteria della fabbrica calzaturiera, che prevedeva il licenziamento (annunciato nel maggio precedente) di 28 lavoratori. Per questi addetti era stato stabilito un incentivo all’esodo di 7.800 euro lordi (versato in due rate, a settembre e ottobre), oltre al pagamento di alcune spettanze che all’epoca dell’accordo non erano ancora state versate.

In merito a questo, Currò sottolinea che “per gli ex 27 operai abbiamo dovuto fare perfino dei decreti ingiuntivi per ottenere i vari pagamenti stabiliti dalla Regione. E ancora manca uno stipendio, mentre a numerosi lavoratori mancano sia la tredicesima sia i contributi del Fondo di previdenza complementare Previmoda a partire dal 2021”.