Il salario minimo può essere uno strumento utile per ridurre le diseguaglianze, mentre dal governo arriva solo un "dialogo finto" con i sindacati, insieme a misure che aumentano la precarietà. Lo afferma il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in un'intervista al Quotidiano Nazionale. È l'occasione per fare il punto sui nodi principali e rilanciare le richieste delle organizzazioni dei lavoratori

Il salario minimo

Uno strumento utile, ma da solo non basta. Per il leader di Corso d'Italia serve "per contrastare le diseguaglianze, il lavoro povero, precario e privo di tutele, la crescita della disparità di genere, anagrafica e territoriale, che sono, in larga misura, il risultato delle leggi sbagliate degli ultimi trent’anni. Ma da solo non basta”.

Bisogna infatti rispettare il ruolo della contrattazione e dare validità generale ai contratti nazionali firmati dai sindacati più rappresentativi e approvati dai lavoratori: "I diritti sanciti dai contratti, i trattamenti economici complessivi e non solo il salario orario, devono diventare dei diritti per tutte le forme di lavoro: per il lavoro subordinato, per le partite Iva, per il lavoro autonomo. Al tempo stesso penso che sia giusto fissare anche una quota oraria sotto la quale nessun lavoratore può essere pagato”.

Insieme a questo non è più rimandabile una legge sulla rappresentanza. "Riconoscimento, anche per via legislativa, del valore generale dei contratti e certificazione delle rappresentanze delle confederazioni sindacali e delle associazioni datoriali, sono strumenti decisivi per cancellare davvero i contratti pirata. Si tratta di applicare gli articoli 36 e 39 della nostra Costituzione".

Lotta alla precarietà

"Per superare il fenomeno del lavoro povero - dice ancora Landini -, è necessario contrastare la precarietà. Anziché liberalizzare i contratti a termine ed estendere i voucher come ha fatto il governo, bisognerebbe superare il Jobs Act, il lavoro a chiamata, quello intermittente e cancellare le tante forme di assunzione che sono state introdotte dalla legislazione a partire dagli anni ‘90. Introducendo un contratto unico d’inserimento, fondato sulla formazione e finalizzato alla stabilizzazione”.

Il potere d'acquisto dei salari si è ridotto del 15% negli ultimi due anni e l'inflazione è aumentata, ricorda il segretario: "Per questo è necessario aumentare i salari. Esattamente ciò che non stanno facendo il governo, con le misure che fino ad oggi ha attuato, e quelle controparti che da anni bloccano il rinnovo dei contratti”. L'intervento sul cuneo contributivo è temporaneo, quindi non convince: "Vogliamo che diventi strutturale; mentre nel Def si mette in alternativa qualche beneficio fiscale con gli aumenti salariali nei contratti nazionali. In sostanza si sceglie di non intervenire su profitti ed extra profitti e si decide di non tutelare il potere di acquisto dei salari e delle pensioni. C’è bisogno di una svolta profonda".

L'importanza dei rinnovi

In tal senso il rinnovo dei contratti "è un punto decisivo", prosegue Landini: "Riguarda non solo il governo, ma anche le imprese e le loro associazioni di rappresentanza. Gli aumenti salariali devono andare oltre l’inflazione reale, devono essere garantite la qualità del lavoro e la sua sicurezza, la stabilità occupazionale superando la precarietà, il diritto alla formazione permanente, gli investimenti sull’innovazione e la qualità del prodotto".

Come sempre sul tavolo c'è il nodo delle risorse. Il sindacato ha indicato più volte dove trovarle: "Vanno prese dove ci sono. Per questo è necessaria una riforma del fisco che sia progressiva e redistributiva, tassi di più le rendite finanziarie e immobiliari rispetto al lavoro dipendente e alle pensioni, contrasti davvero l’evasione fiscale che ammonta a oltre cento miliardi l’anno. Quella sul fisco è una battaglia decisiva".

Il confronto col governo non esiste

Il confronto col governo "di fatto non esiste", spiega Maurizio Landini. "Ci convocano, ma i tavoli si dimostrano finti, perché senza possibilità di reali trattative. Su lavoro, salute e sicurezza, fisco, pensioni, sanità, politiche industriali, non ci sono risposte. Siamo di fronte a un governo - dunque - che ha scelto di non negoziare con i sindacati e che non sta riconoscendo alle organizzazioni sindacali confederali, che rappresentano milioni di persone, il proprio ruolo”.

La mobilitazione continua

Per tutte queste ragioni la mobilitazione sindacale continua. "Abbiamo già avviato nel mese di maggio, con le manifestazioni a Bologna, Milano e Napoli, indette con Cisl e Uil. Lo scorso 24 giugno, insieme a tante associazioni laiche, cattoliche, di cittadinanza attiva, abbiamo promosso una grande manifestazione a Roma per il diritto alla salute delle persone e la sicurezza nei posti di lavoro; il prossimo 30 settembre saremo di nuovo a Roma e avremo tante nuove adesioni per contrastare la precarietà, per il salario e un welfare pubblico e universalistico, per sostenere il rinnovo dei contratti, per dire no all’autonomia differenziata e rivendicare l’attuazione della nostra Carta Costituzionale". Altri appuntamenti, il 13 luglio lo sciopero nazionale dei ferrovieri e la mobilitazione europea della Ces, prevista per alcune giornate di settembre e ottobre. Alla domanda sullo sciopero generale, infine, Landini risponde: "Non escludiamo nulla e siamo convinti che ci sia bisogno di utilizzare tutti quegli strumenti di lotta utili per cambiare le politiche del governo".