Negli ultimi mesi del 2018 sembrava tutto finito. Non era la prima volta, ma adesso sembrava davvero fosse l’ultima. E allora, una mattina, 19 lavoratori partono dal cantiere navale tutti assieme e vanno alla Camera del lavoro. “Erano disperati, esasperati, erano mesi che non percepivano lo stipendio”, racconta Angelo Leo, segretario generale della Fiom Cgil di Brindisi: “Un lavoratore ha la dignità di lavoratore quando non è un servo e quando porta la sua giusta retribuzione a casa. Da lì è partita la nostra richiesta alla task force regionale per le aree di crisi di mettere tutto il proprio peso per cercare di risolvere questa situazione”.

La storia dei cantieri navali di Brindisi è lunga e travagliata. Inizia nel primissimo dopoguerra in maniera del tutto artigianale, con i maestri d’ascia della famiglia Balsamo. La svolta “industriale” si ha nel 1972, quando subentra la famiglia D’Astore, pur mantenendo Cantieri Balsamo come nome: più di un trentennio di lavoro, poi nel 2007 la crisi (settoriale e aziendale) e il fallimento. A metà anno si formano due nuove società, Cantieri Balsamo Shipping e Damarin, e l’attività riprende. Nel gennaio 2012 l’intera famiglia D’Astore viene arrestata per concorso in bancarotta fraudolenta: nell’aprile 2014 sono tutti assolti con formula piena, ma il danno industriale e d’immagine è notevole. Si susseguono cassa integrazione, mobilità, lavoro intermittente, fino a un nuovo fallimento, che formalmente avviene nel gennaio 2020.

Ma già un anno prima si era riaccesa una fiammella di speranza. In task force si era presentato un giovane ingegnere e imprenditore napoletano, Donato Di Palo, rappresentante del Gruppo Piloda, una holding familiare (250 dipendenti) attiva fin dagli anni Quaranta nel campo nell’edilizia. La cantieristica navale è un recente asset del gruppo, che in quel comparto è in forte ascesa: le infrastrutture possedute in Campania sono ormai sature di lavoro e cominciano a diventare “strette” per tutte le commesse ricevute, si manifesta quindi l’esigenza di avere altri spazi dove sviluppare le attività.

“La prima volta che sono venuto in questo cantiere era il 16 febbraio 2019”, ricorda Di Palo: “Ebbi questa sensazione di abbandono, i dipendenti giravano senza praticamente fare nulla, ma con un’espressione mesta sul viso, con la testa in basso. Vidi un cantiere fermo. Mi resi conto, però, che c’era un potenziale fortissimo, dovuto al fatto che in questa porzione dell’Adriatico infrastrutture come queste ce ne sono pochissime”. Ma c’è anche dell’altro, molto altro. “A far scaturire un interesse forte, poi, fu l’essere entrato in contatto con alcuni dipendenti”, riprende l’imprenditore: “Parlai con loro, cercai di capirne la storia, le esperienze, quello che avevano fatto. Intravidi un forte senso di appartenenza al luogo e al lavoro, condito sicuramente da professionalità. Capii, insomma, che c’era un’affezione importante al cantiere”.

Nel dicembre 2019 si forma la nuova società, il Consorzio cantieri riuniti del Mediterraneo (costituito tra Società Operazione, Sea & Yachting e Marine Management & Supplies), ma ci vorrà ancora più di un anno, e circa venti incontri in task force con Regione Puglia, Prefettura e Autorità portuale, per arrivare all’inaugurazione della nuova struttura. “La prima condizione che abbiamo posto è stata la riassunzione di tutti i 19 lavoratori che già operavano nel cantiere”, illustra Angelo Leo: “Abbiamo poi detto che, a fronte della crescita che si leggeva nel piano industriale occupazionale, allora bisognava aggiungere anche la manodopera che aveva perso il lavoro nell’aerospazio, e che non lo avrebbe mai più ritrovato perché il settore era in crisi. Entrambe le nostri condizioni sono state soddisfatte”.

Oggi il Consorzio annovera 75 dipendenti, impegnati anzitutto nel core business dell’azienda, ossia il refitting (riparazione e manutenzione) di navi commerciali e da diporto. Il cantiere brindisino si estende su un’area di 40 mila metri quadrati e vanta uno scalo di alaggio per navi fino a 110 metri di lunghezza, una vasca di alaggio con travel lift, un bacino galleggiante per unità fino a 75 metri e 1.500 tonnellate, un’officina di lavorazione delle parti meccaniche, oltre a uffici, mensa, palestra e foresteria (a disposizione sia dei dipendenti sia degli equipaggi esterni), per un investimento complessivo superiore ai tre milioni di euro.

“Qui è pieno di lavoro”, riprende il segretario generale Fiom Angelo Leo: “I programmi sono di aumento ancora delle commesse. Non solo andranno in pensione i vecchi lavoratori, che stanno in questo cantiere da più di trent’anni, ma qui andranno in pensione pure i ragazzi appena entrati”. Il piano industriale 2021-2024 prevede un investimento di circa 30 milioni di euro (con compartecipazione pubblica) e circa 75 nuove assunzioni. “Il cantiere ha un importante potenziale ancora inespresso”, conclude il procuratore speciale del Consorzio Donato Di Palo: “La mia visione è creare un hub per tutte le attività che hanno a che fare con il mare, dalle manutenzioni delle piattaforme petrolifere alla costruzione di impianti off-shore, a tutte le costruzioni metalliche che hanno dimensioni e volumi tali che possono essere costruite solo in un fronte mare, perché il trasporto sarebbe impossibile”.