Alessandro Morricella morì a 35 anni. Di professione operaio dell’Ilva allo stabilimento di Taranto, il giovane venne investito da un getto di ghisa sul piano di colata dell'altoforno 2. Si spense dopo quattro giorni di agonia. Era il 12 giugno del 2015. Oggi, 29 febbraio, a quasi nove anni di distanza, il Tribunale di Taranto ha inflitto tre condanne: 6 anni di carcere a Ruggero Cola, allora direttore dello stabilimento, e 5 anni al direttore dell'area ghisa Vito Vitale e al capo area Salvatore Rizzo.

“Quella fiammata non fu una fatalità – hanno detto Giovanni D’Arcangelo e Francesco Brigati, segretari generali della Cgil e della Fiom provinciali –. Quel fuoco che uccise l’operaio Alessandro Morricella ha nomi e responsabilità precise che oggi una sentenza del Tribunale Penale di Taranto identifica con estrema precisione, rafforzando il timore che come Cgil e Fiom continuiamo a denunciare, ovvero quello che possa accadere ancora”.

E Fiom e Cgil di Taranto sono state anche le uniche sigle sindacali a essersi costituite parte civile nel processo sulla morte del giovane operaio.

“Le gravi ustioni di Alessandro Morricella furono il segno distintivo di una strage che poteva essere evitata – continuano D’Arcangelo e Brigati –, ma che in assenza di adeguate misure tecniche e organizzative, di particolari schermi di protezione o altri mezzi idonei a difendere la sicurezza e la salute dei lavoratori, confermano, purtroppo, il calvario di denunce inascoltate che affollano i nostri archivi confederali e di categoria”.