La forza del sindacato confederale. La forza della Cgil. La misuri anche da iniziative virtuose sul territorio, che riescono a declinare perfettamente, attraverso le testimonianze dei protagonisti, le ragioni di una mobilitazione in difesa della nostra Costituzione che parla di tutti noi e rivendica diritti per tutti noi. Metti un lavoratore della sanità e uno della scuola al centro di un’assemblea sindacale di lavoratori metalmeccanici. A Modena è successo nei giorni scorsi: un progetto comune tra le categorie Fiom, Flc e Fp Cgil ha portato delegati della Scuola e della Sanità a intervenire nel corso di sette diverse assemblee convocate dalla categoria dei meccanici modenesi alla Rossi Spa, storica azienda cittadina di riduttori, motoriduttori e motori elettrici che conta quasi 700 dipendenti divisi su due diversi stabilimenti, uno in città e uno a Ganaceto.

La forza del sindacato confederale

Quelle alla Rossi sono le prime assemblee di un percorso che è iniziato in questi giorni e che proseguirà subito dopo la pausa estiva con momenti analoghi in altre aziende della provincia di Modena in preparazione della grande manifestazione a difesa della Costituzione del prossimo 30 settembre. Hai voglia a sintetizzare le ragioni di una protesta e a portarle in assemblea in una relazione che snocciola tesi, concetti e numeri. Se a parlare è un’infermiera, un professore o un autista di ambulanze, un lavoratore come quegli operai che lo stanno a sentire, allora l’attenzione e la partecipazione cresceranno e crescerà la sensazione di pericolo di fronte agli attacchi e alle limitazioni che ogni giorno colpiscono diritti fondamentali. La preoccupazione per un genitore anziano che ha bisogno di più sanità pubblica o di un figlio che a scuola stenta perché la situazione è quella che è. Ecco la forza del sindacato confederale. Ognuno porta con sé il suo pezzo di testimonianza e tutti insieme si cerca di cambiare il mondo. A piccoli passi. Assemblea dopo assemblea, racconto dopo racconto. Consapevoli del fatto che l’operaio che uscirà dalla sala sindacale dopo quell’ora avrà davvero contezza di come funziona – o meglio, sta funzionando sempre meno – quella rete di servizi e di welfare che dovrebbe proteggere i cittadini e migliorare le loro vite.

Le reazioni degli operai

Informazioni utili, orgoglio e tanta solidarietà

“La presenza di un lavoratore della sanità e dell'istruzione – ci ha detto Stefano Ferrari, Rsu Fiom Cgil Rossi Spa – ha reso lo scopo di questa assemblea molto più utile e comprensibile. Quando a spiegarti le cose sono i testimoni diretti di un disagio e sono lavoratori come te cade quel muro di diffidenza che a volte si crea con chi è lì a parlarti perché ha un titolo professionale. Ad ascoltare quei racconti ho provato un forte senso di solidarietà. Quando ritrovi nelle parole che ascolti dei punti in comune che esistono, dopo troppo tempo nel quale ci hanno fatto credere che fossimo contrapposti, riesci a metterti nei panni degli altri e a sentirti la parte sana di questa società: lavoratori, cittadini e genitori non possono più essere trattati come se fossero persone diverse, con interessi diversi. Le ragioni che ci legano oggi sono più di quelle che ci dividono”.

“Informazioni utili, orgoglio e tanta solidarietà”, è la sintesi di un’assemblea che ha lasciato il segno anche per Andrea Gargiulo, operaio in produzione alla Rossi Spa. Si rincorrono le stesse parole d’ordine, le stesse sensazioni, nella testimonianza delle tute blu che hanno affollato la sala e ascoltato con il fiato sospeso le cronache dei lavoratori di scuola e sanità.

“Una grande empatia coi lavoratori presenti all’assemblea – conferma l’impressione generale Roberto Lanzotti, un’altra Rsu Fiom alla Rossi Spa –. Penso che difficilmente sarebbe successo se fossero stati presenti solo funzionari. Poi è vero che le doti di chiarezza e coinvolgimento dipendono dalle singole persone, ma posso affermare che il livello di attenzione agli argomenti riportati è stato molto alto e che questa sia stata una delle migliori assemblee svolte negli ultimi anni. Personalmente ho provato un grande senso di solidarietà coi lavoratori di sanità e scuola e la consapevolezza che le problematiche del mondo del lavoro non possono essere affrontate a compartimenti stagni perché comunque ti rispecchi in alcune situazioni – su tutte il precariato – e per altri aspetti ne sei comunque coinvolto come cittadino, visto che istruzione e sanità erogano servizi”.

Le testimonianze dei lavoratori di sanità e scuola

Un infermiere che non riposa dopo un turno di notte o che lavora 12 ore consecutive per turno, non garantisce la stessa attenzione e la stessa qualità di un infermiere che riposa

Contaminazione resta la parola chiave di questo esperimento che cerca di spiegare a chi non lavora nella scuola e nella sanità, ma conosce questi settori da cittadino/utente, da paziente, da genitore, perché le cose stanno diventando sempre più difficili. Raccontare queste realtà a chi le ha vissute o le vive solo in superficie vuol dire, per esempio, spiegare che tagli e mancate assunzioni in sanità comportano ferie saltate e turni massacranti per gli operatori sanitari con innegabili ripercussioni sul servizio. Così come nella scuola l’altissimo numero di insegnanti precari compromette la continuità didattica, mentre nelle classi con 26/27 alunni – o addirittura 30/31 – diventa praticamente impossibile riuscire a garantire a tutti la dovuta attenzione e il rischio di perdere qualcuno è più che concreto. È lo scambio di informazioni sul campo la forza del sindacato confederale e lo scopo ultimo di questa contaminazione, come ci spiega Paolo Del Fine, infermiere all’Ospedale Policlinico di Modena e Rsu Fp Cgil. “La salute pubblica è interesse della collettività. Disinvestire nel Servizio Sanitario Nazionale non significa arrecare un danno solo a chi ci lavora, ma a tutti i cittadini che non potranno avere risposte di qualità e in tempi brevi per i propri bisogni di salute. È fondamentale il coinvolgimento di tanti altri lavoratori di settori ancora differenti, perché, quando si parla di servizio pubblico, si sta parlando di comunità. Credo che ascoltare il lavoratore della sanità spiegare le criticità del suo settore abbia un impatto notevolmente più forte che leggere le notizie sui giornali. Per questo penso che il progetto messo in campo dalla Cgil e dalle sue categorie sia tanto semplice quanto straordinario. E sia una risposta alle scelte politiche di questo governo di tagliare i fondi alla sanità, alimentando inevitabilmente la carenza di personale, il blocco del turnover, il blocco delle ferie, il fenomeno dei riposi saltati, quello dei doppi turni, le liste d'attesa interminabili. Noi lavoratori siamo sempre più stanchi e sempre meno concentrati, la qualità dell'assistenza è a rischio. Perché un infermiere che non riposa dopo un turno di notte o che lavora 12 ore consecutive per turno, non garantisce la stessa attenzione e la stessa qualità di un infermiere che riposa. Noi, con il dovuto rispetto per gli altri lavoratori, abbiamo a che fare con vite umane, un nostro errore può costare molto caro”.

Dalla sanità alla scuola la situazione non cambia. “Cresce la distanza tra cittadini e politica – ci ha spiegato un altro dei relatori delle assemblee alla Rossi Spa, Alessandro Lattarulo, Rsu Flc Cgil all’Istituto Lazzaro Spallanzani di Castelfranco Emilia e presidente dell’Assemblea generale della Flc di Modena –. Il comparto scuola non fa eccezione. E anche i docenti sono da un lato disillusi rispetto alla possibilità di intervenire, in maniera organica, sui decennali nodi della scuola. Dall’altro hanno sviluppato una tendenza corporativa e di chiusura, figlia, in larga misura, oltre che dello spirito dei tempi, dell'inaccettabile precariato. Si pensi che solo nell'anno scolastico appena alle spalle, quasi un docente su quattro era precario. La scuola è stata svuotata della propria ragion d'essere che passa per l'azione unitaria della propria comunità educante. Se alla gerarchia tra docenti di ruolo e supplenti si aggiunge che questi ultimi rimangono spesso per anni in attesa di chiamata da concorsi che hanno vinto, con regole diverse, il gioco è fatto: il divide et impera regna sovrano. E allora, a fronte di regole riscritte ex novo da tutti i ministri succedutisi negli ultimi anni, la creazione di diseguaglianze nella sofferenza della precarietà porta a una chiusura individualistica, a maturare la convinzione che ciascuno debba risolvere i propri problemi autonomamente, magari affidandosi a chi propone sempre e soltanto la scorciatoia del tribunale. In questo quadro dobbiamo ripartire dalla rivendicazione del salario e di un lavoro 'buono', stabile e non precario, che aiuti a poter costruire una prospettiva di vita. Da condizioni di lavoro che abbattano i livelli di stress”.

“Per parlare agli altri lavoratori la collaborazione immaginata a Modena tra le diverse categorie aveva lo scopo di avvicinare a una realtà anche sindacalmente più effervescente, come quella dei metalmeccanici, le esperienze di altri lavoratori partendo da chi, durante il periodo pandemico, ha garantito i servizi essenziali, sia pure in modalità differenti, come i medici e gli infermieri e i docenti e il personale ATA. Il passato prossimo come terra comune e il futuro prossimo come terreno di conflitto, giacché molto rilievo è stato dedicato al DDL Calderoli sull'autonomia differenziata che sembra il viatico per spianare la strada a uno spezzettamento ulteriore, ben più che federalistico, che porterebbe ad avere Scuole e Sanità multiple e deboli. E crollando Scuola e Sanità crollano, con effetto domino, anche tutti gli altri settori, aumentando il potere contrattuale del versante datoriale. La salvezza passa per la ritessitura di un sentimento comune. È l'unica strada percorribile, perché poi, di fronte a macrofenomeni come l'inflazione, a rimetterci in termini di potere d'acquisto, che si sia infermieri, collaboratori scolastici o metalmeccanici, sono tutti i lavoratori salariati”.

“Il progetto è un modo diretto di portare ai lavoratori le istanze di due pilastri come sanità e istruzione, settori che riguardano lavoratori ma anche cittadini – ci ha raccontato Angela Portagnuolo, infermiera Ospedale Baggiovara e Rsu Fp Cgil –. Con la testimonianza nuda e cruda si riesce ad arrivare al cuore e alla pancia di tutti. Per me è stata un’esperienza molto forte. Vedere tutta quella partecipazione e quell’attenzione da parte degli operai è stato bellissimo a livello umano. Mi sono chiesta quanti lavoratori della sanità avrebbero risposto allo stesso modo se a una loro assemblea avessero parlato lavoratori di altri settori. Un’esperienza costruttiva. Perché i settori sono tanti, ma il lavoro è uno solo. Per questo è importante lottare insieme e dare un segnale più grande a chi decide”.

“Il Covid ha reso evidenti problematiche che erano ormai esistenti da anni. E dopo tre anni in cui ci hanno spremuti, ci ritroviamo ad assistere a una vera e propria crisi, a uno spostamento della forza lavoro verso il privato. Chi ha offerte migliori prende altre strade. E noi nel pubblico ci troviamo a corto di personale e costretti a rinunciare a ferie e riposi, dopo anni che ci hanno messo a dura prova anche a livello emotivo. Il Sistema Sanitario Nazionale non può reggere sul senso del dovere e sulla buona volontà di chi ci lavora. Ci vogliono investimenti. Anche per non abbassare il livello qualitativo dei servizi che eroghiamo. Se devo lavorare per tre, ma sono da sola, arrivo dove posso. La situazione è veramente drammatica e credo che questo progetto ha la finalità di farlo capire agli altri cittadini”.

Oggi più che mai ci si deve chiedere a cosa serva la scuola. Serve a diventare cittadine e cittadini consapevoli, non solo istruiti ma in grado di distinguere le informazioni false da quelle fondate

Torniamo a scuola con Sarah Cruso, insegnante della scuola media dell'Istituto Comprensivo n.4 di Modena e Rsu Flc Cgil, con una considerazione che fa riflettere e avrà certamente colpito anche l’aula dei metalmeccanici che l’hanno ascoltata. “Oggi più che mai ci si deve chiedere a cosa serva la scuola. Serve a diventare cittadine e cittadini consapevoli, non solo istruiti ma in grado di distinguere le informazioni false da quelle fondate, interessati al mondo, in grado di formarsi opinioni, in grado di dissentire. Non si va a scuola per accumulare conoscenze o per imparare un lavoro, ma per imparare a essere liberi di scegliere, per acquisire strumenti che orientino nelle scelte future. Questa è la scuola che serve. Ci sono però condizioni che rendono difficile il raggiungimento di questi obiettivi. L’elevato numero di alunni per classe, dai 25 ai 29. Per gestire la complessità è necessario più personale, per poter realizzare un rapporto docente-alunno più significativo e numericamente sostenibile. È necessario investire in tempi, spazi, personale. È necessario ridurre il lavoro precario, per evitare che chi apprende veda cambiare il proprio punto di riferimento di anno in anno e per dare respiro a chi lavora, affinché possa farlo sulle lunghe durate e con una progettazione di ampio respiro. Prima di parlare di merito inoltre bisognerebbe valutare se lo si è perseguito a parità di condizioni di partenza, perché se così non è non si tratta di “merito” ma di privilegio e confondere i due piani rischia di produrre una scuola sempre più classista. È chiaro che al tempo di lavoro si aggiunge la questione del salario. Proprio per tutte queste criticità ho trovato importante l’iniziativa della Cgil: è bene che si creino occasioni che valorizzino il ruolo dei corpi intermedi presso gli stessi lavoratori, soprattutto in un momento in cui si cerca di sminuirli nei processi di negoziazione. Perché se è vero che chi vota ha di fatto scarso potere decisionale, è anche vero che è chi lavora che mette in moto o blocca il paese, e quindi ha la possibilità di esercitare forti pressioni”. 

“Entrare nel mondo dei metalmeccanici – ci ha raccontato Luca Gherardi, autista soccorritore 118 e Rsu Fp Cgil – mi ha regalato tante sensazioni. Soprattutto la sorpresa di capire che ognuno di noi non sapeva come funzionasse il lavoro dell'altro. Mi ha fatto sentire bene raccontare cosa c'è dietro il nostro lavoro: i turni continui, i mancati riposi, l'indisponenza di alcuni pazienti o parenti, gli stipendi più bassi dell'Ue e la difficoltà di trovare operatori che vogliano rimanere nel mondo della Sanità. Allo stesso modo spero di aver trasmesso l’umanità che contraddistingue spesso i lavoratori della sanità e che ci permette di tenere botta anche in questo periodo dove la fiducia e il rispetto verso le nostre strutture viene messo a dura prova da una campagna di disinformazione mediatica e da un pensiero fortemente critico e sociale capace solo di insinuare "cattiveria" nel pensiero delle persone. Solo informandoci, capendo, vivendo e leggendo quanto ci succede intorno possiamo pensare di migliorare la società, la nostra comunità, quella dei nostri piccoli e dei nostri anziani: questo ritengo sia l'obiettivo più nobile del progetto”.

“È un vecchio metodo sindacale – ci ha spiegato Fernando Veronesi della Fp Cgil Sanità Modena –  quello che tende a unire nella lotta lavoratori e cittadini. Aver scelto di coinvolgere la categoria dei metalmeccanici deriva dal fatto che, su tali lavoratori, da tempo si è abbattuta una mannaia che ha degradato la loro realtà lavorativa su tanti aspetti, da quello economico a quello della sicurezza sul lavoro. Un modello di coinvolgimento di lavoratori di diversi settori che deve essere riproposto e che è molto efficace”. 

Alla prossima assemblea, dritti verso il 30 settembre. Contaminare i mondi del lavoro per creare il clima che porterà persone consapevoli e informate in piazza. Da Modena e non soltanto.

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