Mentre poliziotti, carabinieri, finanzieri e penitenziari ogni giorno, con sempre maggior fatica, cercano di garantire l'ordine e la sicurezza pubblica, lavorando fianco a fianco nei territori, qualcuno a Roma - consapevole di non aver messo un euro per il rinnovo del contratto di lavoro scaduto da più di 544 giorni, che da oltre 2 mila giorni i nostri dirigenti attendono la prima sottoscrizione del loro contratto, per non parlare degli organici che restano in grande sofferenza e di mezzi e strutture che sono fatiscenti - tenta di dividere le lavoratrici e i lavoratori in divisa.

Abbiamo un presidente del Senato che vede solo stellette e un ministro della Difesa che al batter di tacchi di qualche generale dell'Arma si emoziona come un bambino. Nei giorni scorsi si è unito al gruppo, improvvidamente, anche il vice ministro della Giustizia Paolo Sisto che, anziché pensare ai problemi enormi del settore di cui dovrebbe occuparsi, non ha trovato di meglio che chiedere l'intervento dell'esercito a Bari, ritenendo evidentemente inutile il lavoro delle forze di polizia e soprattutto confondendo artatamente sicurezza interna, difesa e sicurezza esterna, confondendo professionalità e specializzazioni diverse. Se a tutto questo si unisce il fastidio, palese, che questo governo dimostra nel confrontarsi coi sindacati, anche del nostro comparto, ben si comprende che siamo di fronte a un problema serio.

La recente nomina del generale Figliuolo come commissario alla ricostruzione in Emilia Romagna accredita in qualche modo presso un'opinione pubblica disorientata dalla crisi economica e dalle mancate, concrete risposte di chi ha responsabilità di governo, l'idea che i militari possano risolvere tutto e siano l'unica garanzia di serietà e onestà.

Il tentativo di rimilitarizzazione strisciante è il paradigma peggiore di chi ha vinto le elezioni nel nome dell'ordine e della sicurezza, costituendo anche il miglior tentativo di distrazione di massa, presso l'opinione pubblica, rispetto ai problemi delle lavoratrici e dei lavoratori in divisa che hanno stipendi non dignitosi, che sono senza contratto dal 2021, che continuano a percepire in ritardo straordinari e accessorie, che nei prossimi anni avranno pensioni da fame. Questo solo per citare alcuni dei grandi problemi.

Per tale motivo il Silp Cgil e la Cgil restano e sono mobilitati. Come raccontiamo all'interno di iPol, abbiamo recentemente riunito i segretari generali regionali del nostro sindacato a Firenze proprio per concretizzare ulteriori iniziative di protesta a luglio. Da mesi siamo in campo con la Cgil e continueremo a esserlo. Per sostenere la centralità del lavoro, per difendere i diritti acquisiti e per conquistare nuovi diritti, per non cedere a derive securitarie e aprire sempre di più il nostro mondo alla democrazia e alla trasparenza.

Pietro Colapietro è segretario generale Silp Cgil