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“Serve un’azienda pubblica e un piano industriale che garantisca tutte le occupate e tutti gli occupati. Su questa strada vogliamo riaprire il confronto con il governo”. A dirlo è il segretario generale Fiom Cgil Michele De Palma, oggi (lunedì 22 dicembre) a Taranto per incontrare i delegati sindacali all’interno dello stabilimento ex Ilva.
La visita s’inserisce nel percorso di confronto avviato dalla Fiom nei siti del gruppo, in una fase definita “particolarmente delicata per il futuro industriale e occupazionale”. Durante l’incontro De Palma ha raccolto segnalazioni e valutazioni dai delegati, denunciando uno scollamento tra la realtà vissuta dai lavoratori e le rassicurazioni istituzionali.
“C’è chi al governo dice che va tutto benissimo, noi continuiamo a pensare che non sia così”, spiega il leader sindacale: “L’unica soluzione è che la presidente del Consiglio si assuma la responsabilità di convocare il tavolo a Palazzo Chigi. E la strada passa per la creazione di una società partecipata pubblica che realizzi il piano di decarbonizzazione. Un piano che è stato condiviso con il governo e con i commissari, e che prevede otto anni di transizione con Dri e forni elettrici a Taranto e Genova”.
De Palma è molto critico sulla gestione produttiva: “È incredibile che l’unica certezza oggi sia la cassa integrazione, nonostante la produzione di acciaio sia sostanzialmente la stessa dell’anno scorso, ma con più persone fuori. Una situazione che colpisce soprattutto le manutenzioni. Senza dimenticare la situazione drammatica dei lavoratori degli appalti, con il rischio concreto di licenziamenti, e le tante persone che non hanno ancora ricevuto nemmeno la tredicesima”.
La risposta non può essere la cassa integrazione tradizionale. Per il dirigente sindacale “va varato uno strumento straordinario, una ‘cassa per la transizione’, in cui i lavoratori non vengano messi in cassa integrazione ma facciano vera formazione. Servono poi ricollocazioni anche in nuove aziende che possono sorgere nell’area e utilizzare l’acciaio prodotto a Taranto”.
Critiche, infine, all’azione del governo: “Il divide et impera messo in campo convocando tavoli separati per singole realtà non ha portato soluzioni. Ha lasciato una situazione drammatica, perché il ciclo corto e il piano di chiusura non sono stati ritirati”.
























