Sono partite lunedì 6 maggio le lettere di licenziamento per 59 dipendenti (su 80) alla Moreschi di Vigevano (Pavia). L’azienda calzaturiera, di proprietà dal gennaio 2022 di Luca Scalfi, titolare del fondo d’investimento svizzero Hurley Sa, il 19 febbraio scorso aveva annunciato la chiusura del reparto produzione dello storico stabilimento (fu fondato nel 1946).

Sabato 4 maggio azienda e sindacati hanno siglato un accordo complessivo sia sui licenziamenti sia sulle spettanze arretrate, intesa che è stata approvata dai lavoratori all’unanimità e ratificata in Regione Lombardia. La proprietà si è impegnata anzitutto a versare entro fine maggio tutti gli stipendi ancora mancanti (l’ultimo risaliva a febbraio).

I fondi integrativi, il Tfr (che andava saldato anche al personale uscito nella tornata di esuberi del luglio 2023) e tutte le altre spettanze verranno corrisposte in due tranche: la prima, pari al 30%, entro il 30 giugno prossimo; la seconda, pari al restante 70%, entro il 14 luglio. Introdotta anche una clausola di salvaguardia: qualora l’azienda risultasse inadempiente, i lavoratori potrebbero esigere i pagamenti in una unica soluzione.

L’accordo ha anche individuato l’incentivo all’esodo: ogni lavoratore riceverà 4 mila euro. “È un compromesso tra i 2 mila proposti dall’azienda - spiega il segretario provincia Filctem Cgil Pavia Michele Fucci - e i 7.800 chiesti da noi. Lo abbiamo accettato sia a fronte di un pagamento sicuro e immediato di tutte le spettanze sia dell’introduzione della clausola di salvaguardia”. I lavoratori licenziati, ovviamente, ora potranno accedere all’indennità mensile di disoccupazione Naspi.

Alla Moreschi, dunque, rimangono 21 dipendenti (personale amministrativo, logistica, controllo qualità e magazzino), che a breve saranno ricollocati in altra sede, sempre nel territorio pavese. Lo stabilimento è stato già venduto e sarà liberato entro settembre, mentre la produzione verrà spostata in altri stabilimenti fuori regione.

“Forte è il rammarico per non essere riusciti a evitare i licenziamenti”, conclude Fucci: “Una responsabilità che va addebitata unicamente all’indisponibilità al dialogo da parte dell’azienda, che evidentemente aveva un piano e che ci ha sempre messo davanti ai fatti compiuti. Se ci fosse stata un’apertura, la situazione si sarebbe potuta risolvere anche realizzando qui quella svolta green auspicata dalla proprietà”.