Saltano le trattative sindacali in doBank, importante servicer italiano indipendente per la gestione dei crediti. La rottura tra l'azienda e i sindacati "è arrivata quando - spiegano Fisac Cgil, Fabi, First Cisl e Unisin - il gruppo è uscito allo scoperto mettendo sul tavolo 160 esuberi su 1.214 dipendenti totali, prepensionamenti obbligatori e licenziamenti collettivi". Le organizzazioni dei lavoratori rimarcano che "nonostante 53 milioni di utile, il 30 per cento di dividendi in più per gli azionisti e un chief operating officer che con 4,9 milioni di euro è il secondo più pagato tra i manager bancari in Italia, doDank butta giù la maschera. Il gruppo denuncia 160 esuberi e pretende, con un'arroganza mai registrata in altre aziende del settore, di effettuare prepensionamenti obbligatori e licenziamenti collettivi".

"Eravamo stati chiari fin dall'inizio sull'impossibilità di un percorso che poteva portare a licenziamenti e a prepensionamenti obbligatori", spiegano i sindacati: "Con grande senso di responsabilità abbiamo cercato di mettere la stabilità occupazionale come punto cardine di un accordo che, fin da subito, ha avuto momenti di forte contrapposizione, anche ideologica, dove abbiamo nostro malgrado perso tempo con un'azienda che ha, come unica finalità, la riduzione di personale a ogni costo e addirittura in modo discrezionale. Con il principio di negoziare con il sindacato e contemporaneamente avere mani libere con una legge 223 già pronta nel cassetto". Così concludono sottolineano Fisac Cgil, Fabi, First Cisl e Unisin: "Chiusura delle filiali, trasferimenti, deroghe al contratto nazionale: questi i presupposti che possono trovare solo una fortissima contrapposizione del sindacato che fino a oggi ha cercato con grande senso di responsabilità un accordo equo solidale e stabile per tutti i lavoratori del gruppo"