Parla la dottoressa Paola Ceglie, medico di Ares 118, che ieri, insieme ai suoi colleghi, ha preso in carico Octav Stroili quando è stato liberato e portato in ambulanza. “Lavoro ormai da quattro anni nel sistema di emergenza sanitaria, sono adesso assegnata alla postazione San Giovanni e lavoro in automedica con il mio collega infermiere Alessandro Paoletti”.
“Intorno alle otto di ieri sera – ci racconta – abbiamo raggiunto Largo Corrado Ricci per dare il cambio ai colleghi del diurno che hanno fatto la guardia in appoggio alle squadre Usar (squadre specializzate dei Vigili del Fuoco nella ricerca e soccorso in zone disastrate e crollate). Ci avevano già detto che erano vicini a liberare il paziente dalle macerie. In questi casi siamo sempre preparati al fatto che anche i Vigili del Fuoco non lavorano in sicurezza per il pericolo di ulteriori crolli. Sapevamo che il paziente era già molto critico”.
“Appena arrivati – spiega la dottoressa – la scena era catastrofica, detriti ovunque, pietre ovunque. Le squadre Usar accompagnate da una componente sanitaria dell’Ares 118 ci hanno passato le informazioni che arrivavano dai Vigili del Fuoco sulle condizioni del paziente: ci siamo informati sulle criticità del momento e abbiamo fatto quello che facciamo ogni giorno. Al nostro arrivo la situazione era difficile, le squadre sanitarie e i pompieri stavano ancora cercando di capire come accedere al paziente, la posizione era molto critica, l’operaio era nel vuoto su due parti, abbiamo visto i video registrati dai Vigili del Fuoco”.
“Era impossibile, se non per piccoli tratti, che i sanitari salissero su perché la situazione era veramente pericolosa, solo una collega sanitaria delle Usar ha parlato con il lavoratore, io non sono salita sulla torre. Verso le 11 di sera il paziente è stato liberato e portato immediatamente sotto dalle squadre Usar. È stato immediatamente caricato in ambulanza per la stabilizzazione iniziale. Purtroppo è rimasto cosciente veramente per pochissimo, una caratteristica tipica dei traumi da schiacciamento, ce lo aspettavamo”.
“Io – ci ha detto Paola Ceglie – non ho scambiato neanche una parola con lui, era già in stato confusionale, fortemente ipoteso, non riusciva a comunicare, era senza forze. Inizialmente aveva il respiro spontaneo, ma solo per un minuto circa, nel quale noi ci siamo mossi per la stabilizzazione del trauma: sono stati messi gli immobilizzatori, gestite le ve aeree, eravamo tre colleghi in ambulanza, ognuno di noi aveva già i compiti assegnati, abbiamo fatto più cose in contemporanea come in ogni situazione di questo tipo. Ma il paziente era troppo critico ed è andato in arresto cardiocircolatorio dopo un minuto dall’entrata in ambulanza. Abbiamo iniziato la rianimazione, è stato defibrillato una prima volta, è andato in un ritmo non defibrillabile e quindi siamo partiti di corsa verso l’Umberto I. Noi gestiamo la fase critica del trasporto dal luogo dell’evento al pronto soccorso, preallertiamo l’Umberto I del tipo di trauma del paziente che trasportiamo, i colleghi erano già pronti e informati di tutta la situazione”.
“Purtroppo – ha detto la dottoressa – non è mai bello sapere, dopo tutti gli sforzi compiuti in territorio, che il paziente non ce l’ha fatta. Questo poi era un caso ancora più particolare, c’era stato un lavoro importantissimo, encomiabile da parte degli Usar per undici ore. E poi c’era stato un primo avvicinamento al lavoratore, poi un secondo crollo che ha complicato l’accesso al paziente. Questo ha reso la notizia della sua morte ancora più amara. E poi avere un paziente che perde la vita a 66 anni mentre lavorava è ancora più dura, perché dovremmo lavorare in sicurezza. Al nostro arrivo all’Umberto I c’era un’equipe già pronta e preparata. Ma nonostante tutto le sindromi da schiacciamento sono molto difficili da gestire, se non impossibili, e qui c’era stato uno schiacciamento di undici ore: il tempo passato è stato fatale sulla condizione del paziente”.
“Dopo tutto questo – conclude la sua testimonianza a Collettiva Paola Ceglie – noi, che eravamo di ‘ordinario’, al contrario degli Usar attivati per la situazione straordinaria, abbiamo risistemato la macchina, fatto un piccolo debriefing, come si fa nei casi particolari come questo, e poi siamo ritornati in turno fino alle 8 di questa mattina”.





















