Contro il lavoro precario e per difendere la buona occupazione. I lavoratori dei call center di tutta Italia hanno deciso di scioperare e di scendere in piazza. Per la prima volta il popolo delle telecomunicazioni si è dunque reso visibile, arrivando da tutta Italia, riunendosi a Roma e dando vita a quella che si presenta come la prima manifestazione nazionale del settore. Lo sciopero, appoggiato da Cgil, Cisl e Uil e dai sindacati di base, è stato organizzato “a difesa della buona occupazione, contro il dumping delle imprese più scorrette, per maggiori controlli ispettivi”. Ma anche, come si legge nella piattaforma presentata, “per una maggiore responsabilità dei committenti e per la stabilizzazione dei lavoratori precari ancora presenti nel settore”. Il corteo si è dunque mosso in maniera composta dal piazza della Repubblica a piazza Madonna in Loreto, passando per via Cavour e via dei Fori Imperiali. In un atmosfera gioiosa, e nonostante il cattivo tempo, sono scesi in piazza in migliaia, perlopiù giovani e molte donne.

A rischiare di più tra i lavoratori dei call center sono soprattutto i 120 mila precari che lavorano nel comparto. Il settore è da sempre l’emblema della deregulation selvaggia, del precariato usato con molta disinvoltura. Il caso Atesia è stato il primo a balzare agli onori delle cronache un paio d’anni fa, proprio per la sentenza dell’Ispettorato del Lavoro che riconosceva il lavoro in azienda come subordinato, e quindi non giustificava più i contratti a progetto che venivano regolarmente proposti ai lavoratori. Quella vicenda, però, non ha fatto troppa giurisprudenza. E i call center continuano ad essere terreno fertile per parecchi abusi. Sono decine, di fatto, le aziende che, ricorrendo al lavoro a progetto nonostante le recenti circolari del Ministero del Lavoro, continuano ad alimentare fenomeni di dumping, generando lavoro precario e mal pagato. Il tutto molto spesso a danno delle imprese che hanno stabilizzato i propri dipendenti e che vogliono investire sulla qualità, e dunque a danno degli oltre 24 mila lavoratori già stabilizzati. Il fenomeno del "dumping", infatti, non è limitato alla giungla dei lavoratori atipici, ma molto spesso riguarda anche gli stabilizzati delle aziende in outsourcing, che propongono ai committenti lavoratori e prestazioni elevate a costo inferiore finendo per bloccare le assunzioni presso le aziende madri.

Al corteo ha partecipato anche l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano. Damiano ha affermato di essere “sempre stato al fianco dei lavoratori precari, anche quando ero ministro. Infatti, la circolare che abbiamo emanato ha consentito, insieme agli accordi sindacali che abbiamo incentivato, di stabilizzare oltre 20.000 giovani lavoratori. Il processo di stabilizzazione, però, scade entro il mese di settembre, e non mi pare che l’attuale Governo si stia dando da fare per conclude altri accordi e mettere in atto nuove stabilizzazioni”.

Le richieste portate oggi in piazza dai lavoratori, dunque, vanno oltre il problema del precariato. I manifestanti hanno formulato richieste ben precise: rafforzare l’azione ispettiva iniziata durante il mandato Damiano (in particolare verso quelle imprese che lavorano sull’outbound), che i committenti sottoscrivano una vera e propria “carta delle responsabilità”, impegnandosi a non praticare gare al massimo ribasso, e attivare nuovamente il Tavolo nazionale sui Call Center presso il Ministero del Lavoro. Secondo i sindacati occorre infatti introdurre nel settore delle telecomunicazioni “clausole sociali innovative a garanzia dei lavoratori nei casi di cambi di appalto”.