Ancora cassa integrazione per i lavoratori di Alitalia. La compagnia aerea ha chiesto una nuova tornata di cigs, prorogando quella attuale, che scade sabato 23 marzo, per altri sei mesi, quindi fino al 23 settembre prossimo. Molto alto il numero dei dipendenti coinvolti: la proposta aziendale riguarda una platea di 1.010 persone, di cui 70 assistenti di volo, 90 comandanti e ben 850 addetti di terra. Il primo incontro (che si è tenuto mercoledì 6 marzo) non ha registrato alcun accordo: anzi, le parti sono rimaste molto distanti. Nella settimana appena trascorsa si sono svolti alcuni confronti “tecnici”: un lavoro di analisi puntuale e di avvicinamento che i sindacati si augurano possa portare oggi (lunedì 18 marzo), nel nuovo vertice che si tiene a Roma, alle ore 10.30 presso il ministero del Lavoro, a un’intesa con governo e società.

Sullo sfondo, intanto, resta lo stop nazionale di quattro ore di lunedì 25 marzo, indetto da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto aereo, che coinvolgerà, a eccezione dei controllori di volo, tutti gli addetti del settore (piloti e assistenti di volo, tecnici della manutenzione e personale di terra delle compagnie aeree, addetti all’handling, al catering e alle gestioni aeroportuali). “Alla base dello sciopero – spiegano i sindacati – c’è la situazione Alitalia, il cui esito non è affatto scontato, con circa 1.500 addetti ancora in cassa integrazione e la mancanza di un riscontro su alcune criticità gestionali e altre legate al costo del lavoro”. Le organizzazioni denunciano anche “la mancanza di certezze e di risorse adeguate al Fondo di solidarietà del settore, che ha permesso di gestire le crisi passate e che deve servire per accompagnare quelle in atto, causate dalla mancanza di regole che sta determinando crisi aziendali in tutti i comparti, mettendone a rischio l’occupazione”. Filt, Fit, Uiltrasporti e Ugl rimarcano pure la “mancanza di una concreta legislazione nazionale per il sostegno del trasporto aereo, che contrasti il dumping contrattuale e che preveda l’applicazione del contratto di settore e di regole chiare a salvaguardia dell'occupazione e dei salari”.

Ma torniamo alla questione della cassa integrazione, risalendo all’incontro del 6 marzo scorso. “Siamo lontani da un accordo e abbiamo bisogno di chiarezza sul piano industriale, sull'occupazione e sul Fondo straordinario del trasporto aereo”. Questo il commento del segretario nazionale della Filt Cgil Fabrizio Cuscito, sottolineando che “vogliamo la riduzione dei numeri del personale in cassa integrazione”. L’esponente sindacale ha ricordato che “l'unico settore dove diminuisce la richiesta, rispetto alla precedente cassa, è quello che riguarda gli assistenti di volo, che però come i piloti sono ormai ‘spremuti’ in termini di produttività, mentre aumentano i numeri tra il personale di terra, anche alla luce di 255 persone in meno nell'organico, e sono confermati i numeri tra i comandanti”. Per Cuscito la situazione della trattativa Alitalia “appare più complicata di quello che ci vogliono far credere. Chiediamo elementi di novità, che finora non ci hanno dato, soprattutto devono esserci sviluppo per la nuova compagnia, zero esuberi e nessun taglio contrattuale”.

Nella settimana appena trascorsa, si diceva prima, si sono tenuti alcuni incontri “tecnici”. Martedì 12 marzo è stato il turno del personale di terra (ground, manutenzione, amministrativi), che è il comparto maggiormente coinvolto (850 addetti) nella cassa integrazione. In occasione del vertice la Filt Cgil ha ribadito anzitutto che “i numeri sono troppo alti, visto che rispetto alla prima procedura il personale si è contratto, ci sono 255 lavoratori in meno”. La Federazione ha poi rimarcato il “criterio iniquo” alla base della cigs, considerato che alcuni scali non sarebbero quasi toccati dalla cassa, mentre altri (quelli minori) ne sarebbero colpiti eccessivamente. L’ultima questione posta dalla Filt riguarda il personale degli uffici, dove ci sono ben 170 dipendenti che sono da due anni in cassa integrazione a zero ore: il sindacato chiede “il loro ritorno al lavoro, facendoli rientrare nel programma di efficientamento aziendale e trovando loro un ruolo operativo”.