Un aumento medio di 167 euro al mese per il 2023, cui aggiungere per l’anno in corso l’erogazione straordinaria “una tantum” di una mensilità. Questa la richiesta economica che la Fiom Cgil avanzerà per il rinnovo dei contratti dei lavoratori dei gruppi Stellantis, Cnhi, Iveco e Ferrari.

La piattaforma contrattuale è stata presentata oggi (mercoledì 19 ottobre) a Roma nel corso di una conferenza stampa. I punti centrali sono l’aumento dei salari per recuperare il potere di acquisto, la salute e la sicurezza, le condizioni di lavoro, l’occupazione e la stabilizzazione dei lavoratori precari.

De Palma: "Serve un piano complessivo per l'automotive"

“Il mondo che esisteva prima, quello del contratto specifico di lavoro, è venuto meno”, ha esordito il segretario generale Fiom Cgil Michele De Palma: “Non vi è più ragione di avere un contratto fuori da quello collettivo nazionale di tutti i metalmeccanici. L’azienda non è più quella che abbiamo conosciuto in passato, i risultati aziendali sono diversi fra loro, anche la fotografia degli impianti è differente”.

Cnhi e Iveco, ad esempio, hanno rispettato il piano industriale di riorganizzazione siglato al Mise, gli stabilimenti registrano anche una maggiore presenza di lavoratori che ora vanno stabilizzati. “In Stellantis, al contrario, continuano gli ammortizzatori sociali – riprende De Palma – malgrado l’ultima trimestrale segnali risultati positivi sia per gli utili sia per i ricavi”.

A preoccupare, dunque, è soprattutto la situazione di Stellantis. “Non ci sono investimenti, assistiamo addirittura alla riduzione dei necessari interventi di manutenzione”, argomenta De Palma, sottolineando “il peggioramento delle condizioni di lavoro e l’utilizzo unilaterale da parte dell’azienda della prestazione lavorativa, senza rispetto delle regole ed esigendo una totale flessibilità dei lavoratori alla vita aziendale”.

In gioco è l’intero settore dell’automotive in Italia. “Il nostro Paese – riprende il leader Fiom – ha il maggiore sottoutilizzo degli impianti dell’Europa continentale. Un sottoutilizzo che vede le maggiori criticità negli stabilimenti di Melfi e Cassino, e che rischia, nell’assenza di un piano industriale complessivo del settore, di mettere in crisi tutto il vasto indotto della componentistica”.

I contratti della galassia ex Fiat, quindi, dovrebbero essere solo il primo passo per un ragionamento più generale sull’automotive. “Auspichiamo che il nuovo governo – conclude Michele De Palma – apra subito un tavolo negoziale sul percorso produttivo, occupazionale e sula grande questione della transizione industriale del settore. In tutta Europa se ne discute, si stilano piani e si stanziano investimenti per le imprese e misure per i lavoratori, solo in Italia non accade nulla”.

L'incertezza di Stellantis

La Fiom chiede che il piano industriale e occupazionale si tenga con i ministeri dello Sviluppo economico e del Lavoro perché “la situazione degli stabilimenti, l’incertezza delle prospettive industriali, gli efficientamenti e le uscite di lavoratrici e lavoratori, senza un piano sull’occupazione, stanno peggiorando le condizioni di lavoro”.

Nell’ultimo anno sono usciti oltre 5 mila addetti, a fronte di poche centinaia di assunzioni. L’utilizzo costante degli ammortizzatori sociali, in atto in gran parte dei siti, e il loro aumento negli ultimi mesi, stanno gravando “sui salari delle lavoratrici e dei lavoratori che devono affrontare anche l’aumento generale del costo della vita”.

La Fiom, inoltre, ritiene necessario “fissare un tetto ai dividendi e ai compensi di azionisti e manager, investendo le risorse per la riduzione delle emissioni degli impianti, per l’autonomia energetica e per la fabbrica verde”.

La riorganizzazione di Cnhi e Iveco

Il piano strategico quinquennale 2020-2024 “Trasform 2 Win” è stato oggetto di un confronto serrato tra azienda e sindacati, che ha portato alla condivisione di un accordo quadro, sottoscritto al ministero dello Sviluppo economico, che ha permesso di gestire una riorganizzazione complessa delle attività degli stabilimenti senza ripercussioni sulle lavoratrici e sui lavoratori.

“La separazione del gruppo in due distinte aziende, Cnhi e Iveco, impone di mantenere alta l’attenzione”, spiega la Fiom: “È necessario proseguire il confronto per implementare gli investimenti e continuare il percorso delle stabilizzazioni, che ha portato a sottoscrivere accordi in Fpt di Torino e Iveco di Suzzara, per affrontare le imminenti trasformazioni tecnologiche”.

Ferrari va in controtendenza

La produzione di auto di lusso è in forte controtendenza rispetto alla crisi dell’automotive. Ferrari è una delle aziende più rappresentative, che continua a migliorare i risultati economici, finanziari e produttivi. “Per questo – si legge nella piattaforma – è necessario aprire una nuova stagione di democrazia attraverso il confronto sul piano strategico per affrontare la transizione tecnologica e digitale e migliorare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori”.

Il salario: aumenti e "una tantum"

È necessario provvedere a un’erogazione straordinaria “una tantum” di una mensilità, utilizzando i bonus normativi di welfare e una quota aggiuntiva per il recupero immediato del potere di acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori.

Occorre anche stabilire aumenti della paga base: 8,8% per il 2023 e 5% per il 2024 (167 euro medi mensili per il 2023, 93 euro medi mensili per il 2024), con adeguamento nel caso in cui l’inflazione risultasse superiore.

La piattaforma prevede anche la richiesta di una quota d’integrazione del salario in caso di utilizzo di ammortizzatori sociali. “Occorre stabilire – aggiunge la Fiom – un nuovo sistema premiale che deve permettere la valorizzazione dell’impegno delle lavoratrici e dei lavoratori e la redistribuzione dei profitti, riconoscendo una quota fissa e una variabile su più indici”.

Le altre misure

Sono richiesti un nuovo sistema d'inquadramento, tutele per le donne vittime di violenza di genere, misure sul lavoro agile, misure per la salute e sicurezza, il diritto individuale alla formazione e una sperimentazione della riduzione strutturale dell’orario di lavoro. Necessari sono anche il coinvolgimento delle delegate e dei delegati attraverso la contrattazione di sito e il ritorno alle Rsu.

“Serve un patto sull’occupazione – spiega la Fiom – che garantisca i livelli occupazionali e avvii una reale rigenerazione della forza lavoro, che oggi vede un'alta età media degli addetti, attraverso accordi di accompagnamento alla pensione e assunzione di giovani lavoratrici e lavoratori”.

Per i metalmeccanici Cgil, inoltre, il lavoro a termine, in somministrazione e le forme di consulenze devono essere normati. Vanno anche previsti “percorsi di stabilizzazione certi e il diritto alla prelazione, anche attraverso l’utilizzo dei bacini”.

Le tre piattaforme

“Il progetto industriale che teneva insieme Stellantis, Cnhi, Iveco e Ferrari, sul quale si è giustificata l’uscita di Fiat da Confindustria e la forzatura del sistema di regole contrattuali, non c’è più”, conclude la Fiom: “Non c’è alcuna condivisione industriale, neanche più di carattere amministrativo, tra le aziende. È in tale contesto che si inquadra la scelta di Marelli di tornare all’applicazione del ccnl”.

Per queste ragioni la Fiom Cgil, le sue delegate e i suoi delegati hanno scelto “di presentare tre piattaforme con un filo conduttore unico: la riunificazione delle condizioni contrattuali delle metalmeccaniche e dei metalmeccanici”.