Sta per compiere trent'anni la messa al bando dell’amianto in Italia. Già nel marzo 1992 la legge 257 ne vietò l'estrazione, l'importazione, la commercializzazione e la produzione, secondo un programma di dismissione il cui termine ultimo era fissato per il 28 aprile 1994. Eppure la lunga scia di morti e malattie provocate dall’esposizione alla fibra killer non si arresta. Secondo le stime più attendibili, sono 24 milioni le tonnellate di amianto ancora presenti sul territorio italiano. E a farne le spese, molto spesso, sono gli operai edili.

Anche per questo è appena partita “Occhio all'amianto!”, una campagna nazionale d'informazione e sensibilizzazione dedicata al rischio da asbesto in edilizia, in particolare nelle ristrutturazioni e demolizioni. L'iniziativa è promossa dall’Ente di formazione e sicurezza in edilizia, con la partecipazione di tutte le parti sociali. (scarica l'opuscolo)

L’elenco dei siti dove, senza neanche saperlo, un cittadino o un lavoratore potrebbero in effetti  imbattersi nell'asbesto è lunghissimo. E per gli edili il rischio è ancora maggiore, perché entrano in contatto quotidianamente con rivestimenti, soffitti, pareti, travi, colonne, tubazioni e altro ancora. L’Italia è stato il secondo Paese europeo maggiore produttore dopo la Russia., e oggi i più recenti dati relativi al Superbonus 110% ci dicono che sono già attivi circa oltre 37 mila cantieri. Un evidente incremento di lavoro, che porta con sé una potenziale crescita di esposizioni. Si calcola, infatti,  che l’amianto sia stato utilizzato per produrre tremila differenti tipi di manufatti, di cui 2 mila destinati all’uso edilie. Il processo di bonifica, poi, è troppo lento: solo l’1% all’anno. Con questi ritmi si presume che ci vorranno 60-70 anni per eliminare il solo materiale visibile.

Così, in Italia si contano ogni anno oltre tremila decessi a causa dell’amianto. Gli operai specializzati alla rimozione, i minatori, gli addetti alla pulizia o allo smaltimento dei rifiuti sono tra i maggiormente esposti. Non è un caso se nel 2018 l’Inail abbia riconosciuto in edilizia ben 292 tumori di origine professionale, di cui 116 mesoteliomi, e 238 altre patologie correlate. Inoltre è in crescita la quota di soggetti con esposizione nell’edilizia che desta preoccupazioni anche per la possibilità di esposizioni attuali: dal 12,1% nel periodo 1993-1998, si è infatti passati al 16,8% nel periodo 2011-2015.

Fonte: Registro nazionale Mesoteliomi

“Oggi più che mai diventa fondamentale questa campagna di informazione e sensibilizzazione dei lavoratori e dei cittadini”, ci dice Ermira Behri, segretaria nazionale della Fillea, componente del cda del Cncpt (Commissione nazionale per la prevenzione infortuni, l'igiene e l'ambiente di lavoro ndr), nonché una delle maggiori promotrici dell'iniziativa.  “Occhio all'amianto!”., però, è frutto di un lungo lavoro di mediazione e sensibilizzazione portato avanti dai sindacati edili, tanto da essere oggi condivisa da tutte le parti sociali delle costruzioni, attraverso attraverso il Cncpt e il Formedil (l'ente nazionale per la formazione e l'addestramento professionale nell'edilizia ndr).

Il primo convegno congiunto Fillea e Cgil sul rischio amianto si è svolto sei anni fa a Torino. "Da allora non ci siamo più fermati - continua Behri -, dal Piemonte alla Lombardia, dall'Emilia Romagna alla Sicilia, dai volantini agli opuscoli tradotti in varie lingue, con un occhio di riguardo ai lavoratori stranieri che rappresentano il 31 % degli addetti". L’esposizione inconsapevole, in effetti, è ancora più subdola, "perché riguarda anche i familiari dei lavoratori che si occupano della rimozione, e che si trovano a maneggiare in casa abiti e oggetti contaminati. Lo stesso vale per gli utenti di edifici pubblici e gli abitanti di edifici privati che nascondono vecchie e spesso mal messe coperture o strutture di amianto".

“In Italia – dice ancora Ermira Bheri – ci sono ancora milioni di tonnellate di amianto. In molti casi si tratta di materiale friabile, presente in numerosi siti di tipo industriale e non, pubblici e privati”. Tutte le costruzioni antecedenti al 1992 sono un potenziale pericolo, “edificate decine di anni fa, esposte all’erosione degli agenti atmosferici e del tempo, che si sbriciolano lentamente rilasciando nell’aria una polvere che potrebbe essere fatale”. Il rischio riguarda anche ai lavoratori di imprese non specializzate per la rimozione dell’amianto. Quelli che si occupano di restauro, di manutenzione e di demolizione. Attualmente presso gli enti bilaterali di formazione si realizzano mediamente 55 corsi all’anno specifici sull’amianto, con circa 700 allievi formati, nonché 70 corsi di aggiornamento con circa 600 lavoratori coinvolti.

A mancare sono soprattutto i controlli, però. dati forniti dal Ministero della salute rivelano che nel 2015 i servizi di prevenzione delle Asl effettuavano verifiche su circa il 13% dei lavori di rimozione e  bonifica, una percentuale non certo adeguata e che non rispetta l'obiettivo del il 20%. fissato dal Piano nazionale amianto. Da allora poco è cambiato, anzi.  I controlli sono pochi ma sono comunque moltissime le irregolarità rilevate. Secondo l’ultimo Rapporto dell'Ispettorato nazionale del lavoro il 53% delle irregolarità relative a salute e sicurezza avvengono proprio nei cantieri  "L’Ispettorato non ha personale e risorse sufficienti per effettuare i controlli - spiega Bheri  -. Le assunzioni annunciate negli anni passati, se e quando ci saranno, non riusciranno a coprire l’organico che nel frattempo è andato in pensione".

La battaglia dei sindacati, in ogni caso, ha già superato i confini italiani. Lunedì 27 settembre la Commissione ‘Occupazione e affari sociali’ del Parlamento europeo (Empl) ha votato la relazione legislativa sulla ‘Protezione dei lavoratori dall'amianto’. La proposta, presentata dalla maggior parte dei gruppi politici, è stata approvata, e ora dovrà passare per la plenaria. Il testo intende fissare il valore limite di esposizione per l'amianto a 0,001 fibre per centimetro quadrato di aria. Poco prima del voto, FenealUil, Filca Cisl e Fillea Cgil hanno inviato una lettera agli 11 parlamentari italiani che fanno parte della Commissione, per ribadire che i valori concordati dai relatori costituivano "ottime proposte per una migliore protezione dal rischio-amianto”. E che “un eventuale compromesso al ribasso su questo tema costituirebbe un serio rischio per la salute di milioni di lavoratrici e lavoratori”. "In Italia il valore limite attuale di esposizione all’amianto è fissato a 0,1 fibre per centimetro quadrato, 100 volte di più - conclude Ermira Bheri -. In altri paesi come Francia, Germania e Paesi Bassi i limiti attuali sono di molto inferiori. È il momento che il Parlamento e la Comunità europea facciano un passo avanti. Invitiamo dunque, in particolare gli europarlamentari italiani, ad adottare rapidamente la relazione in plenaria e ad approvare definitivamente il nuovo valore".