“Vediamo se questa è la volta buona nella quale, oltre a riconoscere che ci sono evidenti penalizzazioni di genere nel lavoro, anche nelle pubbliche amministrazioni, si concretizzeranno azioni che superino le evidenti disparità esistenti attraverso interventi legislativi e nuove pratiche contrattuali”. Lo afferma Ivan Bernini, segretario generale Fp Cgil Veneto.

"Dall’analisi del conto annuale 2109 della Regione Veneto, emergono chiaramente alcuni elementi che dimostrano come nell’ambito lavorativo serva un cambio di passo deciso che ristabilisca una parità di genere professionale ed economica. Fra i 2.627 dipendenti a tempo indeterminato della Regione (area non dirigente) il 60,03% sono donne. Nel complesso, il personale laureato è pari al 45,34% con punte del 74% nella categoria più alta (D). Eppure emerge che proprio nell’ambito della categoria D, dove le donne sono il 54,38%, nelle fasce economiche più elevate vi sia il 58% di uomini contro il 42% di donne. Peggio va nell’ambito della dirigenza, dove si ribalta del tutto la percentuale: su 158 dirigenti nel 2019 il 71,52% sono uomini e solo il 28,58% donne. Nell’ambito degli incarichi di direzione generale di area (tot.11), solo una donna", rileva il sindacalista.

"Appare chiarissimo che nonostante si affermi che vi debbano essere pari opportunità nella carriera siamo ancora molto distanti dal “tramutare in fatti le parole. Siamo di fronte al fatto compiuto che ancora nel 2021 le donne, solo loro, devono scegliere tra professione, carriera e famiglia. Non è solo un problema di servizi alla genitorialità ed alla famiglia - prosegue il dirigente sindacale - ma anche di concezione del lavoro basato più su tempo lavoro, presenza e luoghi che su obiettivi. Come se il requisito della produttività fosse determinato da questi indicatori nonostante le modalità emergenziali di lavoro da remoto e flessibili abbiamo smentito questa tesi".

"I progetti trasversali legati al Pnrr identificano alcune priorità nel superamento di parte dei problemi che hanno generato disuguaglianze di genere. Ci aspetteremo che nella discussione dei rinnovi dei contratti vi fosse la stessa ambizione. Al momento, visti anche i primi riscontri nella volontà di continuare nella strada tracciata nel 2009, non possiamo essere ottimisti. Guardando alla Regione - la cui situazione non è così difforme ad altri enti della pubblica amministrazione – non possiamo non porci un interrogativo: considerato che ampia parte delle decisioni sta in capo ai dirigenti, è ipotizzabile immaginare che quel 71,52% di uomini, e quell’unica donna tra gli 11 grandi dirigenti, possano avere tra le priorità politiche di genere del tutto diverse da quanto operato finora? Sospettiamo sia difficile", conclude l'esponente Cgil.