In Italia mancano dai 20 ai 30 mila addetti specializzati in edilizia green e bio. E' l'allarme lanciato dalla Fillea Cgil, che sul tema ha organizzato per oggi, 15 aprile, un confronto a tutto campo, tra tutti i soggetti interessati: dalle associazioni datoriali, alle Regioni, dagli esperti in materia, alle forze politiche, fino a coinvolgere il governo. All'incontro intervengono, tra gli altri, Antonio Di Franco e Alessandro Genovesi della Fillea, e il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi. Le conclusioni sono affidate a Maurizio Landini, segretario generale della Cgil. La diretta streaming è sulle pagine Facebook Fillea e Collettiva.

Sempre di più il futuro delle costruzioni, anche dopo la pandemia la "riscoperta" della qualità dell'abitare, sarà basato su rigenerazione, riqualificazione, efficientamento energetico, sismico, sensoriale. I vari incentivi, come il superbonus 110%, stanno già incentivando un cambio di paradigma produttivo, coerente con gli obiettivi internazionali di riduzione delle emissioni, di sostenibilità, sicurezza, di ricorso a circuiti di economia circolare.

Cambiano quindi le aziende, le tecniche costruttive, i materiali, i processi e, di conseguenza, anche le esigenze professionali e le qualifiche. Ma su questo ultimo punto l'Italia è "terribilmente in ritardo", dice la Fillea Cgil che stima in stima in almeno 20-30 mila il fabbisogno non soddisfatto di tecnici di cantiere green, coibentisti, carpentieri metallici e del legno, operai specializzati nella montatura, esperti di risparmio energetico.

"Il rischio è quindi quello di non cogliere fino in fondo le potenzialità ambientali e occupazionali connesse al superbonus e comunque, visto che tale tendenza continuerà anche negli anni successivi indipendentemente dagli incentivi, al crescere di un mercato e di una domanda che potrebbero dare lavoro a decine di migliaia di persone”, dice il sindacato dei lavoratori delle costruzioni.

Serve allora un "piano straordinario", coerente con gli stessi obiettivi del Pnrr, relativi investimenti e ''riforme abilitanti'', per riconvertire migliaia di lavoratori del settore e, al contempo, formare migliaia di giovani al green building.

Nella sua relazione introduttiva, il segretario generale della Fillea Alessandro Genovesi ha "inquadrato" la questione attravreso una serie di dati. Le case e le infrastrutture, per come sono oggi, producono il 39% delle emissioni di C02 a livello planetario, il 30% a livello nazionale. Pesa la “scadenza” dei materiali, le vecchie tecniche costruttive e il fatto che il 70% di tutto il costruito in Italia, pubblico e privato, risale a prima del 1977. Analizzando, il Piano nazionale ripresa e resilienza, però, si nota che gli interventi sul settore pesano il 6,7% delle risorse in Francia, il 12,2% in Spagna, e il 24% l’Italia. Se si sommano le risorse per la transizione energetica arriviamo al 32,3% in Italia. Il nostro paese, cioè, punta più di altri, anche per ritardi accumulati, sulla riqualificazione del patrimonio immobiliare e sulle infrastrutture.

A questi dati noti, Genovesi ne ha aggiunti alcuni inediti, prodotti da un’indagine condotta dalla Fillea. Su un campione di oltre 100 aziende intervistate, rappresentative delle varie classi dimensionali e impegnate nell’edilizia privata, il 96% si dice già impegnata in progetti, studi, approfondimenti per accedere al superbonus o ad altri programmi di riqualificazione. Praticamente il 70% ritengono di incrementare i propri fatturati di almeno il 30/35% tra il 2021 e 2022 (il 13% dicono di meno, il 17% addirittura oltre il 35%).  "Eppure – ha detto Genovesi– solo il 13% delle imprese ritiene che non ha e non avrà problemi a trovare lavoratori specializzati, mentre ben l’87% si dice abbastanza o molto preoccupato nel trovare lavoratori specializzati, sia operai che tecnici. 

Il rischio di non trovare lavoratori specializzati è addirittura la seconda preoccupazione in assoluto (erano possibili risposte multiple) dopo la questione “burocrazia”. Infine c'è un problema di pochi giovani e di sotto inquadramento diffuso, cioè di mancato riconoscimento professionale dei lavoratori.