Lo scorso autunno, con la recrudescenza della pandemia e il calo dei fatturati, hanno deciso di usare il Fondo di Integrazione Salariale Covid19, ma senza il coinvolgimento formale delle organizzazioni sindacali. Non era la prima volta che i vertici della Sarni Maglione, società di ristorazione presente nella rete autostradale, evitavano il confronto, ma questa volta una sentenza li ha richiamati con chiarezza a non adottare più una condotta marcatamente antisindacale.
Tutto è cominciato a ottobre, quando la Filcams è venuta a sapere dai lavoratori che risultavano delle sospensioni orarie non giustificate nei loro calendari di lavoro.
“Abbiamo chiesto ai referenti della Sarni se intendevano usare il FIS Covid19, e ci hanno risposto di no – spiega Luca De Zolt, Filcams nazionale – aggiungendo che si trattava di un’iniziativa dei direttori dei punti vendita e che in ogni caso la comunicazione dell’uso del FIS, che contrariamente a quanto dichiaravano stavano in effetti utilizzando, a noi non era dovuta”.
La Filcams ha deciso così - in accordo con la segreteria di Chieti, dove si trova la sede legale dell’azienda - di intraprendere attraverso l’ufficio giuridico una causa per condotta antisindacale, ex articolo 28 della legge 300/70.
“Siamo partiti dal presupposto che la mancata comunicazione della FIS non ci consente di esercitare le nostre prerogative – prosegue De Zolt – ovvero confrontarci con l’azienda sull’utilizzo dell’ammortizzatore sociale, come invece prevede la normativa”.
Il giudice ha dato ragione al sindacato, sostenendo che “la società ha violato una specifica normativa che contempla obbligo di preventiva informazione e consultazione, ledendo non solo l’interesse dell’organizzazione sindacale ad una partecipazione consapevole alle scelte aziendali, ma anche l’immagine del sindacato stesso, totalmente estromesso dal processo decisionale aziendale”.  
La sentenza ha condannato la Sarni Maglione al pagamento delle spese e ha confermato che la comunicazione al sindacato dell’uso degli ammortizzatori è un atto sostanziale che non può essere derogato” ha concluso il funzionario Filcams.
Era stato il decreto Cura Italia a confermare, anche a fronte di una procedura snella, l’obbligo di informativa e di confronto sindacale, un obbligo che le imprese giudicavano inutile e che la seguente Legge di Conversione aveva poi sospeso. Grazie all’alzata di scudi dei sindacati, con il decreto Rilancio è stato quindi ripristinato, ed è tuttora in vigore.
La sentenza di Chieti sancisce un principio trasversalmente importante, non solo per il comparto coinvolto nella causa, e riconosce alle organizzazioni sindacali, oltre al loro ruolo di attori sociali, una funzione di verifica e controllo, delegata direttamente dal legislatore.