Tre giorni fa è arrivata la lettera di licenziamento ai 142 dipendenti della Treofan di Terni, azienda leader nel polo chimico di Terni di proprietà della Jiandal, lo stesso gruppo indiano a cui è stata affidata l’acciaieria di Piombino. I sindacati non ci stanno e sostengono che probabilmente tutto era già scritto, l’industria era stata acquisita non con la volontà di rilanciarla e dare un futuro a operai e impiegati, ma per eliminare un concorrente scomodo.

Secondo le segreterie nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil, “Con l’attivazione della procedura di licenziamento collettivo, si compie il disegno della multinazionale indiana Jindal, che ha acquisito nel 2018 la Treofan Europe dalla finanziaria M&C della famiglia De Benedetti. Già da allora, sembra ormai evidente, con l’intento di chiuderla. Questo, oltre a recare un danno sociale drammatico, andrà a penalizzare la bilancia commerciale italiana nella produzione dei film plastici”.  È bene ricordare che si parla di un’azienda che non è mai stata colpita da crisi produttiva.

“A neanche un anno dalla chiusura definitiva dell'altro sito italiano di Battipaglia ­– proseguono i sindacati - ha fatto seguito quello di Terni, con più di 200 lavoratori complessivi diretti e un indotto interessato ancora più ampio, tutti travolti da una crisi che appare essere di carattere speculativo e non economico. Il rischio è di una debacle complessiva dell'intero Polo Chimico ternano”.

“Non è casuale – continuano i rappresentati sindacali - la scelta della formula del ‘Licenziamento collettivo per cessazione di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società’, uno dei casi di deroga previsti dalla norma sul blocco dei licenziamenti varato dal Governo per la pandemia Covid-19. E così le leggi italiane sono aggirate, ancora una volta, dalla multinazionale di turno”.

“Oltre al danno la beffa: Treofan, infatti, ha utilizzato prima la Cassa integrazione per Covid e poi ha deciso di chiudere liquidando l'azienda. Questo tradendo quegli accordi sindacali, sottoscritti al MiSE ad agosto, che prevedevano il rilancio dell'attività produttiva dello stabilimento. Si tratta di una storia già vista: aziende che, dopo aver attinto a fondi pubblici, chiudono senza appello. 75 giorni e i 142 lavoratori di Terni saranno definitivamente licenziati: le istituzioni – concludono Filctem, Femca, Uiltec - devono intervenire e non permettere che accada”.