Essenziali, sì. Ma il contratto nazionale non ve lo rinnoviamo. In estrema sintesi, deve essere suonata così, l’antifona, agli addetti del settore alimentare, quando la controparte al tavolo di trattativa ha deciso, a metà aprile, di chiudere ogni spiraglio, trincerandosi dietro alla crisi economica. Eroici per tutti, insomma. Persino, probabilmente, per gli stessi falchi di Federalimentare, fino a quando non è arrivato il momento di riconoscergli il dovuto. E allora, il retroscena svelatoci dal segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni, sulla vittoria riportata dai sindacati in queste ultime ore, ci dimostra come le organizzazioni di rappresentanza siano ancora un potente veicolo di giustizia. Rompendo tutti gli schemi con una strategia inedita nella storia dei tavoli di settore, Flai, Fai e Uila hanno dato scacco matto alla controparte, dividendone il fronte. L’azione dei sindacati, bilanciando logica, evidenza della realtà e minaccia di mobilitazioni, ha convinto alcune singole associazioni che compongono Federalimentare e persino alcune grandi aziende ad abbandonare la linea dura, quella di Confindustria, e a firmare l’accordo. Se commentassimo una partita a poker diremmo che il bluff della Federazione non ha retto, a un punto tale che i sindacati, con un pizzico di follia e di coraggio, sono andati a stanare le associazioni e le aziende una per una. “Il nostro lavoro è spesso schematico – racconta Mininni – e a volte dimentichiamo di avere un lato creativo che, di fronte a problemi apparentemente insolubili, può diventare l’arma in più”.

Riprendiamo il racconto dalla metà di aprile. Siamo in piena emergenza da coronavirus e Federalimentare chiude la porta: niente rinnovo, troppe perdite. È vero? “È stato ingigantito ad arte”, ci spiega il leader della Flai. “Non c’è dubbio che ci siano state perdite sul fronte di hotel,  ristoranti e bar. Ma su un altro fronte, quello dei supermercati, la crescita è stata evidente e le vendite sono persino triplicate”. A quel punto lo schema classico avrebbe previsto la ripresa della mobilitazione, come era già era successo a marzo. Voi invece che cosa avete fatto? “Abbiamo rotto gli schemi. Abbiamo proclamato un nuovo sciopero della flessibilità e degli straordinari a partire dal 9 maggio, sapendo che già dalla fine di aprile molte grandi aziende e multinazionali, che stanno realizzando profitti enormi e hanno bisogno di produrre di più per i supermercati, non volevano subire altri rallentamenti. Nel contempo abbiamo fatto una mossa senza precedenti nel nostro settore: abbiamo scavalcato Federalimentare e ci siamo rivolti direttamente alle 13 associazioni che ne fanno parte. Abbiamo scritto agli amministratori delegati di tutte le aziende, una per una, e nei territori stiamo facendo lo stesso con le miriadi di imprese medie e piccole. Spiegando loro l’atteggiamento di Federalimentare, abbiamo chiesto se fossero d’accordo con la decisione di bloccare il contratto”. E come è andata? “Per ora abbiamo ricevuto tre risposte positive. Sembrano poche, su 13, ma da sole rappresentano circa la metà di tutte le imprese del settore. Parlo di Unionfood, Anic e Assobirre”.

L’accordo collettivo nazionale scaturito da questa mossa definisce una prima tranche di aumento economico a decorrere dal primo dicembre scorso e per tutto quest’anno, pari a 21,43 euro, con pagamento degli arretrati, e fissa la data per la riapertura delle trattative. A suggellarne la sottoscrizione un’assemblea della delegazione trattante di Fai Flai e Uila, alla quale hanno partecipato in video collegamento 180 delegati. La battaglia è ancora lunga, ma l’importante successo dei sindacati non si ferma qui. “In queste ore – ci racconta Mininni – stiamo avendo segnali di altrettanta disponibilità da molte aziende. Un nome su tutti? Campari. La multinazionale, che opera soprattutto all’estero, è il maggior azionista di Federvini, ma ha detto di voler firmare. Provocando un effetto domino che sta portando dalla nostra parte altri grandi marchi. Lo stesso sta accadendo in Assolatte per la svolta di Lactalis, che ha aderito con Galbani, iscritta in Unionfood, ma anche con Parmalat”. Il risiko lo sta vincendo il sindacato a suon di stabilimenti conquistati. Uno dopo l’altro cambiano bandiera, sconfessando Federalimentare. E la cosa inizia a provocare qualche contraccolpo nella stessa Confindustria, il cui neo eletto presidente Carlo Bonomi dichiarava pochi giorni fa al Corriere: “Quando sento chiedere aumenti contrattuali, per esempio nell’alimentare, significa che a molti la situazione non è chiara”. Forse allo stesso Bonomi, considerando i successi del sindacato.

Flai, Fai e Uila hanno spostato la ripresa degli scioperi, in quelle realtà che non aderiranno, al 13 maggio, concedendo altri 4 giorni agli indecisi, sui quali faranno pressione le strutture territoriali dei sindacati. La soddisfazione è evidente dalle parole di Mininni, tanto più, ci dice, “perché è una vittoria corale, ottenuta con la condivisione e la partecipazione di tutti, dalle segreterie nazionali a quelle provinciali, ai delegati. In questa partita, lo abbiamo detto a tutti, nessuno può rimanere spettatore”. Non sono ancora usciti del tutto dal guado, i lavoratori, ma già vedono all’orizzonte il riconoscimento che meritano, dopo aver continuato a lavorare in piena emergenza sanitaria, esercitando in modo straordinario il loro ruolo, con senso di responsabilità e impegno, gestendo la sicurezza tra le linee. Difficile immaginare l’ondata di panico che ci avrebbe travolto se non ci fossero stati loro, se avessimo trovato gli scaffali del supermercato vuoti.

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