Messi da parte, dimenticati, esclusi. I ciclofattorini, negli ultimi due anni emblema dell’economia del lavoretto, sono stati ignorati dai provvedimenti del governo. L’indennità prevista dal decreto Cura Italia, i famosi 600 euro, è riservata a chi ha una partita Iva o una collaborazione coordinata e continuativa, mentre la maggior parte dei rider per volontà delle piattaforme ha una collaborazione occasionale. Per questo i lavoratori su due ruote che vanno avanti e indietro per le città (oggi sempre meno) per consegnare cibo a domicilio nelle case degli italiani, hanno lanciato la campagna social #DimenticatiDaConte, supportati dal Nidil Cgil: ci mettono la faccia nelle foto-petizioni per protestare, per chiedere di essere considerati, aiutati, tutelati. 

Già, perché anche loro come tutti hanno spese mensili da sostenere, un affitto da pagare, le bollette, e poi i pasti da portare a tavola. E come è successo a tanti lavoratori in questo periodo di emergenza, i loro introiti si sono ridotti all’osso. “Molti ristoranti hanno chiuso o interrotto le consegne a domicilio. E questo ha significato un grosso calo del lavoro - spiega Talem Parigi, rider a Firenze e delegato Nidil Cgil, tra gli ideatori della campagna ‘Firenze Riders’ su Facebook -. Dall’altra parte sono aumentati i lavoratori, soprattutto quelli che avevano un altro impiego principale ma che ora su quel fronte sono fermi”. La protesta si sta allargando ad altre città: hanno aderito i ciclofattorini di Napoli, Perugia, Torino, Palermo, Bari. Tutti hanno paura del contagio ma molti non possono fermarsi. 

E così continuano a consegnare a domicilio anche se sono sprovvisti di qualsiasi dispositivo di protezione individuale. In pratica si ritrovano davanti a un ricatto: o lavorano e rischiano, o non lavorano e non guadagnano. E anche se lavorano, oggi come oggi portano al casa quattro spiccioli. “Vogliamo far sapere al governo nazionale e a quello regionale che meritiamo rispetto e tutele come tutti gli altri lavoratori, che anche noi abbiamo delle spese a cui far fronte - racconta Antonio Prisco, rider a Napoli, delegato Nidil Cgil e animatore su Facebook di Riders per Napoli - Pirate Union -. Siamo incastrati dai continui decreti in cui non veniamo considerati da un lato, e le ordinanze emesse dalla Regione Campania dall’altro, che sempre più riducono la possibilità di guadagnare il minimo per sopravvivere in questa crisi”.

“A Palermo sono presenti diverse compagnie di food delivery - spiega Andrea Gattuso, segretario generale del Nidil Cgil cittadino, dove le preoccupazioni sono amplificate dalle aggressioni dei giorni scorsi -. Quelle che hanno sede sul territorio, come Socialfood e Zangaloro, hanno cominciato a mettere a disposizione guanti, gel e mascherine. Le multinazionali Glovo e Deliveroo invece non hanno fornito ancora nulla. Alcuni fattorini, soprattutto di Glovo, hanno così scelto di fermarsi”. I cartelli con cui i rider si fotografano parlano chiaro: “La spesa non va in quarantena”, “Non ci fermiamo perché non abbiamo alternative”, “Questo lavoro è l'entrata principale per noi e le nostre famiglie”, “Non abbiamo alcun aiuto dallo Stato”, “Noi rider non siamo immuni al Covid 19”.

“Il settore del food delivery in questa fase di emergenza è passato da lavoretto a servizio pubblico essenziale ma ai lavoratori non è stata garantita alcuna tutela - conclude Gattuso -. Per questo Nidil Cgil chiede che vengano attivate misure di sostegno al reddito, utili non solo ad affrontare questo momento di calo di attività, ma anche nel caso in cui i rider, privi di dispositivi, non consegnati dalle società, decidessero di smettere di lavorare”.