Se ne è andato Gigi Riva. Il suo sguardo profondo e malinconico, la modernità di quel viso dai tratti decisi e spigolosi che lo facevano somigliare vagamente a Superman hanno segnato per sempre un’epoca.

Per chi, come me, è troppo vecchio per non averne assorbito la leggenda dal padre, ma troppo giovane per averlo visto in campo anche solo da piccolo, impossibile immaginarlo senza quella maglia del Cagliari meravigliosa, con il laccio che chiude il colletto rossoblu e quell’undici sulle spalle, due uno stretti e lunghi che ne esaltavano il fisico longilineo.

Gigi Riva, mi ripetevano fin da quando bambino chiedevo chi fosse, era di un altro pianeta. Come giocatore, ma anche come uomo. La sua scelta di restare in Sardegna e quello scudetto entrato nella leggenda come il suo primato di gol con la maglia della nazionale che ha resistito fino a oggi imbattuto, come il suo ruolo da protagonista e marcatore nella partita del secolo, Italia-Germania 4-3, ne hanno forgiato il mito.

Avrei guadagnato il triplo ma la Sardegna mi aveva fatto uomo, ormai era la mia terra, ero arrivato a 18 anni. All'epoca ci sbattevano i militari puniti. Ci chiamavano pastori o banditi, oggi si scazzottano per fare le vacanze qua. Avevo 23 anni, la grande Juve voleva coprirmi di soldi, io volevo lo scudetto per la mia terra. Ce l'abbiamo fatta, noi banditi e pastori

Gigi Riva

Oggi lo piangono tutti. In Sardegna, dove chiunque ha un ricordo o un aneddoto legato al campione. In Italia. “Ha fatto grande il Cagliari e ha portato la Sardegna allo scudetto – ha scritto in un messaggio la Cgil dell’isola pochi minuti dopo la notizia –. Un grande sportivo e un grande uomo. Gli vorremo sempre bene”.

Arrivederci Gigi Riva. Che addio sembra troppo, non siamo pronti. Quel rombo di tuono riecheggerà per sempre.