Puntata n. 35 - Gli esponenti della destra, a ogni livello, continuano a discriminare apertamente chiunque non la pensi come loro. A forza di violenza verbale, di volgarità, di ignoranza, di sdoganamenti, dopo questi trent’anni di Lega e poi Fratelli d’Italia – e tutti gli accoliti – non ci dovremmo più scandalizzare. Be’, non è così. Per noi resta uno scandalo. Non ci rassegniamo

L’Italia è in fondo a destra

"Tratto i gay come qualsiasi altra persona normodotata" e "ho più amici gay che amici normali". Non sono le battute di un pezzo di satira sul pensiero illuminato della classe dirigente di estrema destra ormai maggioranza in molti comuni e in molte regioni del Paese, oltre che in Parlamento. Sono frasi pronunciate davvero durante il consiglio comunale di Lissone, in Brianza, dalla consigliera Felicia Grazia Scaffidi, il 22 giugno. C’è un video che le riporta, senza possibilità di smentita. E qualcuno non sarà d’accordo con tanta pubblicità, ma noi non vogliamo arrenderci all’assuefazione, al rischio che il reiterarsi ormai quotidiano di notizie di questo tenore le declassi al rango di non notizie. Perdonateci, saremo all’antica, ma per noi che una rappresentante politica, a qualsiasi livello, discrimini apertamente e senza neanche rendersene conto chi ha un orientamento sessuale diverso dal suo resta una notizia. Anzi, è la notizia. È da questo brodo di coltura che nascono provvedimenti come quelli che hanno cancellato una delle due mamme in 33 famiglie padovane. È da questo brodo di coltura che nascono i mostri. Sembrerebbe che la destra ce l’abbia fatta alla fine. A forza di violenza verbale, di volgarità, di ignoranza, di sdoganamenti, dopo questi trent’anni di Lega e poi Fratelli d’Italia – e tutti gli accoliti – non ci dovremmo più scandalizzare. Be’, non è così. Per noi resta uno scandalo. E finché ci sarà qualcuno a pensarlo e a dirlo, la nostra malandata società un bel po’ incivile coltiverà la speranza di tornare società civile.

Incontro inutile

Maurizio Landini ha bocciato senza riserve l’ultimo tavolo con il governo sulla previdenza. La Cgil riempie le piazze ma la maggioranza continua a fare di testa sua e a non ascoltare chi rappresenta le persone. Il sassolino del direttore di Collettiva, Stefano Milani

Le convocazioni del governo alle parti sociali sono degne del miglior Scherzi a parte. L’invito formale, i riti polverosi, le strette di mano a favore dei fotografi, il tavolo tirato a lucido, i commensali imbellettati. Ma alla fine della fiera resta quella impalpabile sensazione di disagio. E una domanda che sorge spontanea: ma che ci siamo venuti a fare? Mentre lo sguardo vaga tra gli anfratti della sala a scorgere qualche telecamera nascosta. Fisco, sanità, sicurezza, riforme istituzionali, ultimo le pensioni. Ogni incontro con l’esecutivo si trasforma in un utile valzer del futuro: “faremo”, “ci impegneremo”, “vi informeremo”, “ci rincontreremo”. Una melina istituzionale mortificante per svilire il ruolo del sindacato, considerarlo un orpello obsoleto della democrazia. Tipico atteggiamento autoritario di chi vuole giocare a fare la maggioranza e pure l’opposizione.

Assunti e discriminati

A Siena si moltiplicano le segnalazioni da parte di lavoratrici e lavoratori migranti, giunti sul territorio italiano a seguito del Decreto flussi, che incontrano difficoltà ad aprire rapporti di conto corrente presso le filiali bancarie. Nonostante il loro ingresso in Italia sia scaturito da un regolare contratto di assunzione nei settori dell’edilizia, del turismo, della meccanica, delle telecomunicazioni, dell’alimentare e dell’autotrasporto, l’apertura di un conto corrente, fondamentale quanto meno per l’accredito dello stipendio, a oggi gli è stata negata. Le banche motivano in molti casi questa decisione con la mancanza, da parte dei richiedenti, di un permesso di soggiorno “definitivo” il cui rilascio comporta tempi tecnici abbastanza lunghi. La Cgil ricorda che il libero accesso ai servizi bancari e finanziari costituisce non solamente un diritto fondamentale delle persone, ma più in generale un vero e proprio argine contro fenomeni quali il lavoro nero, l’evasione fiscale, la concorrenza sleale e l’usura.

Stop al lavoro nelle ore più calde

È arrivata l’estate. Per molti è soltanto una frase sul meteo. Per chi lavora nelle campagne della Puglia è una preoccupazione. I rischi per chi deve sopportare carichi di lavoro pesanti in mezzo ai campi si moltiplicano. La Flai Cgil lancia l’allarme e reclama l’intervento di istituzioni e imprese a tutela della salute di chi lavora. Negli ultimi due anni un’ordinanza del Presidente della Regione, Michele Emiliano, aveva vietato lo svolgimento delle attività nel settore agricolo in condizioni di esposizione prolungata al sole, durante le ore più calde, dalle 12.30 alle 16. Non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta.

Meno male che c’è il sindacato

Per alcuni, vedi Christine Lagarde, la risposta all’inflazione è alzare i tassi all’infinito. Un’abolizione coatta del futuro per tanti giovani sulla linea dello start della vita adulta cha avrebbero bisogno di un mutuo per comprarsi una casa e metter su famiglia. Per altri, come il sindacato, la risposta è contrattare un rinnovo che compensi l’inflazione aumentando il salario. L’ultimo, eclatante, e frutto di una mobilitazione durissima, è quello del legno portato a casa, tra le altre federazioni che rappresentano i lavoratori del settore, dalla Fillea Cgil. E scusate se è poco visto che parliamo di un settore che vale circa 60 miliardi di euro l’anno, rappresenta una delle quattro “A” del made in Italy e occupa oltre 200 mila addetti. In sintesi, il rinnovo prevede un aumento salariale a partire dal 1° luglio, di 102,20 euro per il livello base e di 143,08 per il quinto livello. Inoltre, verrà erogata una somma una tantum di 300 euro a tutti i lavoratori nel mese di luglio 2023 e ulteriori 300 euro a marzo 2024. Le e i Lagarde della terra prendano appunti. L’inflazione non si combatte rendendo tutti molto più poveri. E meno male che c’è il sindacato. Per approfondire, collettiva.it.

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