C’è un gran daffare nel nostro governo intorno ai temi legati all’antisemitismo. La ministra delle Pari opportunità e della famiglia, Eugenia Roccella, stigmatizza le “gite” ad Auschwitz, colpevoli di rappresentare lo stesso antisemitismo riducendolo a orrore di pertinenza solo fascista, mentre un po’ alla chetichella un altro ministro - postfascista, questa volta - ha presentato questa estate un disegno di legge riguardante “Disposizioni per il contrasto all’antisemitismo e per l’adozione della definizione operativa di antisemitismo” che ora è approdato in Senato.

A rischio la libertà di criticare Israele

Nobile intento, non fosse che in questo dispositivo la voluta confusione tra critiche agli ebrei in quanto ebrei e critiche allo Stato di Israele si può davvero configurare come un vero e proprio attacco alla libertà di espressione.

Il primo articolo del ddl riprende la definizione di antisemitismo dell’Ihra (l’Assemblea plenaria dell’alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto), approvata nel 2016 a Bucarest e che lascia ampi spazi di discrezionalità nelle possibili manifestazioni di antisemitismo facilmente sovrapponibili alle critiche allo Stato di Israele. Un esempio tra tutti: si considera antisemita fare paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei nazisti. È evidente che, a prescindere dal fatto che questo paragone lo si ritenga giusto o meno, si tratta chiaramente di una forte limitazione alla libertà d’espressione. Tra l’altro, è proprio sulla base di questa definizione che Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi occupati, è stata appunto accusata di antisemitismo.

Come ha ricordato nei giorni scorsi Domani, “un rapporto del British Society for Middle Eastern Studies e dell’European Legal Support Center ha documentato l’effetto di questa definizione nelle università britanniche: conferenze cancellate, docenti indagati, ong come Amnesty accusate di antisemitismo per aver definito Israele uno Stato di apartheid”.

Scuole e università nel mirino

Se questo non bastasse, il ddl Gasparri dedica ben due articoli alla scuola e all’università che in questi mesi sono stati luogo di riflessione profondamente critica sul genocidio in atto a Gaza e per questo più volte attaccati dal governo. All’articolo 2 si legge che i ministeri di Difesa, Giustizia, Interno, Istruzione e Università dovranno promuovere “corsi di formazione iniziale e progetti di formazione continua” sulla cultura ebraica e israeliana, sull’antisemitismo “incluso l’antisionismo”. Corsi annuali obbligatori per studenti e docenti che incidono direttamente sull’autonomia educativa delle istituzioni scolastiche e universitarie.

Duro il giudizio della Flc Cgil: “La scuola e l’università italiane hanno una lunga tradizione di impegno civile e di educazione ai valori della Costituzione, della memoria e della pace. Questi obiettivi si perseguono attraverso la libertà di insegnamento e l’autonomia didattica delle istituzioni, non con corsi orientati e imposti dall’alto o con norme che limitano il diritto di critica e la libertà accademica”.

Le sanzioni per gli insegnanti

Ma non basta: l’articolo 3 prevede un regolamento da adottare su proposta del ministro dell'Istruzione e del merito, di concerto con i ministri dell'Università e della Ricerca, dell'Interno e della Giustizia, in cui verranno definite “le misure volte alla prevenzione e alla tempestiva segnalazione di atti a carattere razzista o antisemita nell'ambito scolastico e universitario”. La chicca è nel comma successivo: se il personale della scuola, docenti universitari e ricercatori non segnalano queste violazioni, verranno applicate sanzioni disciplinari.

D’altra parte l’intero impianto del ddl è repressivo

Su tutto il dispositivo - e su questi due articoli in particolare - è intervenuta con durezza la Flc Cgil. Come scrive in una nota la segretaria generale Gianna Fracassi, il sindacato della conoscenza della Cgil “ribadisce la propria contrarietà a ogni forma di antisemitismo, razzismo e odio etnico o religioso, ma rifiuta la logica di criminalizzazione delle critiche alle politiche dello Stato di Israele oltre che quella della sorveglianza ideologica e della limitazione della libertà dell’insegnamento”.

La scuola e l’università pubbliche sono e devono restare luoghi di pensiero critico, pluralismo e confronto democratico, dove il rispetto delle differenze si costruisce attraverso la conoscenza”, conclude la sindacalista. 

Luoghi da difendere con le unghie se è vero che la ministra Roccella le ha appena definite, le università, “fra i peggiori luoghi di non riflessione”.