Ben oltre 25 anni fa la presidente della Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna, Tina Anselmi, prima ministra della Repubblica italiana, partigiana per la Resistenza, politicamente moderata, non certo definibile femminista, ma sempre dalla parte delle donne e in difesa della democrazia, si premurò di far pubblicare una ricerca che produsse delle ‘raccomandazioni’ da parte della presidenza del Consiglio dei ministri su ‘Il sessismo nella lingua italiana’. Dall’uso corrente nella lingua italiana alla formulazione degli annunci delle offerte di lavoro, corredata di liste, parole e frasi di forme linguistiche da evitare e le corrispondenti proposte di forme alternative non sessiste. Se non fosse che in archivio ne abbiamo un’unica copia mi recherei volentieri personalmente a farne dono al consigliere Roberto Salvini.

Con quale disinvoltura e con quali termini si è permesso di trattare un tema così dolorosamente complesso come quello della prostituzione, legandolo spudoratamente alla mercificazione e al commercio di turismo sessuale, come e con quali conoscenze affronta il business di un settore che include mercati leciti e illeciti, lo sfruttamento della prostituzione minorile, la segregazione e la tratta delle donne straniere, i ricatti che subiscono le migranti. Lo shock non è la proposta, come si è scritto, lo shock è che si sia potuto anche solo pensare, in sede di Commissione regionale sviluppo economico, di promuovere esplicitamente la mercificazione e l’esibizione in termini d’investimento sulla prostituzione.

Possiamo liberamente e giustamente parlare di prostituzione, nei termini adeguati, appunto, con cognizione di causa e con il dovuto rispetto, a partire dal diritto di prostituirsi alla prevenzione sanitaria contro le malattie sessualmente trasmissibili, dai servizi di accoglienza e legali per chi fugge dallo sfruttamento alla revisione della legge Merlin per impedire criminalizzazioni e aspetti repressivi, temi, suppongo, non trattabili in Commissione sviluppo economico. Dopo tanti anni, ancora, non abbiamo trasferito niente: rispetto, uso del linguaggio, conoscenze e competenze.

Cara Tina, grazie, ma siamo ancora alle donne merce da mettere in vetrina.

Barbara Orlandi, coordinamento donne Cgil Toscana