Don Gallo si è sempre fatto parte attiva a difesa delle lavoratrici e dei lavoratori, scendendo in piazza, sostenendo fattivamente e pubblicamente le istanze che via via li portavano a scioperare o a manifestare. Prete partigiano che, appunto, ha sempre scelto da quale parte stare, dalla parte giusta, e quindi sempre dalla parte dei più deboli, degli oppressi e degli esclusi. Sono tante le occasioni in cui si è esposto, ma oggi, a otto anni dalla sua scomparsa, ho pensato che, forse, il modo migliore per ricordarlo fosse quello di farlo nuovamente parlare; perché pur essendo passato quasi un decennio dalla sua morte, ciò che diceva è sempre attuale e ci serve anche oggi a ricordarci che è necessario prendere posizione. Che non ci si può voltare dall'altra parte quando ci troviamo di fronte a un sopruso o a un'ingiustizia.

Ecco l'intervento di Don Gallo alla manifestazione di Milano in occasione dello sciopero generale Fiom del 28 gennaio 2011 per dire no al modello Marchionne e all'accordo Mirafiori.

Come poteva, un operaio della Fiom, accettare passivamente un pesante ricatto. "Vota Si!" dice il gran capo "altrimenti porto via tutta la baracca". E il premier che applaudiva! La risposta è l'indignazione. Indignazione "in direzione ostinata e contraria". Sarà mica comunista anche la Marcegaglia quando dice al Governo: "Niente innovazione, niente investimenti, niente prospettive, riforme sempre non mantenute"
Drammi italiani, come quello della disoccupazione giovanile, i comuni con la casse vuote. Il Manzoni, morto qui a Milano, diceva: "Quando i colpi vanno all'ingiù...son sempre i cenci che vanno all'aria". Drammi come quello della cassa integrazione, che nel 2010 ha raggiunto un miliardo e duecento milioni di ore, ha riguardato 580mila lavoratori, riducendone il reddito medio annuo di circa 8mila euro, spingendo molti di questi oltre il limite della povertà assoluta. Non si può che dire basta! Ma in nome di che cosa i gruppi dominanti ci chiedono di dire sempre di sì, alle loro decisioni, ai loro ultimatum. Per salvare il capitalismo che ha creato sempre più danno? Il mio amico Padre Zanotelli direbbe "Il 20% si pappa l'80% delle risorse". E invece ci dicono che si deve fare per salvare l'economia nazionale, per riavviare la ripresa produttiva, mantenere e allargare l'occupazione! Certo che i lavoratori rispondo di Sì, aveva detto nel 77 Berlinguer! Tre si! Ma come e a quali condizioni! Vogliamo sederci lì, ne abbiamo tutti i diritti, abbiamo il valore della solidarietà, magari venissero i valori anche liberal democratici. I valori socialisti. E dov'è la Sinistra? Un punto fermo: non si può lasciare passare che la crisi sia pagata solo dagli operai e dai lavoratori. Li abbiamo i buoni mastri! Riprendiamo i libri in mano! Marx, Gramsci, Berlinguer, perché li abbiamo persi! E i cattolici, vadano a vedere i loro autori veramente! Gesù stesso. E allora concludo questa giornata e vi dico anche perché sono venuto da ultra ottantenne, a 17 anni in brigata partigiana il cui comandante era mio fratello. Il nostro motto era già allora "osare la speranza!". Ma sono venuto soprattutto per mettermi in discussione. Voglio tornare a Genova più uomo, più cristiano, più non violento. E più antifascista! Che non è un optional! Allora... Di fronte a tutti gli arroganti, ai corrotti, ai corruttori, ai puttanieri, agli assenteisti, agli indifferenti, agli impauriti, ai codardi. Lo dico a voi! E lo diceva Calamandrei, che non era comunista. Per ritrovare la costituzione saliamo sulle montagne, andiamo nei campi, nei lager. Troveremo anche un fiore profumato. E questo è il fiore del partigiano, o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao. E questo è il fiore del partigiano, morto per la libertà. Hasta la victoria siempre!

Concludo con un aneddoto personale. Sempre nel 2011, mi capitò di raccontargli del mio lavoro da commessa, della mia attività sindacale in Filcams Cgil, del fatto che si faceva fatica a coinvolgere e risvegliare le coscienze di tante colleghe e colleghi; gli raccontai dell'erosione di diritti che nemmeno urlati o subiti sulla propria pelle riuscivano, a volte, a fare breccia, a creare indignazione e reazione. Gli raccontai che però, anche quando solo in una persona riuscivo a insinuare il dubbio, la consapevolezza per cui tirando su la testa, come ci urlava sempre lui, insieme agli altri e con una visione collettiva che spazzava via l'individualismo spinto e la paura, allora sentivo che non potevo mollare, che la partita contro chi vuole metterti in ginocchio va sempre giocata e che anche quando si perde, almeno si perde con dignità, senza aver abbassato la testa.

E si resta comunque in piedi. Lui mi ascoltò, non mi interruppe mai. Ogni tanto passava le mani tra gli occhi e il naso, congiungendo le dita come in una laica preghiera. Lo faceva sempre quando si concentrava su ciò che gli dicevi. Poi quando ebbi finito, tra tante altre cose, mi disse una frase che, come un lampo, mi squarciò l'anima, una frase che ancora oggi resta ferma nel mio cuore e nella mia mente quando vengo presa dallo sconforto. "Brava, continua. Sii fiera della tua dignità di persona che lavora."
Ecco. Oggi ce lo direbbe ancora. E io credo che non abbia mai smesso.

Viviana Correddu è l'autrice del libro Il Gallo siamo noi, edizioni Chiarelettere