A vent’anni dalla tragica morte di Federico Aldrovandi, per noi poliziotti democratici è fondamentale fare un bilancio su quanto accaduto e su come la nostra società ha reagito. La conclusione della vicenda penale non può sottrarci dal ribadire e dall’affermare che non possono esserci sconti o indulgenze per chi, portando una divisa, tradisce il giuramento di fedeltà alla Costituzione e ai principi di legalità.

Come sindacato di polizia della Cgil abbiamo sempre stigmatizzato gli abusi, riconoscendo che tali episodi, per quanto percentualmente minoritari, non solo danneggiano la reputazione delle forze dell’ordine, ma minano anche la fiducia dei cittadini. È inaccettabile che la condotta di pochi possa compromettere l’onestà e la professionalità della stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori della Polizia di Stato che ogni giorno lavorano con dedizione per tutelare la sicurezza dei cittadini.

La nostra riflessione e il nostro sforzo, in questi due decenni, sono stati finalizzati a democratizzare ulteriormente i Corpi in divisa. La Polizia di Stato viene da un lungo percorso di sindacalizzazione e smilitarizzazione: molto è stato fatto, tanto purtroppo resta ancora da fare. Per quel che riguarda gli altri Corpi dello Stato, soprattutto militari, le opacità sono sicuramente maggiori e il cammino da fare ancora più difficile.

La formazione professionale, ad esempio, deve essere un pilastro fondamentale su cui costruire una polizia più responsabile e rispettosa dei diritti umani. Purtroppo, assistiamo a un governo che preferisce investire in misure securitarie piuttosto che in un’adeguata formazione e in un rafforzamento dei diritti interni. Misure che, tra l’altro, mettono in pericolo anche gli stessi operatori in divisa.

La morte di Federico Aldrovandi deve rimanere un monito per tutti noi. Non possiamo permettere che la memoria di una vita spezzata venga strumentalizzata per fini politici o corporativi. Dobbiamo, invece, utilizzare quest’occasione per promuovere una cultura di legalità e rispetto, affinché simili tragedie non si ripetano mai più.

Siamo poliziotti, ma siamo anche genitori, figli, fratelli, nonni. Siamo persone che vivono nella società e quella società dobbiamo capire e comprendere. Con l’aiuto di tutti, a partire dai cittadini. Accettando critiche costruttive oltre a elogi che spesso lasciano il tempo che trovano, specie se arrivano da chi con una mano taglia risorse alla sicurezza e dall’altra si congratula per il buon esito di un blitz antimafia.

In conclusione, il nostro impegno deve essere quello di lavorare per una polizia che sia al servizio della democrazia, della giustizia e della legalità, affinché ogni cittadino possa sentirsi protetto e rispettato.

Pietro Colapietro, segretario generale Silp Cgil