La verità è che il primo governo guidato da una donna attua politiche contro le donne. O meglio, riserva alle donne diverse dalla presidente del Consiglio esclusivamente il ruolo di madri, che ricorda un po’ “le fattrici di figli per la patria”. È tanto vero quel che diciamo che sono riusciti, quelli che ci governano, a tradire lo spirito del Pnrr che secondo l’Europa doveva servire a ridurre i divari. Anche quello di genere: in origine vi era la clausola del 30% di occupazione femminile in tutti gli appalti del piano europeo, così come c’era la costruzione di asili nido per estendere i posti, così come c’era la costruzione di case e ospedali di comunità. La manodopera sarebbe stata prevalentemente femminile e avrebbero liberato, almeno in parte, le donne dal lavoro di cura.

È Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil, in presidio davanti a palazzo Madama a spiegare le ragioni della protesta convocata dalla Confederazione di Corso di Italia insieme alla Uil: “Il governo ci vuole relegate solo in un ruolo riproduttivo, noi invece vogliamo un ruolo attivo, vogliamo la piena partecipazione alla vita economica e sociale del Paese. Siamo qui, non ci fermeremo e continueremo a protestare anche nei prossimi mesi, fino a quando non avremo risposte”.

Il governo Meloni ha modificato il Pnrr. Cosa ha cambiato? Ha sterilizzato la clausola del 30% di occupazione femminile, ha ridotto il numero di posti negli asili nido e ridotto case e ospedali di comunità. E, per paradosso, ha raccontato di sostenere straordinariamente famiglie e donne affinché facciano figli. Come? Attraverso il bonus asili nido che è concesso per soli due anni alle sole donne con contratto a tempo indeterminato che abbiano almeno due figli. Davvero una minoranza, per le caratteristiche richieste solo al Nord e con redditi medio alti. Ma a che serve – ci domandiamo – un bonus asili nido se si tagliano i posti previsti?

Non finisce qui. Nell’ultimo decreto Pnrr, quello che oggi pomeriggio riceverà il voto di fiducia del Senato, è stato surrettiziamente inserito un emendamento che apre le porte dei consultori alle associazioni antiabortiste. Una decisione che va contro la Legge 194, contro l’autonomia e la libertà delle donne. Perfettamente in linea con l’idea dei figli per la patria. Per di più abbiamo dovuto ascoltare anche la neo vice-direttrice del Tg1 affermare dai microfoni della Rai che “l’aborto non è un diritto, ma un delitto”.

In piazza e nelle strade, in ogni modo e forma continuerà la mobilitazione per ribaltare le politiche del governo contro le donne.

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