“La combinazione di alte temperature e di siccità osservate nell’anno 2022 non ha precedenti e ridefinisce il concetto di estremo”. Siamo in Piemonte, più precisamente a Torino, e a scrivere queste parole è l'Arpa regionale, l'agenzia per l'ambiente. Qui lo scorso anno è risultato il più caldo e il secondo meno piovoso dell’intera serie storica, dal 1958. Per il capoluogo poi il record è ancora più clamoroso: l'analisi, che parte addirittura dal 1753, evidenzia un doppio primato: il 2022 è stato l'anno più caldo degli ultimi 2 secoli e il meno piovoso, con soli 310 mm.

Caldo e siccità: combo letale

La straordinarietà di questa situazione ce la spiega Secondo Barbero, direttore generale di Arpa Piemonte: “Il problema sta nella contemporaneità dei due fattori, temperatura molto alta (con un’anomalia positiva di 2.3°C rispetto alla norma del periodo 1971-2000) e piovosità bassissima. Una sovrapposizione che rende l'impatto dei due fenomeni molto più forte, anche perché temperature alte comportano una maggiore richiesta di risorsa idrica”.

Il problema è che il 2023 è iniziato in piena continuità con il suo predecessore: “Per questo siamo molto preoccupati – prosegue Barbero – e le piogge e le nevicate degli ultimi giorni, per quanto ovviamente benvenute, non spostano il quadro di molto”. Insomma, il Piemonte, il nord-ovest e più in generale tutto il Settentrione sono ancora all'asciutto. Non piove più, o piove troppo poco. Il Po è lo specchio di questa situazione, ha valori di portata minimi e li ha da troppo tempo. Gli esperti spiegano che per recuperare il deficit di precipitazioni accumulato servirebbero 50 giorni di pioggia intensa prima dell'estate: praticamente uno ogni due. Si può guardare il cielo e sperare, ma è piuttosto improbabile che accada.  

Dal 2014 i cinque anni più caldi della storia

Spostandosi un po' più a est, in Lombardia, la situazione è simile: le riserve idriche sono ai minimi storici, manca il 44% dell’acqua che normalmente è disponibile in questo periodo. Attenzione però, per quanto il 2022 sia stato un annus horribilis per il clima, il problema viene da più lontano. Prendendo in analisi le serie storiche si osserva infatti che i cinque anni più caldi in Italia sono tutti concentrati dal 2014 in poi e la temperatura media nazionale è aumentata di 2,4 gradi. Si chiama cambiamento climatico, il problema è che ancora facciamo fatica a riconoscerlo. 

Camminando sul lago di Garda

“Ti sei chiesto perché a febbraio puoi andare a piedi all’Isola dei Conigli?”: la domanda, scritta su un cartellone con un pennarello, l'hanno rivolta due giovani attiviste del movimento Extinction Rebellion ai tanti turisti arrivati sul lago di Garda negli ultimi giorni per osservare un fenomeno eccezionale: l'isola di San Biagio, conosciuta appunto come Isola dei Conigli, raggiungibile a piedi in pieno febbraio. “E senza neanche bagnarsi le stringhe”, commenta Alberto Semeraro, segretario generale della Flai Cgil Lombardia, il sindacato che organizza lavoratrici e lavoratori dell'agricoltura e dell'industria alimentare. 

E la politica? 

“Faccio veramente fatica a capire perché le istituzioni, Regione e Province, non sentano questo tema come una priorità assoluta”, continua il sindacalista Cgil, che rimarca come la Lombardia sia tra le regioni più a rischio per la siccità in Italia. “E questo non solo perché abbiamo fiumi in secca e laghi svuotati, ma perché il nostro territorio, penso ad esempio alla provincia di Brescia, ha un consumo di acqua molto intenso, legato agli allevamenti e alle produzioni industriali, oltre alle irrigazioni”. Insomma, bestiame, fabbriche, turismo e agricoltura: “È evidente che tema dell'acqua e della sua scarsità è già diventato fondamentale anche per la nostra azione sindacale – conclude il segretario Flai – e non a caso lo abbiamo messo al centro della nostra discussione congressuale come Flai e come Cgil e lo porteremo in tutti i tavoli istituzionali, perché la politica non può non metterci testa, è un'assurdità”. 

La cementificazione continua

Anche perché, come detto, la siccità non è un problema nuovo: “Qui ci combattiamo da almeno 7-8 anni, ma pare che qualcuno si accorga solo ora e questo perché i problemi cominciano a pesare sul paesaggio e quindi sul turismo”, denuncia Giuseppe Campagnari, ingegnere, ambientalista, già amministratore a San Zeno, un Comune che si affaccia sul lago, dove è nato e cresciuto. Oggi Campagnari è pensionato, iscritto allo Spi Cgil di Verona, ma continua a occuparsi del Garda, come fa da 50 anni.

“L'abbassamento del livello dell'acqua – racconta - ha fatto venir fuori diversi tratti della scogliera che ripara il collettore (la struttura idraulica fognaria costruita a partire dagli anni Settanta, un grande tubo del diametro di un metro) che è stato in maniera poco lungimirante posizionato lungo la riva, modificando irreversibilmente le coste, soprattutto nei comuni dell'alto lago”.

E ora che si sta rifacendo l'impianto si è pensato bene di non modificare questa collocazione: “Solo che il lago è più basso di un metro e l'effetto non è certo piacevole alla vista”, osserva Campagnari. E a proposito di scarsa lungimiranza della politica, c'è un altro grande tema che si intreccia a doppio filo con quello della crisi idrica, in particolare del lago di Garda: la cementificazione che insegue un turismo di massa, praticamente senza limiti. 

30 milioni in riva al lago

“Qui ogni anno si fanno quasi 30 milioni di presenze turistiche. Ha capito bene? 30 milioni”, rimarca Lorenzo Albi, urbanista e pianificatore, anche lui impegnato da anni nell'ambientalismo sul territorio. “Nei mesi estivi ci sono momenti in cui si superano anche i 4 milioni di turisti presenti contemporaneamente e il lago si trasforma in un'immensa area metropolitana, più grande di Milano. Questo ha fatto sì che la costa, soprattutto sul versante Veneto, sia diventata una lastra di edificato, non c'è più spazio per fare nulla. Molti comuni, penso a Peschiera del Garda ad esempio, hanno percentuali record di suolo edificato, superiori al 30% (la media nazionale è intorno al 7%, ndr). Questo ovviamente – osserva Albi - non consente l'accesso al lago nemmeno all'acqua che arriva da monte”. 

In montagna le cisterne restano vuote

Visto dall'alto, da quasi 1800 metri, il lago può anche sembrare sempre lo stesso. Eppure gli effetti della siccità sono evidenti anche per Giuliano Dal Bosco, lavoratore della funivia Malcesine-Monte Baldo, nonché delegato sindacale per la Filt Cgil di Verona. “Il primo problema in montagna è che le case, le baite e le malghe non solo allacciate alla rete idrica e usano cisterne per i rifornimenti d'acqua, come 100 anni fa. Se non piove e soprattutto non nevica, le cisterne e pure le pozze per abbeverare il bestiame, restano vuote”. Ma non è tutto: “La neve ha un ruolo fondamentale anche nel coprire e proteggere il terreno – spiega ancora Dal Bosco – senza di lei il terreno è troppo freddo e questo crea problemi anche per la produzione di fieno”. 

Agricoltura assetata

Ma è un po' tutta l'agricoltura che rischia una stagione molto complicata. Barbara Schiavinato, ingegnere civile che lavora a Mantova presso il Consorzio di bonifica Territori del Mincio, la spiega così: “Noi ci occupiamo proprio della distribuzione dell'acqua per scopo irriguo e gran parte di quest'acqua la prendiamo dal Garda. Ora, lo scorso anno il lago ha retto, non senza difficoltà, ma ha retto e siamo riusciti a chiudere la stagione irrigua (che finisce il 30 settembre, ndr) solo con qualche riduzione. Quest'anno però la situazione è diversa, perché già adesso il livello del lago è critico – continua l'ingegnere – e probabilmente il primo aprile, quando si riaprirà la stagione, dovremo mettere in campo delle strategie di gestione sin dall'inizio”. Di conseguenza, la preoccupazione è forte tra gli agricoltori, specie per quelle coltivazioni che hanno bisogno di una quantità prefissata di acqua, come i prati e le risaie.   

Trentino: serve un piano straordinario

“È chiaro che tutti speriamo che i mesi primaverili portino le piogge che servono, evitando così anche i razionamenti. Confidare nella sorte, però, non è abbastanza visto che gli effetti del riscaldamento globale sono ormai un fatto. Serve, al contrario, mettere in atto delle misure per ridurre l’impatto negativo di questi cambiamenti”. A metterlo nero su bianco sono Cgil, Cisl e Uil del Trentino che in una nota parlano di “un piano straordinario di manutenzione e messa in sicurezza del nostro territorio, anche per salvaguardare le risorse naturali riducendo gli sprechi. La situazione che abbiamo di fronte – continuano - ci dimostra che l’opera pubblica più importante oggi per il Trentino è la salvaguardia del territorio e delle sue ricchezze, acqua in primis”.

Evitare le guerre dell'acqua: il monito di Legambiente

Ecco, quando una ricchezza come l'acqua comincia a scarseggiare si apre un grande problema: a chi spetta prima? All'agricoltura, che ci fa mangiare? All'industria che crea lavoro? Oppure semplicemente alle persone che la devono usare per la vita di ogni giorno? “Il grande rischio che dobbiamo evitare – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – è proprio quello di aprire una guerra dell'acqua quando questa risorsa comincia a scarseggiare”. 

E il governo che fa? 

“Per almeno tre milioni e mezzo di italiani, l'acqua dal rubinetto non può più essere data per scontata”, ha detto nei giorni scorsi Francesco Vincenzi, presidente Anbi (l'associazione nazionale dei consorzi di bonifica). Un macigno sul tavolo del governo, che mercoledì 1 marzo ha riunito i suoi ministri insieme alla presidente Meloni, per affrontare l'emergenza siccità. Ne è venuto fuori un nuovo “super commissario”, l'immancabile “cabina di regia” fra i ministri interessati e, soprattutto, un nuovo via libera a “semplificazioni” delle procedure per gli interventi necessari, con tutti i rischi connessi in termini di sicurezza e legalità. 

Cgil: la vera priorità è agire sul cambiamento climatico

Quello che sta succedendo era ampiamente prevedibile ed è il risultato della crisi climatica. Ne è convinta Simona Fabiani, responsabile delle politiche per il clima della Cgil: “L’Ispra stima che, se non riduciamo le emissioni di gas serra, nel lungo periodo in Italia la disponibilità di acqua si ridurrà del 40% (il 90% al sud). Quindi, la priorità del Governo dovrebbe essere quella di agire urgentemente per la mitigazione del cambiamento climatico, accelerando la decarbonizzazione dell’economia. Il contrario di quello che sta facendo il governo".  “Senza interventi radicali e urgenti di decarbonizzazione ogni anno la situazione peggiorerà – insiste Fabiani - sia per la crisi idrica che per tutte le altre conseguenze del cambiamento climatico: alluvioni, dissesto idrogeologico, incendi, ondate di calore, eccetera".

Parola d'ordine: adattamento

Altro tema su cui intervenire urgentemente è l’adattamento: il Governo ha da poco approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che era fermo da 8 anni, ma non ha previsto nessuna risorsa dedicata. “La nostra rete idrica ha perdite che superano il 40% e mancano gli investimenti – continua Fabiani -. Servono interventi infrastrutturali per eliminare la dispersione idrica, per la riduzione degli sprechi e l’uso efficiente delle risorse, per il recupero delle acque piovane e la depurazione delle acque reflue”. 

C’è poi un problema occupazionale: “Quando la siccità colpisce i settori economici, i primi a pagarne le conseguenze sono i lavoratori, ma in Italia non ci sono piani e misure di 'giusta transizione' per evitare gli impatti occupazionali e quelli sulla salute dei lavoratori. Trattare questi problemi in modo emergenziale, come pensa di fare il governo, con la nomina di un commissario ad hoc, una cabina di regia fra i ministri interessati per definire un piano idrico straordinario e un decreto per semplificazioni e deroghe, non è sufficiente. Servono risorse adeguate, piani e azioni concrete di mitigazione e adattamento, un sistema di governance partecipata a partire dal coinvolgimento delle parti sociali”, conclude Fabiani.