Un’altra strage. L’ennesima. Le prime parole della presidente del Consiglio: “Non speculare”. Le prime parole del ministro dell’Interno: “Fermare le partenze”. La sconfitta dei valori dell’Europa sta tutta qui, sta tutta qui la sconfitta dell’umanità.

Nemmeno la pietà, nemmeno quella finta, quella comoda di chi ha avuto la fortuna di nascere nella parte del mondo giusta. Nemmeno un minimo di angoscia, di rabbia, un interrogativo per quei corpi, in fila su una spiaggia. Nemmeno il tentativo di interrogarsi su cosa non va in questo nostro mondo, su cosa può costringere donne e uomini a mettersi in 300 su un barcone nel folle tentativo di attraversare il mare, su cosa può voler dire metterci i propri figli.

Proprio due giorni fa abbiamo sottoscritto una petizione al Parlamento Europeo perché possano prevalere, nelle scelte che l’Europa si appresta a fare, il rispetto del diritto internazionale, i valori di solidarietà e accoglienza su cui si fonda l’Unione, il rispetto dei diritti degli uomini prima di ogni altro interesse. Le conclusioni dell’ultimo consiglio europeo del 9 febbraio scorso, ancora una volta, hanno indicato una riposta sbagliata e antistorica al tema delle migrazioni: quella del rafforzamento della protezione delle frontiere. Una gestione integrata necessaria quella europea su questo tema, ma non si può fondare sulla gestione dei flussi come tema di sicurezza e di ordine pubblico.

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La logica è la stessa del decreto contro le ong, quella dello spostamento dei porti, quella della demonizzazione di chi accoglie e non di chi sfrutta, specula, si arricchisce sui profughi. La logica è quella per cui si pensa di dire che si possono bloccare le partenze, sapendo che questo non sarà mai possibile. Esiste una strada alternativa, quella promossa da anni dalle tante associazioni che provano a imporre una narrazione differente sul tema. È innanzitutto la strada delle politiche di coesione e di sviluppo delle aree più povere del mondo; fermare le guerre, garantire la libera circolazione delle persone , favorire una diversa distribuzione delle ricchezze. È la strada che chiede di istituire corridoi umanitari, di superare gli accordi di esternalizzazione delle frontiere, di rivedere il Trattato di Dublino e il Memorandum con la Libia, di impegnarsi per politiche di accoglienza per rifugiati e profughi.

Il numero dei morti crescerà di ora in ora è questa ennesima strage avrà qualche titolo di giornale, perché decine di morti non si possono del tutto ignorare. Ma i morti ci sono tutti i giorni è il Mar Mediterraneo sta diventando il più grande cimitero d’Europa. Non si tratta di speculare, si tratta di persone, di futuro, di umanità. E anche di vergogna per quello che stiamo diventando.

Tania Scacchetti è segretaria confederale della Cgil