È arrivato il momento di una legge sul salario minimo. “È importante che l'Europa prenda una direttiva sul tema, rispettando le specificità di ogni Paese”, spiega al Corriere della sera di oggi (martedì 7 giugno) la neosegretaria confederale Cgil Francesca Re David, guardando con favore alle idee messe in campo dal ministro del Lavoro Andrea Orlando, che aprono alla possibilità di avere anche una legge italiana.

“La contrattazione in Italia è molto estesa”, argomenta la dirigente sindacale: “Riteniamo positiva la proposta del ministro Orlando di prendere a riferimento il Tec, cioè il trattamento economico complessivo, definito dai contratti nazionali firmati dalle organizzazioni più rappresentative, e di estenderlo a tutti i lavoratori del settore”. Il Tec, inoltre, tiene conto “di tutte le voci: la tredicesima, le ferie e gli altri istituti. Sarebbe anche il primo passo per estendere erga omnes i contratti stipulati dai sindacati più rappresentativi”.

Re David respinge l’insinuazione che in questo modo molte imprese non sarebbero in grado di pagare: “Trovo curioso che si possa pensare che applicando il contratto si vada fuori mercato. In realtà bisogna fermare lo sfruttamento del lavoro. Nei servizi ci sono orari cortissimi, anche di 4-8 ore alla settimana, e troppe forme di precariato. Questa situazione, col mancato rinnovo dei contratti, genera milioni di lavoratori poveri”.

Una legge italiana, però, non trova tutti d’accordo. La Cisl e il ministro Brunetta, ad esempio, pensano che la via maestra sia la contrattazione. “Se tutti i contratti fossero rinnovati e applicati a tutti i lavoratori, potrebbe funzionare”, risponde la segretaria confederale Cgil: “Ma nella realtà non è così. Ecco perché serve la legge. Non è un caso che, in mancanza di una normativa di sostegno, l'Italia sia l'unico Paese dove i salari reali hanno perso potere d'acquisto”.

Francesca Re David, nelle ultime battute dell’intervista, interviene anche sulla perdita di valore dei salari a causa della crescita dell'inflazione. “Occorre rinnovare i contratti, estendere la contrattazione di secondo livello, tagliare il cuneo fiscale e contrastare la precarietà”, conclude l’esponente Cgil, rimarcando che il taglio del cuneo fiscale “va fatto tutto a favore dei lavoratori, perché le imprese hanno preso già abbastanza”.