"Vedere le immagini delle lavoratrici e dei lavoratori del call center di Ita, costretti, in questi giorni, a mettere a repentaglio la propria stessa vita per attirare l’attenzione delle istituzioni sulla loro tragedia, fa davvero impressione e rabbia. Ci chiediamo se nell’Italia 2022 sia pensabile doversi barricare su un tetto per chiedere al ministero del Lavoro di convocare il tavolo di crisi e mettere Ita airwais, un’azienda pubblica, dinanzi alle sue responsabilità. Qui, è in gioco sicuramente la dignità dei lavoratori, ma anche, cosa non trascurabile, quella delle istituzioni". Così dichiarano, in una nota congiunta, il segretario confederale della Cgil, Emilio Miceli, e il segretario nazionale Slc, Riccardo Saccone.

"Dopo la rottura del rapporto fra Covisian e Ita airways, 521 lavoratori e le loro famiglie sono piombati in un incubo. Davvero - si chiedono i due dirigenti sindacali - il ministero del Lavoro ritiene possibile che aziende, anche pubbliche, possano farsi beffe di accordi firmati con la mediazione ministeriale? Quanto ancora pensano le istituzioni di far finta di nulla? Fin dove si vuole portare la rabbia e la disperazione delle lavoratrici e dei lavoratori? E se questa rabbia sfociasse in atti tragici, chi si assumerà la responsabilità di tutto ciò?".

"Come sindacato - concludono i due sindacalisti -, siamo costantemente al fianco dei lavoratori di Palermo e Rende e riteniamo davvero non più sostenibile l’atteggiamento pilatesco del dicastero del Lavoro. Si convochi 'ad horas' il tavolo e ognuno si assuma le proprie responsabilità, a partire dal presidente di Ita airways, che durante tutta questa vicenda ha tenuto un atteggiamento irrispettoso nei confronti del Governo e non ha aiutato fin qui a trovare quelle soluzioni che dipendono direttamente da lui. Ora, ognuno deve fare la propria parte. La priorità urgente è scongiurare che i licenziamenti diventino operativi e queste persone finiscano per sprofondare nella più completa invisibilità. Noi, tutto il sindacato confederale, non lo permetteremo".