Pnrr e scuola. Qualcosa si muove: in particolare per il Sud. Il ministero dell’Istruzione e quello della Coesione sociale hanno infatti licenziato i primi bandi – 5,2 miliardi di euro sul totale dei 17,2 previsti per la scuola presenti all’interno della Missione 4 del Piano – per interventi su asili, scuole nuove, mense, palestre, potenziamento del tempo pieno, estensione della scuola dell’infanzia e dei nidi, e di manutenzione. La “notizia”, se così si può dire, è che ben il 40% dei fondi disponibili è destinato al Mezzogiorno: tra i criteri che dovranno essere seguiti per l’assegnazione delle risorse sono presenti la carenza di infrastrutture, la densità degli studenti e i dati su risultato degli apprendimenti e abbandono scolastico. Da questo punto di vista il Pnrr è un’occasione unica e straordinaria da non lasciarsi sfuggire. Soprattutto per il Sud dove gli enormi ritardi accumulati negli anni su questi temi sono sotto gli occhi di tutti e si sono moltiplicati con la pandemia. 

E certo non è una buona notizia, come denuncia Cittadinanza Attiva nel suo ultimo rapporto sulla sicurezza a scuola, sapere che nonostante i numerosi solleciti, la nuova anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica, fondamentale per mappare i bisogni, “non è ancora venuta alla luce e i dati attualmente visibili nell’anagrafe risalgono al 2019”. Insomma: investire, ma investire bene questa mole di risorse che ci arriva dall’Europa, il che – come la partita dei fondi strutturali dimostra – non è affatto scontato.

Il Sud: qualche dato
Più risorse per il Sud, si diceva. Perché, per riprendere Don Milani, non c’è cosa più ingiusta che fare parti uguali tra diseguali. Leggendo le ricerche che puntualmente ci raccontano la situazione della scuola in Italia, a spulciare i dati che sottolineano la distanza del Mezzogiorno dalle medie nazionali si ha davvero l’imbarazzo della scelta. In un recente monitoraggio realizzato dalla Cassa depositi e prestiti proprio per offrire un quadro di supporto all’impiego delle risorse del Pnrr (Edilizia scolastica e territori: dove sono i maggiori bisogni?) gli analisti hanno classificato la situazione degli edifici scolastici nel paese attraverso 4 parametri: presenza di barriere architettoniche, mancanza di accorgimenti per la riduzione dei consumi energetici, assenza di impianti di riscaldamento e carenze nella progettazione antisismica. Ebbene, se su queste basi l’indice di carenza strutturale è in media in Italia dello 0,8, il dato cresce tantissimo al Sud, con il “record” della Calabria che arriva all’1,5. Scuole vecchie e fatiscenti influenzano gli apprendimenti, perché se un ambiente è adeguato alla didattica e piacevole da frequentare, i tassi di scolarizzazione ne beneficiano e la scuola funziona meglio.

(Legambiente, Ecosistema scuola)

Così come a risultare fondamentale è anche il tempo scuola. Come riporta Legambiente nel suo prezioso Ecosistema scuola, se il tempo pieno a scuola è presente nel 67,8 e 40% delle scuole del Centro e del Nord, al Sud e nelle Isole questa quota precipita al 18,4%. “Un problema organizzativo, didattico e di personale, ma anche strutturale, se si pensa che per incrementare il tempo pieno occorre avere gli spazi in cui attivare il servizio mensa”, si legge nel rapporto. Insomma: la somma di queste carenze spiega – anche se ovviamente contano pure altri fattori – il motivo per cui nelle nostre regioni meridionali il tasso di abbandono scolastico è quasi 4 punti percentuali sopra alla media nazionale (19,1 rispetto al 15,6%). 

Infine, i risultati delle ultime prove Invalsi ci dicono che tra gli alunni provenienti da famiglie fragili le percentuali di chi non ha raggiunto il livello minimo di competenze sono aumentate in 15 province del Mezzogiorno: oltre il 50 per cento degli studenti svantaggiati non ha superato il livello minimo in matematica alla fine della scuola media.

Sicilia: il tempo pieno è un sogno
Secondo l’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children, alla fine delle scuole elementari le bambine e bambini siciliani hanno passato un anno in meno a scuola rispetto ai loro coetanei lombardi. 

Una situazione intollerabile per un paese civile. “Le criticità ataviche della nostra regione – commenta Adriano Rizza, segretario generale della Flc della Sicilia – sono esplose e si sono moltiplicate con la pandemia e stanno facendo sprofondare l’isola. Gli edifici sono in condizioni pessime, spesso senza riscaldamenti, adeguati sistemi di aerazione, palestre”. Ma non basta, continua il sindacalista, “solo il 4,5% delle scuole hanno il tempo pieno: recentemente abbiamo dovuto restituire al ministero 96 cattedre per l’ampliamento, appunto, del tempo pieno. Il motivo? Semplice, i Comuni non hanno risorse da investire nelle mense, fondamentali per incrementare l’offerta”. Come è noto, le difficoltà registrate nei primi anni scolastici hanno effetti negativi che si proiettano in avanti nel tempo. Rizza ricorda come la Sicilia ogni anno perde 15 mila studenti, “certamente per un calo demografico legato a ragioni sociali ed economiche, ma anche perché molte ragazze e ragazzi decidono di abbandonare la propria terra”.

Ora però ci sono i soldi del Pnrr. “Il che è importante – commenta Rizza –. Però bisogna fare innanzitutto attenzione alle infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione delle risorse e poi alle capacità di spesa degli enti locali. Ogni anno perdiamo un sacco di fondi europei perché Regione e Comuni non hanno professionalità adeguate per fare progetti e istruire i bandi”. Anche questo è il risultato di anni di svuotamento e mancato aggiornamento  della pubblica amministrazione.

Campania: aprire tavoli con gli enti locali
Nella regione il 60% del patrimonio edilizio scolastico è anteriore all’entrata in vigore della normativa antisismica, il 33,7 è in aree a rischio sismico, il 10,67 in zone a rischio idrogeologico. Il 36% delle scuole nella Città metropolitana di Napoli ha bisogno di interventi di manutenzione urgenti che le amministrazioni non sono in grado di sostenere. Questa la denuncia di Ottavio De Luca, segretario generale della Flc campana. Che aggiunge: “Nelle scuole superiori abbiamo classi anche con trenta studenti, 28 nelle primarie. Pure sul piano della bioedilizia e dell'efficientamento energetico siamo al palo e andrebbero rivisti tutti gli spazi, perché essendo gli edifici vecchi non rispondono più alle necessità didattiche di questi tempi”. 

(Legambiente, Ecosistema scuola)

Possono aiutare in questa situazione i fondi del Pnrr? Certamente, a patto però, continua De Luca, che “si aprano tavoli e si facciano accordi con gli enti locali, perché solo loro che predispongono i bandi. Se davvero vogliamo portare anche al Sud  il pieno diritto di tutti all’istruzione bisogna agire”. 

In Campania l’abbandono scolastico è a livelli intollerabili. Secondi i dati più recenti siamo al 18% ma, aggiunge il sindacalista, “quando hai 30 alunni per classe è difficile fare una scuola incisiva e inclusiva. Servono luoghi e strumenti innovativi di apprendimento, che vadano oltre l’insegnante con gessetto e lavagna: la scuola deve diventare un vero ambiente didattico”. Ma per fare questo, conclude De Luca, il Pnrr non basta: “Serve una visione politica, serve porsi obiettivi dal breve al lungo periodo per una scuola di qualità: proprio quello che è mancato finora”.

Calabria
Infrastrutture, tempo pieno, mense, scuola dell’infanzia: per Mimmo Denaro, segretario generale della Flc calabrese, sono questi i nodi da aggredire per provare a recuperare il divario tra Nord e Sud: “Nella nostra regione – attacca – solo il 16% delle scuole sono in grado di offrire il tempo pieno e solo il 13% fornisce un servizio mensa, rispetto al 65% del Nord”. Bene quindi il Pnrr, ma bene anche, spiega Denaro, “il fatto che la Regione si sta finalmente muovendo col suo Osservatorio per il diritto allo studio proprio per ragionare su come e dove intervenire. L’assessore si è anche impegnato a lavorare a una nuova legge sul diritto allo studio, che è ferma addirittura al 1985. Tutte azioni che dovrebbero servire a impiegare al meglio le risorse che saranno disponibili col Pnrr”.

La Calabria, così come altre regioni meridionali, è anche molto indietro sui temi della sostenibilità ambientale riferita all’edilizia scolastica. Qui la regione ha un vero e proprio record: secondo il report realizzato da Cdp, ben il 66% delle scuole non ha adottato alcun accorgimento per ridurre i consumi energetici e anche “la diffusa presenza di barriere architettoniche – incalza il sindacalista – è un elemento che penalizza fortemente il nostro sistema scolastico, la sua inclusività”.

Il Pnrr è un ottimo strumento per intervenire su queste criticità ataviche – conclude Denaro –.  Ma visto che i bandi dovranno essere presentati da Comuni ed enti locali occorre sensibilizzare questi soggetti a muoversi adeguatamente”. La conferma, in sostanza, che su una partita di questa portata è l’intero sistema paese a doversi muovere e che il pubblico – che durante la pandemia ha dimostrato tutta la sua importanza – deve svolgere, in questo, un ruolo determinante.