Nella notte tre il 14 e il 15 gennaio 1del 968 e in Sicilia la terra trema. Vittime e feriti si contano a centinaia. “Un clima da anno Mille”, nella definizione di Leonardo Sciascia, che a caldo scrive: “Dodici ore dopo la sciagura, a Santa Margherita Belice, non era arrivata né una tenda, né una pagnotta, né una coperta per quelli lì, a Santa Margherita, a Montevago, a Gibellina, a Salemi; quelli che vivono nelle case di gesso e ci muoiono; quelli cui restano soltanto gli occhi per piangere la diaspora dei figli, pulviscolo umano disperso nel vento dell’emigrazione; quelli che ancora faticano con l’aratro a chiodo e con muli; quelli che non hanno né scuole, né ospedali, né ospizi, né strade. La Sicilia è stanca, muore ogni giorno, anche senza l’aiuto delle calamità naturali”.

“La burocrazia uccide più del terremoto”, tristemente affermava Danilo Dolci, che attraverso la sua Radio dei Poveri Cristi (ideata e realizzata insieme a Franco Alasia e Pino Lombardo), non smetterà negli anni di denunciare a tutto il mondo la situazione drammatica in cui erano costretti a vivere gli abitanti del Belice.

Radio Sicilia Libera sarà la prima radio italiana a infrangere il monopolio radiofonico della Rai. Il principio ispiratore è quello di una informazione dal basso, come espressione alternativa, nei confronti di uno stato assente.

“Una voce da Partinico per illustrare i problemi dei terremotati - scriveva il Giornale di Sicilia il 26 marzo 1970 - Due collaboratori di Danilo Dolci, Franco Alasia e Pino Lombardo, si sono chiusi nei locali del “Centro studi ed iniziative”; hanno una radio di notevole potenza con la quale trasmettono notizie e documentari fonici sulle condizioni dei terremotati sui 98,5 mhz della modulazione di frequenza e sulla lunghezza d’onda di m 20.10 delle onde corte.

L’emittente può essere udita su tutto il territorio italiano e da molte località all’estero; a quanto hanno annunciato, la possono captare anche negli Stati Uniti. È questa la nuova forma di protesta escogitata per presentare all’opinione pubblica le condizioni delle genti delle valli del Belice, del Carboi e dello Jato dopo il tragico terremoto del 15 gennaio 1968 e dopo che sono passati inutilmente due anni senza l’avvio della promessa ricostruzione”.

Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale, attraverso la radio della nuova resistenza - scandirà la voce dei conduttori - Siciliani, italiani, uomini di tutto il mondo, ascoltate: si sta compiendo un delitto, di enorme gravità, assurdo: si lascia spegnere un’intera popolazione. La popolazione delle Valli del Belice, dello Jato e del Carboi, la popolazione della Sicilia occidentale non vuole morire. Siciliani italiani, uomini di tutto il mondo, avvisate immediatamente i vostri amici, i vostri vicini: ascoltate la voce del povero cristo che non vuole morire, ascoltate la voce della gente che soffre assurdamente. Siciliani italiani, uomini di tutto il mondo, non possiamo lasciar compiere questo delitto: le baracche non reggono, non si può vivere nelle baracche, non si vive di sole baracche. Lo Stato italiano ha sprecato miliardi in ricoveri affastellati fuori tempo, confusamente: ma a quest’ora tutta la zona poteva essere già ricostruita, con case vere, strade, scuole, ospedali. Le mani capaci ci sono, ci sono gli uomini con la volontà di lavorare, ci sono le menti aperte a trasformare i lager della zona terremotata in una nuova città, viva nella campagna con i servizi necessari, per garantire una nuova vita. Gli uomini di tutto il mondo protestino con noi: L’Italia, il settimo paese industriale del mondo, non è capace di garantire un tetto solido e una possibilità di vita ad una parte del proprio popolo. Uomini di governo: lasciate spegnere bambini, donne, vecchi, una popolazione intera. Non sentite la vergogna a non garantire subito case, lavoro, scuole, nuove strutture sociali ed economiche a una popolazione che soffre assurdamente? Se si vuole, in pochi mesi una nuova città può esistere, civile, viva. Chi lavora negli uffici: di burocrazia si può morire. I poveri cristi vanno a lavorare ogni giorno alle quattro del mattino. Occorrono dighe, rimboschimenti, case, scuole, industrie, strade, occorrono subito. Questa è la radio della nuova resistenza: abbiamo il diritto di parlare e di farci sentire, abbiamo il dovere di farci sentire, dobbiamo essere ascoltati. La voce di chi è più sofferente, la voce di chi è in pericolo, di chi sta per naufragare, deve essere intesa e raccolta attivamente, subito, da tutti.

“Sos, Sos… La popolazione del Belice è abbandonata, qui tra lo Jato e il Carboi viviamo nello sfascio, siamo dei poveri cristi” - testimonierà la trasmissione - “Sos, Sos…Aiutateci, questa è la radio dei poveri cristi, l’unico mezzo che abbiamo per farci sentire”, “Sos, Sos… Siamo i poveri cristi della Sicilia occidentale e questa è la radio della nuova resistenza. Qui si sta morendo”.

“A vegliare a Partinico stanotte è - scriverà Italo Calvino - la coscienza dell’Italia, una coscienza che è per così dire poca parte rappresentata dalla classe dirigente, e che è amaro privilegio dei poveri”. La radio, però, non dura molto. La trasmissione radiofonica va avanti solo per 26 ore, fino all’arrivo delle Forze dell’ordine che sequestrano le apparecchiature e denunciano i ‘responsabili’.

 

La radio chiude, ma la lotta continua.