Dieci punti fermi per far si che la transizione ecologica non viri dal verde al rosso, rivelandosi un bagno di sangue per i lavoratori. È l'obiettivo del documento unitario redatto da Filctem Cgil, Femca e Flaei Cisl, Uiltec Uil e Confindustria energia per fissare le linee guide della decarbonizzazione nel nostro Paese. Insieme ai sindacati, tra i primi a mettere in guardia dai rischi di questo delicato passaggio era stato proprio il ministro Roberto Cingolani che, nel luglio scorso, aveva posto l'accento sul crescente costo dell'energia e sui rischi di perdita di competizione e posti di lavoro.

Alla presentazione del manifesto "Lavoro ed Energia per una transizione sostenibile" ha tenuto a presenziare il presidente del Consiglio, Mario Draghi. Il premier ha apprezzato la cooperazione tra istituzioni, imprese e sindacati e ha sottolineato come la transizione ecologica richiederà trasformazioni radicali nelle tecnologie, nelle abitudini di consumo e per aver successo dovrà essere sostenibile anche dal punto di vista sociale ed economico. "Lo Stato – ha prospettato – avrà un ruolo centrale nella gestione di questi cambiamenti, facendo in modo che i rischi si trasformino in crescita".

 

La giornata però non è iniziata nel migliore dei modi a causa della notizia della chiusura degli impianti della Glencore che a Portovesme, in provincia di Carbonia-Iglesias, ha posto in cassa integrazione 400 dipendenti per effetto diretto dell'aumento smisurato del costo dell'energia. A raccontarlo alla platea ci ha pensato Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil che non ha risparmiato critiche sulla gestione della transizione fino a questo momento. "Il giudizio sul Pnrr non può essere positivo – ha detto – perché non affronta il come attraverseremo la transizione energetica e non fornisce alcuna risposta ai lavoratori. Dobbiamo raggiungere gli obiettivi – ha sottolineato – senza ridurre il nostro tessuto industriale a un prato verde". Falcinelli si è soffermato sulle peculiarità di un sistema economico in cui la stragrande maggioranza dei lavoratori sono impiegati in piccole e medie imprese. Una fetta del nostro Paese che non può essere sacrificata sull'altare della transizione ecologica. Il sindacato ha chiesto provvedimenti e risorse certe per colmare, attraverso la ricerca, il gap tecnologico. "L'obiettivo è rendere il nostro Paese in grado di produrre autonomamente gli impianti di energie rinnovabili sfruttando know how e forza lavoro. Nell'ultimo decennio – ha ricordato – ammontano a oltre 250 miliardi di euro i soldi italiani finiti nelle tasche dei grandi gruppi stranieri".

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Mancanze sottolineate anche dal ministro della transizione energetica Roberto Cingolani. "È sbagliato comprare all'estero pale eoliche, pannelli fotovoltaici ed elettrolizzatori. Oggi abbiamo bisogno di batterie per stoccare l'energia rinnovabile prodotta ed è su questo che si misurerà la competitività futura dell'Italia, per mettere fine a oltre 20 anni di scelte sbagliate in campo energetico". Il capo del dicastero si è detto però ottimista per gli effetti positivi del cambio di passo di imprese e sindacati: "L'Italia è il primo degli stati dell'Unione a stilare un documento che vede la piena cooperazione di tutte le parti sociali. Una conferma dell'impegno profuso nelle scorse settimane durante il G20 di Roma e la Cop26 di Glasgow". Primo passo verso un futuro in cui dovranno pesare le idee e non le ideologie.

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