“Sono dati che ci allarmano, ma che non ci sorprendono: corrispondono, purtroppo, a un’idea empirica che ci eravamo fatti in questo anno e mezzo di pandemia”. Così Giuseppe Massafra, segretario confederale della Cgil con delega alle politiche giovanili, commenta i dati dell’ultima rilevazione dell’Osservatorio Futura della Cgil, secondo cui i giovani risultano tra le categorie più colpite all’emergenza sanitaria. Una situazione che ha generato ansia per il 55% degli intervistati tra i 18 e 24 anni e che nel 47% dei casi ha aumentato sensibilmente il rischio di cadere in depressione. “Una generazione – sottolinea il sindacalista – che non è che prima stesse proprio bene: lavoro precario, tassi di abbandono scolastico tra i più alti in Europa. Anche per questo stanno pagando più di altri”.

Insomma, questioni che vengono da lontano e che sono state amplificate da questa drammatica contingenza…

Esattamente. Ci troviamo in una condizione strutturale che è frutto di precise scelte politiche, con un disinvestimento sistematico da parte del  decisore pubblico sulle condizioni di vita e di lavoro di un’intera generazione. Un percorso che viene da lontano e che è ormai storicamente incrostato.

Ora però si apre una fase espansiva, con il Pnrr e un “titolo” che mette i giovani al centro: Next Generation Eu.

Sì e siamo di fronte a un bivio. La strada che si decide di prendere sarà fondamentale per capire se si vogliono costruire delle risposte nuove. Se non si vuole rimanere a un semplice titolo, vanno fatte scelte importanti nella realizzazione del Piano.

Per esempio?

Ripresa e ricostruzione non possono basarsi sui criteri valutativi che hanno guidato il vecchio modello di sviluppo, cioè su indicatori esclusivamente economici tipo il Pil. Il nuovo indicatore non può essere questo, ma il benessere, che si misura su due indicatori principali: occupazione di qualità (stabile e sicura) e livelli di istruzione e di formazione che devono essere garantiti lungo tutto l’arco della vita e che sono, appunto, il primo presupposto per un'occupazione di qualità. Senza Investimenti su questi aspetti noi da questa difficoltà strutturale in cui versano le nuove generazioni non usciremo mai. Pandemia o meno.

Nello specifico su cosa occorre procedere?

Bisogna partire dal contrasto alla povertà educativa, a cominciare dagli investimenti nei processi di istruzione sin dai primi anni di vita, cioè dal segmento 0-6. Solo così si può dare una risposta chiara al problema della dispersione scolastica, sulla quale noi spesso interveniamo troppo tardi, quando il danno è già fatto. Mi spiego: se vogliamo affrontare il tema dei 2 milioni di neet (i giovani che non studiano e non lavorano, ndr)  servono investimenti sistematici sin dai primi anni di vita, soprattutto per chi proviene da situazioni di privazione materiale.

Prima citavi anche la formazione permanente...

Sì, bisogna investire sulle competenze, in tutte le età della vita delle persone che è poi un’altra condizione importante per un lavoro di qualità. Il sindacato su questo ha combattuto battaglie importanti in Europa, conseguendo dei buoni risultati, per esempio ottenendo che il Fondo sociale europeo investisse in maniera adeguata su questi capitoli.

Anche Garanzia Giovani era nata con obiettivi ambiziosi, non sempre raggiunti. Dal sondaggio dell’Osservatorio Futura risulta che i giovani temono di avere sempre più difficoltà nel trovare un lavoro e nel percepire uno stipendio adeguato. Insomma, altro che garanzia...

Anche questo purtroppo non sorprende: è per questo che bisogna creare con opportuni investimenti le condizioni per un lavoro di qualità. Quanto a Garanzia Giovani, il sindacato italiano ha ottenuto un risultato importante in Europa: il nuovo programma invece che sui tirocini – dietro il quale spesso si nasconde un vero e proprio sfruttamento lavorativo – è stato indirizzato sull’apprendistato, specialmente quello formativo, che è un vero e proprio contratto e dunque offre tutele e garanzie adeguate.

Le persone intervistate chiedono alla politica di fare un passo avanti. Cos’altro c’è da fare in aggiunta a quello che hai illustrato?

Se partiamo dal presupposto che il Pnrr offre un’occasione “espansiva” importante, oltre ai contenuti c’è una questione importante di governance da affrontare. È stato deciso che  il ministero dell’Economia sia il luogo in cui si esercita la regia del Piano e che deve però ogni volta, a seconda dei temi, interfacciarsi con i ministeri specifici. Per noi, dunque, il coinvolgimento nelle decisioni del ministero delle Politiche giovanili – insieme ovviamente a quello dell’Istruzione e del Lavoro – è essenziale. Ci vuole insomma un meccanismo partecipativo reale che, ovviamente, inneschi un vero e proprio dialogo sociale in cui anche i sindacati abbiano un ruolo da protagonisti.