All’inizio del mese di ottobre il dl Semplificazioni è diventato legge. Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, il testo che nelle intenzioni del governo dovrebbe far partire (o ripartire) centinaia di cantieri, grandi o piccoli, lungo tutta l’Italia è pronto a levare gli ormeggi. Sull’Italia tra l’altro stanno per piovere i miliardi del Recovery Fund, che vanno però gestiti e indirizzati affinché si traducano in infrastrutture utili al rilancio del Paese. Anche di questo si è discusso nel convegno organizzato dalla Fillea Cgil dal titolo “Lavoro e sviluppo. Le proposte del sindacato per una politica industriale delle infrastrutture”, che si è svolto nella sala Di Vittorio della Cgil nazionale il 5 ottobre.

L’obiettivo del dibattito, a cui hanno partecipato pure l'attuale ministro ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, quello della Filt Stefano Malorgio e Vito Miceli, vicepresidente Anceferr (Associazione nazionale costruttori edili ferroviari riuniti) è stato proprio avanzare il contributo del sindacato degli edili all’elaborazione di un nuovo modello sostenibile per il Paese.

Per il segretario generale, Alessandro Genovesi, in piena pandemia e nel bel mezzo della crisi che ha generato, appare infatti fondamentale “una nuova politica industriale per le infrastrutture che sia fortemente coerente con le indicazioni che giungono dall’Unione europea”. Il momento è quello giusto, perché la disponibilità di finanza pubblica attuale è “irripetibile per quantità”, quindi l’Italia si trova di fronte a “un’occasione storica”. La proposta avanzata dalla Fillea, in realtà, appare molto lineare. Le risorse disponibili devono servire per “investimenti strategici e selettivi”, non per la spesa corrente, e gli obiettivi devono essere “chiari, misurabili e coerenti”, sia sul fronte sociale che su quello ambientale. Per far questo servono risorse comunitarie, nazionali e locali, oltre che una governance unica o “come minimo unitaria”. Per questo, ha detto ancora Genovesi , bisogna “accelerare la modernizzazione delle infrastrutture e ‘rammendare’ le sue principali reti urbane ed extra urbane”, con l’obiettivo di “ridurre le disuguaglianze, ricercare la piena occupazione, centrare i target ecologici internazionali”.

Una direzione confermata dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini, consapevole che la pioggia di fondi che sta per arrivare può progressivamente diventare un terreno di scontro tra chi teorizza di “tornare a come eravamo prima” e chi, come la Cgil ritiene fondamentale impostare nuove strategie industriali e sociali, partendo dai bisogni, di aree interne, periferie metropolitane, vecchi distretti industriali in crisi di identità”. I fondi che stanno per arrivare, ha detto Landini, “avranno un impatto sulle infrastrutture, devono fare parte di un progetto, non vanno dispersi in 1000 diversi investimenti”. “Bisogna ridurre le stazioni appaltanti – ha continuato -, applicare le norme legislative per il rispetto dei contratti, e soprattutto bisogna evitare la logica del massimo ribasso. Su questo chiediamo che il governo convochi un tavolo anche con le parti sociali, perché bisogna gestire questi fondi anche attraverso la partecipazione dei lavoratori”.

Il sindacato, su questo fronte, trova una sponda da parte di Anceferr, l’associazione che riunisce le aziende che operano prevalentemente nel settore ferroviario. Il vice presidente Vito Miceli ha chiesto infatti a Fillea e Cgil “di stare vicini alle imprese”, visto che “il mondo delle aziende da solo non riesce quasi mai a intraprendere una strada che vada verso la qualità”. I soldi che arriveranno, ha concluso, “dovranno essere la chiave di volta per un cambio di passo nella manutenzione delle infrastrutture. Basta che non si perdano in mille direzioni, come accade di solito nel nostro Paese”.

Fonti vicine a Palazzo Chigi hanno infatti lasciato trapelare le intenzioni del governo sulla distribuzione dei fondi europei. Si è parlato di un 37% destinato ai progetti green, del 20% destinato alla digitalizzazione, del 10% destinato alle infrastrutture, del 5% destinato alla rigenerazione e alla riqualificazione. Ufficialmente, però, di cifre il governo non ha ancora mai parlato. E non lo ha fatto nemmeno in questa occasione. “Le discuteremo più avanti in consiglio dei ministri - ha detto la titolare delle Infrastrutture Paola De Micheli -. I ministri competenti hanno avanzato delle proposte e anche noi abbiamo fatto le nostre, per i ponti, per le gallerie e per le strade provinciali di cui siamo competenti”.