“Assisi, 24 settembre 1961: settecento anni sono passati da quando il più umile e il più grande figlio dell’Umbria, Francesco, lanciava da questi colli, all’Italia e al mondo, il suo messaggio di umana fratellanza, di amore per la vita e le sue creature”.  È l’inizio della cronaca della prima Marcia per la pace. Con il commento di un cronista d’eccezione: Gianni Rodari. Sfileranno quel 24 settembre di cinquantanove anni fa circa 20.000 persone tra le quali  Norberto Bobbio, Renato Guttuso, Italo Calvino,  Fausto Amodei.

“Ho partecipato anch’io a marce per la pace negli anni della guerra fredda - dirà Norberto Bobbio - Se le gambe mi reggessero lo farei ancora. Lo farei ancora perché? Ma perché so che se tutti i cittadini del mondo partecipassero ad una marcia per la pace, la guerra sarebbe destinata a scomparire dalla faccia della terra”.

“Aver mostrato che il pacifismo, che la non violenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nelle solidarietà che suscita e nelle non collaborazioni, nelle proteste, nelle denunce aperte, è un grande risultato della Marcia”, dirà dell’esperienza il suo ideatore Aldo Capitini (nell’occasione sarà per la prima volta utilizzata la Bandiera della pace, simbolo dell’opposizione nonviolenta a tutte le guerre). “Le parole non potranno mai esaltare la bellezza, il vigore di questa marcia”, aggiungerà Renato Guttuso, mentre Gianni Rodari descrive quella storica giornata così :

Nel secolo dei satelliti artificiali e della bomba all’idrogeno, una folla diversa si raccoglie all’ombra dell’antica rocca per ascoltare un nuovo messaggio di pace; è la stessa folla che oggi, domenica, riempie gli stadi o si sgrana lenta all’ora del passeggio cittadino. (...) Si conclude ad Assisi, poco prima del tramonto, la Marcia della Fratellanza e della Pace: venti, trentamila persone sono partite stamattina da Perugia; hanno percorso a piedi i lunghi e faticosi chilometri che separano il capoluogo dell’Umbria verde dalla città di san Francesco, solo per dire all’Italia e al mondo, in questa penultima ora del giorno: «Vogliamo vivere, vogliamo che il mondo viva, vogliamo che da un continente all’altro le mani si stringano». (...) C’è gente d’ogni condizione sociale; il deputato cammina fianco a fianco al mezzadro, lo scrittore famoso accanto al professionista, al contadino umbro, allo studente romano. Delegazioni sono giunte da Cosenza, da Messina, da Palermo, da Trento, da Pescara, da Torino, da Genova, da Milano, da Taranto. Professori universitari, artisti, dirigenti sindacali si mescolano alle famiglie venute al completo, con la borsa per la merenda, alle ragazze in costume, agli sportivi. Vedremo apparire un grande ritratto di Lumumba, l’eroe dell’indipendenza congolese, tra quello di Dag Hammarskjold e quello di Gandhi, l’apostolo della nonviolenza. Dietro gli stessi cartelli, con lo stesso passo sostenuto e pieno d’ottimismo, camminano i rappresentanti di un gruppo teosofico e quelli degli esperantisti, gli obiettori di coscienza e gli invalidi di guerra, operai di fabbrica e mutilati. Le bandiere hanno il colore dell’arcobaleno, ma il richiamo alla natura ha un suo significato speciale: l’arcobaleno, questa volta, lo vogliamo prima della tempesta, non dopo. La pace deve precedere, impedire la guerra, per non essere soltanto un doloroso bilancio di rovine. (...) Il cielo umbro risponde con un azzurro sorriso. Due giovani e già famosi scrittori, Italo Calvino e Giovanni Arpino, aprono il corteo reggendo lo striscione che reca la scritta: Marcia della Pace e della Fratellanza. Il corteo si snoda di colle in colle come un discorso nel quale confluiscano argomenti diversi; lo vedete dai cartelli che fioriscono tutti dalla stessa profonda aspirazione alla pace, ma alla figura della pace recano ciascuno un tocco particolare.Così sarà, del resto, se vorremo la pace: essa potrà essere soltanto la somma e la moltiplicazione di volontà diverse, e non già il frutto uniforme dell’imposizione di una sola volontà sulle altre. Dopo cinque ore il corteo giunge ai piedi di Assisi; rimangono da affrontare gli ultimi chilometri fino alla Rocca, la salita stretta e ripidissima fra le antiche case. Il passo è sempre fermo e sicuro, ma più lento; quando la testa del corteo raggiungerà la cima della collina e l’ombra degli ulivi, la sua coda serpeggerà ancora lontano, in basso, nella dolce valle del Subasio. Ma dove giungerebbe, fin dove, il corteo dei 26 milioni di europei morti nella Seconda Guerra Mondiale, quello dei 6 milioni di ebrei trucidati nei campi di sterminio? La colonna ha raccolto per via sempre nuovi gruppi e a un certo punto la strada non basta più: la marcia rompe gli argini, invade sentieri e scorciatoie; la colonna pacificamente conquista la sua trincea più alta, sopra i tetti di Assisi. Una mozione conclusiva riassume gli obiettivi della marcia: cessazione degli esperimenti nucleari di ogni genere, disarmo universale, aiuto reciproco tra i popoli, alleanza di tutti gli uomini che vogliono la pace”.

Il Movimento nonviolento fondato all’indomani della prima Marcia (una mozione conclusiva riassume così i suoi obiettivi: cessazione degli esperimenti nucleari di ogni genere, disarmo universale, aiuto reciproco tra i popoli, alleanza di tutti gli uomini che vogliono la pace) rifiuterà di rendere annuale la sua periodicità per evitare - si disse - di trasformarla in uno stanco rituale. La seconda Marcia (1978, Mille idee contro la guerra) sarà organizzata in occasione del decimo anniversario della morte di Capitini, mentre la terza (1981, Contro la guerra: a ognuno di fare qualcosa) avverrà per commemorare il ventesimo anniversario della prima.  Seguiranno fino al 2018 altre 20 marce (23 in totale), di cui due straordinarie: una, il 16 maggio 1999, contro guerra in Kossovo ed una il 12 maggio 2002 per la pace in Medio Oriente. Nonostante l’emergenza Covid, la Marcia della pace Perugia - Assisi 2020 del prossimo 11 ottobre si farà. Sarà una lunga catena di costruttori di pace con le persone distanziate almeno due metri ma unite da un filo che ciascuno porterà e annoderà a quello degli altri.

 

Perché - e mai come questo anno ce lo ha dimostrato - ci si salva e si va avanti solo tutti insieme.