Il 25 aprile 1945, il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia proclama l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti. Sarà Sandro Pertini, allora partigiano e membro del Comitato, a chiamare alla lotta il popolo italiano dalle frequenze di Radio Milano Libera. “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca - dirà - contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. Le fabbriche vengono occupate e la tipografia del Corriere della Sera è usata per stampare i primi fogli che annunciano la vittoria.

La sera del 25 aprile Benito Mussolini abbandona Milano. Per l’Italia inizia la ricostruzione democratica che la condurrà, il 2 giugno dell’anno successivo, alla Repubblica. Il 25 aprile 1945 inizia la ritirata da parte dei soldati della Germania nazista e di quelli fascisti della repubblica di Salò dalle città di Torino e di Milano, ma la resa di Caserta - l’atto formale e conclusivo che sancisce la fine della campagna d’Italia e la definitiva sconfitta delle forze nazifasciste nella penisola durante la seconda guerra mondiale - sarà firmata solo il 29 aprile (alla presenza di ufficiali delegati del Regno Unito, degli Stati Uniti d’America, tedeschi e di un osservatore sovietico) divenendo operativa a partire dal 2 maggio (nel documento le forze armate tedesche erano associate a quelle della Repubblica sociale italiana non riconosciuta dalle forze alleate e pertanto non in grado di stipulare accordi diretti con queste ultime. Per tale ragione il rappresentante tedesco era dotato di una delega scritta rilasciata dal ministro della difesa della Rsi, Rodolfo Graziani).

La decisione di scegliere il 25 aprile come festa della liberazione sarà presa “fino  a  quando  non venga diversamente stabilito” il 22 aprile del 1946, quando il governo italiano provvisorio stabilì - con un decreto - che il 25 aprile dovesse essere festa nazionale (la data sarà fissata in modo definitivo con la legge n. 269 del maggio 1949). Il Decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1946 n. 185 così recitava: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato Festa Nazionale”.

La disposizione festiva verrà ratificata dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola con il Decreto legislativo del 12 aprile 1947, n. 208 che nell’art. 1 prevedeva:  “A celebrazione del secondo anniversario della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1947 è dichiarato Festa Nazionale”. Anche il Decreto Legge n. 322 del 20 aprile 1948 ribadiva che “A celebrazione del terzo anniversario della totale liberazione del territorio italiano il 25 aprile 1948 è dichiarato Festa Nazionale”. Ma nella seduta del Senato della Repubblica del 17 settembre 1948, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi in concerto con i ministri del Tesoro e del Lavoro e della previdenza sociale, viene presentato in Senato il disegno di legge n. 75  relativo al ‘nuovo elenco delle ricorrenze festive’.

Il 25 aprile è inserito tra le solennità civili e non più, così com’era successo per gli anni precedenti, tra le festività nazionali. Da questo momento solo il 2 giugno avrà - per legge - l’appellativo di festa nazionale. Ricordava in proposito Rita Gravina su Patria indipendente, periodico dell’Anpi: “L’inserimento del 25 aprile tra le solennità civili e non più, così com’era successo per gli anni precedenti, tra le festività nazionali diventa il punto dolente sia nel dibattito parlamentare che nelle reazioni degli ex partigiani che vedono in questo il tentativo di diminuire il valore della Resistenza. Ma da questo momento solo il 2 giugno avrà l’appellativo di festa nazionale. Nella riunione del 22 settembre 1948 della I Commissione (Affari della Presidenza del Consiglio e dell’Interno) del Senato della Repubblica, l’onorevole Piero Montagnani, senatore per il Pci nella circoscrizione di Milano, afferma di "…concordare con il progetto del governo circa il mantenimento della distinzione tra feste nazionali, giorni festivi a tutti gli effetti civili e solennità civili. Ritiene tuttavia che sarebbe opportuno includere il 25 aprile (anniversario della liberazione) non già tra le solennità civili, bensì tra le feste nazionali, essendo, quella del 25 aprile 1945, una data che ha condizionato e creato i presupposti di tutto il successivo evolversi della vita democratica italiana".

E sempre Piero Montagnani nella riunione del 30 settembre della stessa commissione ritorna sul problema ed osserva che "…l’art. 1 del disegno di legge prevede due feste nazionali e, precisamente, il 4 novembre, anniversario della vittoria della guerra 1915-1918 e il 2 giugno, festa della Repubblica. In linea di principio gli sembrerebbe più opportuno, così come avviene in altri Paesi, che la festa nazionale fosse una sola, e che per l’Italia si celebrasse il 2 giugno In linea subordinata e qualora si volesse accedere al principio della pluralità delle feste nazionali, riterrebbe indispensabile includervi anche il 25 aprile, anniversario della liberazione, poiché questo giorno rappresenta il punto di arrivo della ultraventennale lotta del popolo italiano contro la dittatura fascista ed al tempo stesso il punto di partenza di tutta la successiva storia d’Italia, che ha reso possibile l’evento del 2 giugno. D’altra parte l’inserire il 25 aprile nella categoria dei giorni festivi a tutti gli effetti civili, potrebbe assumere l’aspetto di una diminuzione dell’importanza di tale ricorrenza, in quanto per gli anni 1946 e 1947 fu dichiarata festa nazionale”.

“L’unica festa nazionale - concludeva la Gravina - è quella del 2 giugno mentre il 25 aprile viene inserito tra i giorni festivi con obbligo (art. 4) da parte delle autorità competenti dell’imbandieramento degli edifici pubblici. È un segnale preciso degli equilibri che all’indomani delle elezioni politiche del 1948 si sono strutturati tra le forze politiche. La sinistra, messa ormai all’opposizione, si deve accontentare, anche sul piano della commemorazione, dello spazio angusto di una festività civile”. Una festività che negli anni ha subito ripetuti, ingiustificati, spesso offensivi attacchi. Una festività - nazionale o meno che sia per legge - che noi continuiamo e continueremo ad onorare perché - e mai come oggi sembra evidente - nella nostra storia permangono ombre mai messe in chiaro. È importante esserne consapevoli perché è accaduto, sta accadendo, può accadere ancora.